Dal governo

Nuovi Lea, Fish: «Leggi e trattati traditi. Alle disabilità serve ben altro»

di Vincenzo Falabella, Mario Alberto Battaglia e Pietro Vittorio Barbieri (Federazione italiana superamento handicap)

La relazione tra i Livelli essenziali di assistenza e le persone con disabilità non può prescindere dal dettato normativo che il Parlamento ha approvato. In particolare la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), ratificata con L. 18/2009, ma anche la legge 18 agosto 2015, n. 134 “Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie” nonché la recentissima legge 22 giugno 2016, n. 112 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, nota alla cronaca come “dopo di noi”. Occorre considerare che i trattati sui diritti umani hanno effetto persino senza ratifica parlamentare, tanto che esistono già sentenze passate in giudicato, applicate alle prestazioni sanitarie relative alle persone con disabilità.

Dell’impatto delle norme in questione non si trova traccia significativa nei Lea pubblicati da “Sanità24”. Questa considerazione attiene a vari livelli: il diritto alla salute (art. 25, CRPD) e la riabilitazione e l’abilitazione (art. 26, CRPD) in particolare descrivono un sistema non assistenzialistico né compensativo della menomazione, ma una proiezione verso processi e sostegni (servizi) finalizzati all’inclusione sociale e alla partecipazione attiva alla vita di comunità. L’intero impianto che riguarda le prestazioni riabilitative, la parte di integrazione socio-sanitaria e gli ausili e protesi, risentono di una impostazione impropria persino se si seguono le direttive dell’Oms. Eppure il nostro Paese ha prodotto buone pratiche riconducibili ai diritti fondamentali come il budget di salute o centri per gli ausili o, ancora le agenzie la vita indipendente. Servizi decisamente avanzati anche nel panorama internazionale.

L’innovazione prodotta sembra non aver generato alcun esito nell’estensione dei Livelli essenziali. In taluni casi si può anche affermare che l’attuale stesura ne potrebbe limitare la possibilità di sviluppo nel Paese.

A ciò aggiungiamo la constatazione che nemmeno le recenti leggi sull’autismo e sul “dopo di noi” vengono recepite. Nel primo caso si tratta di sviluppare servizi in grado di garantire un’adeguata presa in carico di persone ad alto bisogno assistenziale con necessità di un’elevata qualificazione tecnico-professionale. Nel secondo caso, invece, di riconoscere che una legge dello Stato sostiene con chiarezza che bisogna procedere a forme di de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità residenti in strutture socio-sanitarie che spesso sono nel mirino dei Nas e definite anche dalla stampa dei veri e propri lager.

Troviamo quindi un quadro deludente e vetusto rispetto all’esigenza di rispondere adeguatamente alle innovazioni volute a livello internazionale e ratificate dal nostro Parlamento, nonché alle altre norme di recentissima approvazione. La valutazione conseguente non può che spingere il movimento delle persone con disabilità a chiedere alle Istituzioni nazionali e regionali, lo sforzo di modificare significativamente i capitoli relativi alla riabilitazione, all’integrazione socio-sanitaria, agli ausili e le protesi nonché alle aree di intervento specifico “a particolari categorie”.

Proprio questa fase apparentemente conclusiva di un percorso iniziato almeno 8 anni fa, trasmette l’idea che sia probabile trovarsi di fronte a un’ennesima trattativa complicata dagli esiti imperscrutabili. Conseguentemente non si può escludere la possibilità che si possa operare per stralci. D’altro canto la parte socio-sanitaria e la parte degli ausili finora non erano incluse nei Lea ma erano il risultato di altri provvedimenti e accordi fra Stato e Regioni. Stessa riflessione valga per l’autismo: grazie alla recente normativa gli interventi diagnostici, di cura e di abilitazione possono essere meglio regolati e attuati al di fuori del monolitico impianto dei Lea. Ma soprattutto questa operazione di “stralcio” riaprirebbe l’opportunità di riflettere su tutti questi aspetti in modo meno vetusto e più aderente a principi di inclusione e partecipazione attiva.

Vincenzo Falabella, Mario Alberto Battaglia e Pietro Vittorio Barbieri

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