Dal governo
Classifica Lea 2014: Toscana ancora prima, Calabria ultima. Molte Regioni contestano. Ecco i dati «sub iudice»
di Roberto Turno (da Il Sole 24 Ore)
Prima ancora una volta la Toscana col punteggio più alto mai ottenuto, ultima la Calabria col 40% in meno di prestazioni sanitarie per quantità e per qualità erogate ai suoi cittadini. Poi sul podio Emilia Romagna e Piemonte e in fondo alla classifica ancora Campania, Molise e Lazio. Guarda caso, tutte e quattro le ultime della classe sono sotto schiaffo con la sanità locale commissariata dal Governo. Mentre infuria la battaglia sulla manovra 2016 per i tagli ad asl e ospedali, ecco l'ultimo e più aggiornato ranking del rispetto da parte delle regioni dell'erogazione dei Lea, i livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti uniformemente agli italiani, gratis o dietro pagamento dei ticket. È la classifica 2014, l'ultima possibile che ogni anno si mette a punto a un apposito tavolo ministeriale. Ancora formalmente sub iudice, perché alcune Regioni hanno contestato il punteggio loro assegnato. Ma i risultati del tavolo per ora sono questi, e difficilmente si scosteranno di parecchio nel giudizio finale.
Quel che emerge intanto è l'ennesimoe nitido check di un federalismo che ha frantumato in mille coriandoli l'universalità e il diritto alla salute. Un puzzle con centomila risvolti. Che ci dice meglio di tanti discorsi come e quanto curarsi in Toscana non sia la stessa cosa che curarsi in Calabria. O in Lombardia e in Campania. Anche perché chi ha meno cure paga di più tra ticket e tasse locali. La doppia beffa dell'Italia della salute. Anche se poi i risultati della scala Richter dell'assistenza sanitaria nel 2014 dicono che, per punteggio totale, solo 4 regioni (al momento) hanno peggiorato: Calabria (4 punti in meno), Umbria (-14), Piemonte (-7, benché sia terzo), Veneto (solo -1, ma ben assestato nella graduatoria delle regioni promosse). Le altre, la gran parte, hanno visto crescere il loro punteggio. Ma con la conferma che aree di recupero di sprechi e di migliore gestione e organizzazione, esistono ancora, eccome.
La classifica dei Lea d'altra parte valuta un'ampia griglia di prestazioni e di assistenza. Sono ben 31 indicatori raggruppati in tre grandi aree: assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro, assistenza sul territorio e assistenza ospedaliera. E cioè: liste d'attesa, ricoveri, prestazioni inappropriate, farmaci e dispositivi medici, specialistica, assistenza gli anziani, cure domiciliari, consultori, tutela degli alimenti, vaccinazioni, screening, sanità veterinaria. L'intera gamma dei Lea dovuti. Che non tutte le regioni garantiscono allo stesso modo e con eguale qualità.
Di qui la classifica elaborata al tavolo ministeriale, ora in attesa di conferma definitiva. La Toscana ha raggiunto un punteggio di 217, il più alto mai realizzato, su 225 totali, confermandosi prima e ottenendo anzi 3 punti in più che nel 2013. L'Emilia è sempre seconda e con lo stesso valore, il Piemonte terzo con 194 ma in calo di 7 punti. Nel ranking scalano posizioni in alto Liguria, Lombardia, Basilicata, Puglia e Campania che da penultima è diventata terz'ultima. Mentre perdono posti Veneto, Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio, Molise e Calabria. Con una differenza di ben 86 punti tra Toscana e Calabria, e 78 e 69 rispettivamente sempre tra la Toscana prima della classe e la Campania e il Molise. Un abisso di salute in più o in meno erogata agli italiani che vivono in quelle Regioni.
«Sono contento che per il secondo anno consecutivo la Toscana sia arrivata prima nella graduatoria dei Lea. Ringrazio tutti gli operatori della nostra sanità, senza trascurare che eroghiamo altri 100 mln di extra Lea», gongola il governatore Enrico Rossi per il risultato ottenuto quando assessore era Luigi Marroni, oggi ad di Consip. «La classifica - aggiunge Rossi - certifica l'alto livello di qualità e di risposta dei nostri servizi».
Anche di qui parte ora il Governo con la manovra 2016 arrivata alle curve decisive al Senato. Tra risparmi da realizzare, tentativi di aumentare le risorse ma anche di erodere il grave gap Nord-Sud. «Il fatto che solo quattro regioni abbiano fatto un passo indietro è segno del miglioramento e degli sforzi fatti nonostante i tagli - sostiene Francesco Ripa di Meana, presidente di Fiaso (associazione di manager del Ssn) e dg del Rizzoli di Bologna -. Ma le conseguenze dei tagli di oggi li vedremo tra 2-3 anni e ce ne vorranno altrettanti per risalire la china. La verità è che usare la sanità come un bancomat, è un rischio».
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