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Aids, sfida ancora da vincere: diagnosi tardive e stabili dal 2007 a oggi. Allarme stranieri e guardia bassa sul preservativo

di Barbara Gobbi

Diagnosi tardive e sostanzialmente costanti per numerosità, dal 2007 a oggi. Sono questi i due dati-spia che indicano come, per l’Italia come per molti altri Paesi nel mondo, sul tema Hiv/Aids la battaglia sia ancora in gran parte da combattere.
A fare il quadro è l’ultima relazione al Parlamento (dati 2014), trasmessa da Lungotevere Ripa su dati del ministero stesso e dell’Istituto superiore di Sanità. A chiare lettere, nel documento si riporta come «In assenza di chiari segni di declino nel numero delle diagnosi, l’HIV continua ad essere un grave problema di salute pubblica non solo in Italia, ma anche in Europa». E ancora: «In Italia, i dati di sorveglianza epidemiologica delle infezioni HIV/AIDS rilevano un andamento stabile delle nuove infezioni, ricalcando il quadro europeo: sono più esposti gli uomini che fanno sesso con uomini (MSM)».

Situazione dunque ben lontana, malgrado i traguardi innegabili raggiunti in questi oltre 30 anni dalla scoperta della malattia, dai target fissati a livello comunitario per il 2020. E cioè far sì che:
- in tutte le popolazioni chiave e in tutti i paesi in Europa, almeno il 90% delle persone che vivono con l’Hiv conosca il proprio stato di sieropositività;
- che il 90% delle persone con diagnosi di HIV possa ricevere terapia antiretrovirale, e
- che il 90% delle persone che ricevono terapia antiretrovirale raggiunga un abbattimento
duraturo della carica virale plasmatica, secondo le linee guida dell’Oms.

Gli obiettivi da raggiungere entro il 2020, prevedono anche che «al 90% delle persone appartenenti alle popolazioni-chiave sia garantito l’accesso alla prevenzione, alla diagnosi, al trattamento e alla cura dell’Hiv e delle co-infezioni, anche tramite sistemi sanitari nazionali efficaci e strategie per contenere la spesa farmaceutica, quali la negoziazione di prezzi accessibili, uso di farmaci generici, concessioni di licenze, dispositivi medici e piccoli mercati. Altrettanto importante sarà affrontare i bisogni degli adolescenti di queste popolazioni, secondo le recenti linee guida del luglio 2014 dell’Oms sulla prevenzione, diagnosi, cura e trattamento delle popolazioni chiave».

I dati. Tra le nazioni dell’Unione Europea, l’Italia si colloca al 12° posto in termini di incidenza Hiv. Nel 2014, le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia e l’Emilia-Romagna. Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2014 sono maschi nel 79,6% dei casi, hanno un’età mediana di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
Nel 2014, sono state segnalate 3.695 nuove diagnosi di infezione da HIV (questo numero potrebbe aumentare a causa del ritardo di notifica) pari a un’incidenza di 6,1 nuovi casi di HIV positività ogni 100.000 residenti.
Nel 2014, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali senza preservativo, che costituiscono l’84,1% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 43,2%; MSM, cioè maschi che fanno sesso con maschi, 40,9%). E sempre nel 2014, il 27,1% delle persone diagnosticate come HIV positive è di nazionalità straniera. L’incidenza è stata di 4,7 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 19,2 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Lazio, Campania, Sicilia e Molise. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi è costituita da eterosessuali femmine (36,0%), mentre tra gli italiani da MSM, maschi che fanno sesso con maschi, (49,0%).
Nel 2014, poco meno di un quarto delle persone diagnosticate con Aids ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di malattia. Il fattore principale che determina la probabilità di avere effettuato una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids è la consapevolezza della propria sieropositività: tra il 2006 e il 2014 è molto aumentata la proporzione delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività, passando dal 20,5% al 71,5%.

Il ruolo della comunicazione. «Uno dei punti chiave per controllare ed eliminare questa malattia - spiega la ministra Lorenzin nella Relazione - è la comunicazione, istituzionale e non solo, diffusa in molteplici contesti per rafforzare la percezione del rischio dell’infezione da Hiv, sensibilizzare sulla modalità di trasmissione e sulle misure di prevenzione. Questo perché la cura dell’Aids e delle infezioni da Hiv non si limita ai soli aspetti diagnostici, clinici e terapeutici, ma richiede altrettanta attenzione per l’implementazione di misure preventive. Tra le prime è fondamentale la diagnosi precoce, che si può ottenere solo attraverso una maggiore e soprattutto mirata offerta attiva del test, favorendone l’accessibilità, così come va favorito l’accesso a una terapia precoce e appropriata. Tutto ciò per assicurare un’adeguata assistenza socio-sanitaria e per garantire la difesa dei diritti dei soggetti Hiv positivi e dei pazienti con Aids contro ogni discriminazione o disuguaglianza»

Il ruolo delle linee guida. Dal 2010 il ministero della Salute rende pubbliche sul suo sito le “Linee Guida Italiane sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1 (LG)”. Questo documento fornisce elementi di guida sia per la prescrizione della “terapia antiretrovirale di combinazione” (cART) sia per la gestione complessiva dei pazienti HIV-positivi. «La cART - spiegano dall’Iss - è oggi riconosciuta di indubbio beneficio per la persona con HIV per bloccare la replicazione virale, prevenire le complicanze ed evitare la forma conclamata della patologia AIDS (Sindrome da immunodeficienza acquisita), garantendo così una prospettiva di vita a lungo termine del paziente.
La cART, quando praticata in tempo, ha un ruolo determinante. «A tal proposito - si legge ancora nella Relazione 2014 - oggi è possibile affermare che circa il 90% dei pazienti in trattamento ha raggiunto una carica virale plasmatica non rilevabile, parametro indicatore sia dello stato di salute del paziente (assieme ai livelli di linfociti T CD4+), che attualmente ha una spettanza di vita molto simile a quella di una persona sieronegativa di pari età, sia del potenziale trasmissivo dell’infezione stessa. Al raggiungimento di tale ragguardevole risultato, ha certamente concorso il progetto delle linee guida del ministero della Salute, fornendo uno strumento valido - al fine di garantire standard di prescrizione e cura qualitativamente elevati, appropriati e il più possibile omogenei sul territorio nazionale – che, accompagnato a un percorso di ottimizzazione delle risorse, in alcune regioni ha portato ad una riduzione della spesa farmaceutica pro capite».


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