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Esiti 2015: migliora l’efficienza, le disparità regionali restano. Toscana sempre in vetta. Campania maglia nera per i cesarei ma il Sud è in progress su infarti e fratture
di Lucilla Vazza
- pdf Pne 2015: la sintesi dei risultati
- pdf Taglio cesareo: proporzione su parti senza precedente cesareo (Italia 25,7%).
- pdf Colecistectomia laparoscopica: proporzione di ricoveri con degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni
- pdf Frattura del collo del femore: proporzione di interventi chirurgici entro 2 giorni
Gli ospedali italiani sono più efficienti, calano quasi ovunque i ricoveri impropri, migliora la risposta in caso di infarto, e si registra una decisa inversione di tendenza nazionale sui cesarei, ma non nelle regioni come Campania, Puglia e Sardegna dove su questo aspetto i dati restano fuori controllo. Ed è ancora una volta la Toscana la prima della classe con le migliori performance sia a livello di qualità che di efficacia delle cure ospedaliere.
Questa è la fotografia della sanità italiana contenuta nel Programma Esiti 2015, presentata oggi al ministero della Salute. La nuova edizione presenta l'aggiornamento al 2014 per 63 indicatori di esito/processo, 57 volumi di attività e 26 indicatori di ospedalizzazione.
Gli ospedali italiani nel 2014 hanno raggiunto buoni standard di efficienza ma restano ancora forti disparità, non solo tra Nord e Sud, ma anche tra le varie strutture regionali. Come ogni anno, l'indagine fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure prodotte nell’ambito del servizio sanitario. Ma anche se ci sono miglioramenti resta molta strada da fare per un pieno adeguamento delle nostre strutture sanitarie ai valori di «eccellenza» stabiliti dell'Organizzazione mondiale della sanità. Vari i settori dove si registra un miglioramento apprezzabile delle prestazioni offerte: passano da 70 nel 2010-2011 a 161 nel 2014 le strutture che impiegano solamente due giorni per operare le fratture del collo del femore negli over-65. Per quanto riguarda la proporzione di infarti trattati con angioplastica coronarica entro due giorni, si passa dal 32% del 2010 al 41% del 2014, mentre per la colecistectomia laparoscopica la proporzione di interventi con degenza post operatoria inferiore ai tre giorni è salita dal 58,8% del 2010 al 66,5% del 2014. Cresce anche il volume dei ricoveri per la chirurgia del tumore al colon, mentre diminuisce lievemente la mortalità. «Sono diminuiti di un milione in dieci anni i ricoveri negli ospedali italiani, passando dal 7,7 milioni nel 2005 a 6,5 milioni nel 2014». Ha spiegato da Marina Davoli, direttore scientifico Pne- Dip. Epidemiologia Regione Lazio.
I risultati del Programma nazionale Esiti sono pubblicati sul sito web dedicato.
Lorenzin: «Ancora troppo forte il divario tra regioni»
«Andiamo verso un trend positivo di miglioramento relativamente ai fattori di rischio, ma nonostante questo è ancora troppo il divario fra regioni diverse, su cui dobbiamo focalizzare tutto il nostro lavoro - ha commentato la ministra della Salute Beatrice Lorenzin -. Dobbiamo concentrarci sui Lea, soprattutto al Sud e nelle regioni commissariate o in piano di rientro. Lo abbiamo già iniziato a fare con gli 800 milioni di euro stanziati in legge di Stabilità, ma ora dobbiamo azionarci sul piano della programmazione».
Bevere: «miglioramenti incoraggianti
, in sanità non si cambia dall’oggi al domani»
«In sanità non esistono cambiamenti repentini e rapidi, ma i dati 2015 - commenta Francesco Bevere, direttore generale di Agenas - evidenziano che gli strumenti di valutazione migliorano la qualità dell'assistenza sia a livello del singolo ospedale, sia a livello regionale. E incoraggiano quel dinamismo culturale, organizzativo, procedurale necessario a garantire l'efficacia, la sicurezza, la qualità delle cure erogate». E sottolinea anche l’importanza degli audit: «la partecipazione attiva delle società scientifiche e delle Regioni, per il loro apporto decisivo sulla qualità dei dati e delle cure - specifica Bevere - non solo è stata determinante per poter misurare in maniera sempre più attendibile la capacità di garantire salute, ma ha reso Pne ancor più aderente alla realtà ospedaliera e non più percepito come strumento per stilare classifiche, ma stimolo per misurarsi e migliorarsi. Uno strumento in più a beneficio dell'efficacia, qualità e sicurezza delle cure erogate».
Braga (Agenas): «le informazioni aiutano il miglioramento concreto della sanità»
«Una realtà consolidata di valutazione delle capacità del sistema sanitario italiano di produrre salute. Attraverso l'uso di indicatori scientificamente validati, questo strumento ha dimostrato l'estrema variabilità della realtà sanitaria italiana, sia fra regioni che entro regioni, ma ha anche evidenziato la capacità del sistema di migliorare nel tempo la qualità delle prestazioni erogate e di saper valorizzare in modo positivo le informazioni disponibili», aggiunge Mario Braga, Referente sistema di monitoraggio-Agenas.
Davoli (direttore sc. Pne): «Meno frammentazione più qualità delle cure»
«L’obiettivo deve essere quello di ridurre la frammentazione dei volumi di attività per quelle procedure chirurgiche per le quali è ben dimostrata una associazione tra maggiore volume e migliori esiti di salute, che è risultata ancora più evidente analizzando la distribuzione per singolo reparto, che per la prima volta viene documentata dal Pne», dichiara Marina Davoli, che mette in risalto il potenziamento dell'attività di audit, condotta con impegno dalle strutture coinvolte, grazie anche al sostegno dei referenti regionali del Pne e dei professionisti delle società scientifiche, che ha permesso di individuare sia problemi di qualità dei dati sia problemi di qualità delle cure.
Ripa di Meana (Fiaso): «Con Pne benefìci a pazienti e sostenibilità economica»
«A prescindere dai trend comunque in deciso miglioramento - commenta Francesco Ripa di Meana, presidente della Federazione di Asl e Ospedali (Fiaso) - del Piano nazionale esiti non si può che dir bene anche solo per il fatto stesso di esistere. Il Pne è infatti un esempio di collaborazione positiva tra diversi livelli istituzionali: quello della programmazione, quello del governo e quello della gestione. I dati raccolti dal Piano sono uno strumento prezioso per le Aziende sanitarie, perché offrono una mole di informazioni che sono di stimolo alla riorganizzazione della rete ospedaliera. Quando si evidenziano i troppi pochi interventi di una Unità operativa di chirurgia, ad esempio, si procede spesso a audit clinici che portano ad accorpamenti e centralizzazioni che sono all'origine dei miglioramenti evidenziati dallo stesso Pne anno per anno».
«Grazie al Piano esiti sappiamo dove si “sbaglia” e dove è necessario intervenire - conclude Ripa di Meana - così è poi più facile per le Aziende convincere i professionisti a mettere in moto un circolo virtuoso a beneficio dei pazienti e della sostenibilità economica del sistema. Basta però non considerarlo mai come un giudizio inappellabile per Aziende e professionisti».
I numeri del Ssn
Parti cesarei. La proporzione di parti cesarei primari - per cui soprattutto alcune zone d'Italia avevano negli anni la maglia nera - scende lievemente, ma progressivamente dal 28,3% del 2010 al 25,7% del 2014. Certo come detto con grandi differenze tra le Regioni e all'interno delle stesse: si va da un minimo del 5% a un massimo del 95%. Il calo si traduce in 32.000 cesarei primari evitati ad altrettante donne negli ultimi 4 anni, con conseguente minor rischio di un successivo parto chirurgico.
Escludendo le strutture che ne effettuano meno di 10 all'anno, nel 2014 in Italia gli ospedali con meno di 500 parti annui sono 123 (24%), dove si effettuano il 6% dei parti, di cui il 30% di cesarei primari. Nel 2010 erano 155 le strutture con meno di 500 parti, le quali eseguivano sempre il 6% dei parti totali. Il 70% dei parti, infine, avviene in maternità con volumi superiori a 1000 parti/anno.
Frattura del collo del femore. La proporzione di fratture di femore su pazienti sopra i 65 anni di età operate entro due giorni è passata dal 31% del 2010 al 50% del 2014, ancora al di sotto, però, dello standard internazionale atteso, superiore all'80%. Confrontando i dati del 2014 con quelli del 2013, si osserva un miglioramento del valore medio regionale in tutte le Regioni, con aumenti più significativi in Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Liguria, Lazio, Sardegna e Puglia. Si stima che negli ultimi 4 anni sono circa 52.000 i pazienti che hanno beneficiato dell'intervento tempestivo, di cui 21.700 nell'ultimo anno. Operare tempestivamente si traduce in un evidente beneficio di salute, ma anche in innegabili risparmi: si sono evitate oltre 470.000 giornate di degenza, di cui 180.000 nel 2014. Le strutture che assicurano il 60% di questi interventi entro 2 giorni sono passate da 70 nel 2010-2011 a 161 nel 2014. Ma ancora 270 strutture circa sono al di sotto dello standard previsto. Prendendo come riferimento il criterio del 60%, si vede che in Abruzzo, Molise e Calabria nessuna struttura raggiunge questo standard minimo. In tutte le altre regioni, almeno uno struttura raggiunge il 60%. Viceversa, in quasi tutte le regioni c’è almeno uno struttura che supera l'80%.
Infarti: 4 infarti su 10 angioplastica entro 2 giorni. La proporzione di infarti trattati con angioplastica coronarica (Ptca) entro 2 giorni è passata dal 32% del 2010 al 41% del 2014. Si osserva una minore variabilità interregionale e una maggiore variabilità all'interno di una stessa regione, con valori per struttura ospedaliera che variano dallo 0,7% a un massimo del 91%. Migliora il trattamento degli infarti miocardici acuti negli ospedali italiani: la proporzione di infarti trattati con angioplastica coronarica entro due giorni è salita dal 32% del 2010 al 41% del 2014.
Anche in questo caso le disparità però sono enormi da ospedale a ospedale: si va dallo 0,7% al 91%. Tra le regioni più virtuose, vicine al 50% dei malati trattati entro 48 ore, la Sicilia, l'Umbria, la Toscana e la Liguria, con la Puglia che ha una media attorno al 40 ma presenta anche il record del 91%. Fanalino di coda la Basilicata. Quanto al by-pass coronarico, la mortalità a 30 giorni è stabile al 2,5%, anche qui con una variabilità per struttura che va dallo zero al 7,6%. Il ministero della Salute ha fissato al 4% la soglia massima, ma ci sono 17 strutture che superano questo valore. Di contro, altre 17 hanno valori di mortalità inferiori all'1%. Bene anche i dati sulla sostituzione di valvole cardiache: la mortalità a 30 giorni è passata dal 3,5% del 2008 al 2,9% del 2014, a fronte di un aumento dei volumi di attività.
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