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Pronto soccorso, ricetta Simeu per gestire l'assalto al faro
di Gian Alfonso Cibinel (Presidente nazionale Simeu)
Il pronto soccorso in Italia: un faro sempre acceso, con la porta sempre aperta, per tutti; 24 milioni di accessi ogni anno, un terzo della popolazione, quasi un accesso ogni secondo. In questi giorni si registra in tutto il paese l'accentuazione dell'affollamento dei pronto soccorso.
Il fenomeno presenta alcune conseguenze, ampiamente confermate dall'esperienza quotidiana degli operatori e dai dati della letteratura scientifica: il rischio aumentato per i pazienti (con incremento di mortalità e peggioramento della prognosi per alcune patologie); una disparità di trattamento a seconda del problema di presentazione (chirurgico, medico specialistico, medico generale); l'impossibilità a garantire il rispetto della privacy e della dignità delle persone da assistere e curare; un carico orario, professionale ed emotivo per il personale medico, infermieristico e di supporto non sostenibile nel tempo.
L'affollamento dei Ps ha una causa fondamentale, al di là dell'incremento degli accessi per patologie serie, legate all'epidemiologia stagionale e alla maggiore fragilità della popolazione nel suo complesso: l'impossibilità di ricoverare tempestivamente i pazienti che devono proseguire le cure nei reparti degli ospedali, per carenza di posti letto.
La risorsa dei posti letto ospedalieri in Italia ha subito una diminuzione netta negli ultimi 15 anni (circa meno 70.000 posti dal 2000), non accompagnata da un corrispondente adeguamento delle reti territoriali di cura e assistenza. La distribuzione dei posti letto tra i diversi ospedali e tra le diverse aree di cura all'interno degli ospedali spesso non tiene conto dei flussi dei pazienti ed è scarsamente flessibile.
Un'altra possibile causa dell'affollamento dei Ps può essere la modalità di gestione interna dei pazienti, soprattutto di quelli da dimettere; questo aspetto dipende dall'organizzazione dei Ps (in molti non esiste l'attività di osservazione breve, indispensabile per assicurare una funzione di filtro sui ricoveri), dal personale impegnato (in termini di quantità, competenze e motivazioni), dagli spazi e dalla tecnologia disponibili.
Un'azione indispensabile è quella di revisione e rinforzo del sistema territoriale e della medicina generale, per limitare gli accessi impropri, ma soprattutto per accogliere tempestivamente i pazienti in dimissione dagli ospedali.
Le azioni a livello della rete ospedaliera devono intervenire sulle cause reali, partendo da un'analisi accurata dei fenomeni, che coinvolga gli operatori; in ogni caso sono da limitare o evitare interventi sui Pronto soccorso quando le cause, molto spesso organizzative, sono fuori dai Ps; interventi su questa linea non risolvono i problemi, che invece nel medio termine possono essere aggravati.
Tra le possibili azioni ci possono essere: la revisione organizzativa dei Pronto soccorso, quando opportuno, garantendo di minima l'attività di osservazione breve, oltre a quella di accettazione, in tutte le realtà; una redistribuzione, se indicata, dei posti letto tra i diversi ospedali e le diverse aree di cura ospedaliere, considerando gli indici di occupazione, e comunque con flessibilità in base alla domanda; la garanzia di una funzione forte centralizzata di "bed-management" in tutti gli ospedali; infine la riduzione delle degenze medie elevate, anche attraverso la programmazione precoce e il supporto ai percorsi di dimissione protetta.
Gli infermieri e i medici d'urgenza, che ogni giorno ci mettono le mani e il cuore curando i pazienti, chiedono con forza di poterci mettere anche la testa e la faccia, per affrontare e provare a risolvere i problemi del sistema, mediante il coinvolgimento nelle fasi analitiche e decisionali a tutti i livelli. In questo modo il faro potrà continuare a funzionare e sarà possibile entrarci per avere aiuto. La porta è comunque sempre aperta.