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Violenze a raffica al Riuniti di Foggia: Anelli (Fnomceo), le istituzioni intervengano o si chiuda l’ospedale. Al Governo: Serve un decreto-legge

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«Basta, non se ne può più! O il Governo e la Regione intervengono subito, o si chiuda l’ospedale. I medici e gli infermieri sono là per lavorare, per salvare vite: non sono bersagli mobili, punching ball pronti a essere colpiti più volte al giorno». Così il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, a fronte dell’ondata di aggressioni all’Ospedale Riuniti di Foggia. Dopo le scene da Far west che hanno visto, la settimana scorsa, 50 persone entrare in ospedale e una ventina fare irruzione in sala operatoria, il 9 settembre si sono registrati nel giro di poche ore due nuovi episodi di violenza: la scorsa notte un giovane, arrestato in flagranza, ha aggredito tre infermieri con calci e pugni. Nel primo pomeriggio, un uomo con un braccio ingessato si è scagliato contro due infermieri e un vigilante, mentre accompagnava il padre che attendeva di essere visitato.
Ora Anelli chiede un intervento immediato. «Mandate l’esercito, mandate chi volete – reclama – ma i medici devono essere protetti, devono lavorare in sicurezza, con serenità, devono uscire di casa senza chiedersi se rientreranno a fine turno. Cosa stiamo aspettando? Se non si riesce a garantire la loro incolumità, meglio chiudere l’ospedale. Non possiamo attendere che succeda, ancora, l’irreparabile. Per quanto riguarda le forze politiche – conclude – abbiamo apprezzato che ci sia stata un’ondata di indignazione trasversale, che ha portato a interrogazioni e progetti di legge. Ma non possiamo aspettare, non abbiamo più tempo: al Governo chiediamo un decreto-legge che sani, con urgenza, questa situazione, che è diventata ormai insostenibile in tutta l’Italia».
«La violenza inaudita nei confronti dei medici e degli operatori sanitari- aggiunge il Presidente dell’Ordine dei medici di Foggia, Pierluigi De Paolis – è un segnale gravissimo. Il nostro servizio sanitario nazionale è a rischio collasso: i medici più anziani possono decidere da un momento all’altro di dimettersi dai propri incarichi, i medici giovani non accettano borse di studio nelle scuole di specializzazione che comportano più rischi da un punto di vista di violenze e di denunce».


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