Aziende e regioni
Lo scompiglio dei compiti istituzionali delle aziende sanitarie e la spallata Doc della Consulta alle “Aziende Zero”
di Ettore Jorio
24 Esclusivo per Sanità24
Il quadro legislativo vigente - delineato dai principi fondamentali espressi dagli artt. 3, commi 1 e 1-bis, e 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) - assegna «alle aziende sanitarie, dotate di personalità giuridica pubblica e di autonomia imprenditoriale” una potestas di assoluto rilievo. L’ordinamento, costituitosi in materia da 25 anni, attribuisce loro i poteri di gestione dei concorsi, degli incarichi apicali, dell’attribuzione delle sedi e delle mansioni, nonché delle procedure di rilascio e di revoca di pareri di compatibilità con il fabbisogno sanitario regionale, di autorizzazione all’esercizio e di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie».
È quanto sancito dalla sentenza della Corte costituzionale 17 dicembre 2024 n. 202 (red. D’Alberti). Di conseguenza, il Tribunale delle leggi ha consacrato “il principio fondamentale che riserva alle aziende sanitarie, in ragione della loro autonomia imprenditoriale e organizzativa, la gestione delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale del Ssn”. Con questo, ha riconosciuto invalicabile “la sfera decisionale delle aziende sanitarie in materia di reclutamento e di gestione del personale”, così come fanno ordinariamente tutte le aziende pubbliche e private per attendere al loro corretto funzionamento.
Sulla scorta di tale pregevole considerazione, la Consulta ha ritenuto pertanto illegittimo quanto sancito nell’art. 2 della legge regionale della Puglia nr. 16/2024, nella parte in cui veniva attribuito, integralmente, all’Agenzia regionale per la salute e il sociale (AReSS) – ente strumentale della Regione – l’esercizio dei concorsi per il reclutamento del personale del Servizio sanitario regionale (Ssr), inclusa la dirigenza medica e le professioni sanitarie, nonché la gestione di queste ultime categorie di personale, compresa l’attribuzione della sede di lavoro e delle mansioni. Con questo, ha ritenuto illegittimo ogni affidamento all’AreSS afferente alla gestione dei concorsi e del personale medico, perché ente diverso e sovrapposto dalle aziende sanitarie. Queste ultime da ritenere le uniche abilitate per legge di principio statale a rendersi titolari esclusivi di siffatte funzioni. Proprio per questo, quanto stabilito in favore dell’AreSS è da considerarsi in palese violazione a quanto disposto dal vigente d.lgs. 502/92 che assegna alle aziende sanitarie, dotate di personalità giuridica pubblica e di autonomia imprenditoriale, il compito esclusivo di assicurare i Lea. Un compito che è da considerarsi al lordo delle competenze decisionali riguardanti, per l’appunto, il reclutamento del personale nonché la gestione dei dirigenti medici e delle professioni sanitarie (articolo 3, commi 1 e 1-bis).
Una tale decisione del Giudice delle leggi fonda la sua ratio nella ovvia invalicabilità dell’autonomia imprenditoriale spettante alle aziende sanitarie, voluta dalle modifiche introdotte dalla riforma ter, cosiddetta Bindi (d.lgs. 229/1999), che la definì tale in luogo delle pregresse autonomie organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Un’autonomia, dunque, del tipo quella spettante all’imprenditore così come definito dall’art. 2082 del codice civile. In quanto tale un’azienda vera e propria, non sovrapponibile da alcunché bensì condotta imprenditorialmente da un manager ad essa preposto con l’obbligo giuridico di improntare la sua attività di direttore generale ai criteri di efficienza, efficacia, economia e utilità pubblica.
Idem per le Aziende Zero e simili
Proprio per questi fondati motivi e ineludibili principi legislativi, sono state sollevate su questa rivista serie perplessità in relazione alla diffusa costituzione da parte di diverse Regioni di aziende (sanitarie) per lo più denominate “Zero”, senza che vi fosse una norma statale di principio che ne prevedesse l’esistenza. In quanto tali, fantasiosamente inventate e previste da disposizioni legislative regionali.
Sono stati numerosi gli articoli in tal senso (si vedano 20 giugno e 15 e19 del 2022 nonché 21 luglio e 23 ottobre del 2023 ), improntati a mettere in discussione la sussistenza diffusa delle diverse Aziende Zero ovvero arricchite dalle più fantasiose denominazioni, senza però che vi fosse in tal senso alcuna regolazione statale che ne suffragasse la costituzione con leggi di dettaglio regionale.
I temi sviluppati a suo tempo riguardavano le numerose perplessità che la loro previsione ebbe a generare: su cosa dovessero fare concretamente; come si dovessero porre nel rapporto con la burocrazia regionale (dipartimento della salute); come dovessero interagire con le aziende della salute, siano esse territoriali che ospedaliere/universitarie; come si dovessero rapportare con i decisori politici regionali, specie in Calabria e in Molise), con i commissari ad acta. Interrogativi, questi, di maggior rilievo patico e giuridico, attesa la inevitabile loro conflittualità con l’autonomia imprenditoriale del sistema aziendale ordinario.
Dubbi ai quali non sono stati offerti sino a oggi i dovuti chiarimenti, tutt’altro. Sono tantissime le conflittualità ingenerate istituzionalmente e gli ingorghi di competenza che rendono anche difficile l’individuazione delle responsabilità e degli inadempimenti conseguenti alla confusione di ruoli operanti.
A questo punto, un tale siffatto scompiglio di compiti istituzionali occorrerà dare rimedio, e presto. Ciò perché la loro perduranza dovrà fare i conti con il contenuto della anzidetta sentenza nr. 202/2024 della Corte costituzionale, magari a seguito di un coinvolgimento del Giudice delle leggi, verosimilmente eccepito in via incidentale nel corso di un qualche contenzioso lavoristico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA