Aziende e regioni

Esigibilità dei Lep garantita dai fabbisogni standard differenziati

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

In tema di regionalismo asimmetrico - che, se formatosi a seguito di istanze delle Regioni, genererebbe un sistema legislativo a geometria variabile, per una durata massima di un decennio rinnovabile ma con la reiterazione della procedura -, è da rilevare che sono in molti a occuparsene benché ignari dell’argomento. Non si approfondiscono le leggi e gli atti aventi uguale valore, a partire dalla legge delega 42/2009, approvata sostanzialmente da tutti, con la sinistra che ebbe a negoziare nel voto finale in Parlamento la sua mega compatta astensione (188). Va peggio relativamente alla ragionata e coordinata lettura dei decreti delegati – per il sociale il 216/2010 e il 23/2011; per la salute il 68/2011; per tutti l’88/2011 e il Dm 26/11/2010 – pronti a dare attuazione all’art. 119 della Costituzione. Quello che ha introdotto il federalismo fiscale in luogo del criterio della spesa storica che continua a regnare alla grande con conseguente distruzione della rete dei servizi.
Il confronto politico sul tema è divenuto duro, con due “esami” importanti da sostenere e superare per la legge Calderoli: un referendum, difficile a essere ammesso dalla Consulta; un “processo” da aprire avanti la Corte costituzionale con la riunione dei quattro ricorsi presentati dalle Regioni Campania, Puglia, Toscana e Sardegna.
Nel frattempo la politica si attacca reciprocamente, tanto da richiedere precisazioni da parte delle maggiori fonti istituzionali.
Il Governo e il Clep, un binomio imperfetto
Il 25 settembre c’è stata l’audizione di Roberto Calderoli alla Copaff sul Federalismo fiscale, Lep e Regionalismo differenziato, passando per i Fabbisogni standard. La riunione del Clep, svolta in concomitanza con l’audizione del ministro e oltre, ha rinviato a dicembre ogni decisione. Quest’ultima sessione si era resa necessaria a seguito di una sorta di presunto straripamento da parte del Clep delle sue competenze. Era stato infatti supposto che lo stesso si stesse interessando e decidendo – unitamente alla commissione (Ctfs) presieduta da Elena d’Orlando - anche dei fabbisogni standard connessi ai Lep, ma soprattutto che avesse autonomamente assunto il compito di determinazione dei principi e criteri sui quali valorizzare i fabbisogni standard riferiti ai medesimi.
Con questo si era desunto altresì che gli stessi fabbisogni standard dovessero essere differenziati, prevalentemente, sulla base del costo della vita sopportato dalle rispettive collettività nelle diverse regioni, dirette destinatarie dello stanziamento necessario. Quelle Regioni che si renderanno presto oggetto della finanza fatta di tributi regionali in senso stretto, di fabbisogni standard costruiti sulla base dei costi standard, ma adeguati al soddisfacimento degli indici di deprivazione, e delle quote di perequazione da assicurare in favore delle Regioni con gettito fiscale insufficiente a garantire i Lep.
Una critica ingiustificata e sinonimo di inconsapevolezza sul tema
La più diffusa critica verteva, per assurdo, piuttosto che su una eventuale intrusione da parte del Clep nelle competenze spettanti alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, sulla considerazione che i fabbisogni standard dovessero essere differenziati nel senso di comprimerli, anziché elevarli, sulla base di un più basso costo della vita. Immaginate cosa succederebbe con l’adozione di una siffatta supposta metodologia con l’erogazione dei Lea. Ai poveri di servizi, di reddito, di condizione di vita, di infrastrutture, di storia sociale andrebbe a essere assicurato (secondo i difensori apparenti della eguaglianza) un obolo, non già la maggiore disponibilità utile a metterli alla pari, tale da escludere ogni chance di benessere comune.
Guai se non fosse così, per esempio nella sanità, nell’assistenza sociale, nella scuola e nei trasporti pubblici locali, si lascerebbero le regioni più deboli in termini assistenziali senza quel plus incrementativo del rapporto costi standard/deprivazioni socio-economiche culturali, indispensabile per compensare i deficit storici di servizio e prestazionali.
Se vero, ha fatto bene la Ctfs, presieduta dalla prof. d’Orlando, a ribadire la logica della differenziazione dei fabbisogni standard, atta a incrementare sostanzialmente il valore del costo standard per le Regioni a secco di diritti sociali. Del resto, in minima e inadeguata parte, è ciò che succede da tempo con la quota capitaria ponderata sulla base dell’anzianità delle collettività destinatarie. Si sa, ed è naturale, gli anziani costano di più. A chi pensa il contrario, spetterà l’esclusività del girone dell’inferno più spietato perché tendenti a colpire le regioni dei diseredati, facili a morire delle colpe della politica.
Attenti a non fare sciocchezze, i diritti sociali dei più deboli prima di tutto
Secondo una tale logica sarebbe tremendo solo immaginare la fine dei Lea con fabbisogno inadeguato alle reali esigenze:
- di minore patrimonio infrastrutturale posseduto, fisico e sociale, da adeguare se carente con la preventiva o contemporanea perequazione per l’appunto infrastrutturale;
- di forti debolezze organizzative e di vita dei cittadini;
- di pericolosi sintomi socio-economici e fisico-ambientali caratterizzanti e condizionanti la vita delle persone
Ed è proprio su questo tema che casca l’asino, proprio per il fatto che in una siffatta differenziazione verrebbe a garantirsi, di contro, il diritto di esigibilità dei Lep in tutto il territorio nazionale, atteso che le differenze in negativo andrebbero ove mai a pretendere una maggiore erogazione di quattrini indispensabili per colmare il gap impeditivo della loro percezione sociale. Ciò nel senso che a fronte di una rilevazione dei fattori di vita peggiori emergerebbe semmai un fabbisogno standard regionale più alto. Poi sarà compito della perequazione fare in modo che le Regioni più deboli abbiano nella loro disponibilità la differenza tra il proprio gettito fiscale e il valore necessario per assicurare i Lep alla popolazione. Supporre il contrario, concretizzerebbe un profondo errore interpretativo dello specifico ordinamento legislativo, se a dirlo fossero le istituzioni coinvolte, ovvero di ascolto delle tesi che definiscono il prosieguo della procedura.
Da qui, l’audizione del Ministro ove ha ben precisato che la individuazione dei criteri per la determinazione dei fabbisogni regionali è esclusivamente affidata alla apposita “Commissione tecnica per i fabbisogni standard” (commi 793 e 794 legge 197/2022), da formalizzarsi in una proposta al Governo (attivo attraverso una apposita Cabina di regia, istituita a mente del comma 792) riferita alla determinazione dei costi standard e alla elaborazione dei fabbisogni indispensabili per mettere a terra ovunque i Lep, da perfezionare con successivi decreti legislativi.
Dunque, con una scelta che è tutta politica, da essere assunta dai Governi che dovranno trovare le necessarie coperture nelle leggi di bilancio annuali. Una caratteristica che ha fatto sì che agli originari Dpcm, di cui alla legge 197/2022, siano state previste nella legge 86/2024, così concretizzatasi in legge delega, le adozioni di tanti decreti legislativi – coinvolgenti il Parlamento - di identificazione dei Lep e di valorizzazione della loro sostenibilità, di cui gli esecutivi dovranno tenere conto in sede di elaborazione del bilancio dello Stato per ogni relativa annualità.
Una disciplina così complessa porta a registrare qualche inesattezza interpretativa. La più frequente è quella di non ritenere distinti i fabbisogni standard posti a sostegno delle funzioni fondamentali degli enti locali e i fabbisogni standard differenziati per le Regioni a copertura dei Lep sulla base degli indici di deprivazione socio-economici e culturali. Un tema, questo, che dà adito a gravi confusioni sin dal 2010/2011, allorquando furono approvati il d.lgs. 216/2010, recante “Fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali degli enti locali” e non già afferenti ai Lep, dei quali si occupa il d.lgs. 68/2011, ovviamente da rivedere, recante “Ordinamento finanziario delle regioni e province. Costi e fabbisogni standard relativi alla sanità”.
Nella sintesi, per i primi toccherà alla Commissione c.d. “Stradiotto”, incaricata della definizione dei fabbisogni standard destinati a rendere sostenibili le undici funzioni dei Comuni e le sei delle Città metropolitane e Province. Diversamente sarà per i fabbisogni standard riguardanti la esigibilità dei Lep. Un campo, questo, che appartiene - come detto - alla politica.
Ciò in quanto strumenti di determinazione economica attraverso i quali:
-quanto alle funzioni fondamentali degli enti locali, sono rappresentativi del quantum necessario ovunque per assicurare i servizi alla collettività, tra questi anche l’assistenza sociale;
-quanto alla esigibilità dei Lea (ma di tutti i Lep), sono strumentali a colmare gli enormi deficit di erogazione dei servizi e delle prestazioni essenziali delle Regioni destinatarie, con quelle più povere di gettito fiscale messe alla pari delle altre con la quota di perequazione. Quest’ultima stranamente assente nel dibattito attuale, con grande trascuratezza per i quattrini necessari ad alimentare i quattro fondi perequativi introdotti dall’attuazione dell’art. 119 della Costituzione.


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