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Inefficace il decreto liste d’attesa: va promossa l’appropriatezza degli esami su modello lombardo

di Sergio Segato *

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24 Esclusivo per Sanità24

Nel tentativo di risolvere la problematica delle liste d’attesa nella sanità, il recente decreto-legge del ministro Schillaci pone l’accento sull’aumento dei volumi degli esami diagnostici. La soluzione individuata è legata a una crescita di produttività delle strutture ospedaliere tramite il ricorso a prestazioni straordinarie che il personale sanitario dovrebbe svolgere oltre l’orario lavorativo, sostenute economicamente da fondi extra.
Questo approccio ha tutte le caratteristiche per essere destinato a fallire a causa dell’evidente debolezza di molti aspetti, su cui numerose società scientifiche, tra cui Aigo, si sono espresse anche in passato. Il primo punto debole è inerente alla qualità delle prestazioni, considerato che i tempi di qualsiasi visita o esame non sono comprimibili oltre un certo limite. Il rischio è una inadeguatezza delle cure per il paziente e un rischio elevato per il professionista.
L’inefficacia di tale approccio della politica alla problematica delle liste d’attesa è già stata dimostrata con una sperimentazione condotta in Lombardia nel 2022: in quella circostanza, tramite un intervento di sanità pubblica venne richiesto a tutti gli ospedali di produrre il 10% in più rispetto all’anno precedente. Al raggiungimento del risultato, tuttavia, l’impatto sulle liste d’attesa risultò inesistente.
Un altro aspetto da evidenziare è l’obiettivo dichiarato dalla politica di assumere nuovo personale medico e infermieristico per far fronte all’auspicato incremento di prestazioni. Le amministrazioni si dicono disponibili a investire risorse in tal senso, ma nel nostro Paese mancano alcune figure professionali in grado di colmare l’attuale e il futuro gap.
Secondo i dati dell’Ocse del 2023 in Italia oggi ci sono circa 4 medici per 1.000 abitanti, un dato leggermente inferiore a quello della Germania che si attesta a 4,6 medici per 1.000 abitanti. Nel nostro Paese nel 2023 sono usciti dalle università 18.200 laureati, contro i 12.400 della Germania. Superata l’ondata di pensionamenti che secondo le organizzazioni sindacali investirà il settore nel prossimo decennio, il rischio di una pletora medica, e quindi di un esubero di professionisti, è più che concreto. Anche a fronte della programmazione senza alcun criterio di posizioni per i corsi di medicina e di chirurgia nelle nostre università. Il problema è molto serio per lo squilibrio che permarrà, dovuto alla carenza di specialisti in alcune discipline mediche ritenute meno attrattive.
Un’ulteriore questione colossale da affrontare in Italia è la mancanza di infermieri. Sempre dati Ocse 2023 stimano nel nostro Paese 6,3 infermieri per 1.000 abitanti; la Germania conta invece 12 infermieri per lo stesso numero di abitanti, quindi il doppio. Le nostre università hanno formato poco più di 17.000 infermieri nel 2023 contro i 44.200 della Germania. Alla luce di questi numeri, l’assenza di figure di questa categoria da inserire nelle strutture ospedaliere rende perciò secondaria la questione delle assunzioni.
Quale strada intraprendere dunque per ridurre le liste di attesa? Come altre società scientifiche, Aigo è da tempo impegnata sul fronte dell’appropriatezza, intesa come la caratteristica per cui si prescrive l’esame più indicato nei tempi opportuni per il singolo paziente. Un modus operandi che è anche una definizione di qualità. Il come ci è indicato dalle linee guida tratte dalla letteratura scientifica che stabiliscono l’accesso agli esami in base alle condizioni cliniche del paziente. Un sistema alla base dei Rao (raggruppamenti di attesa omogenei) dove chi eroga le prestazioni e chi le prescrive concordano su quali siano le reali condizioni cliniche del paziente, per cui vengono stabilite delle priorità differenti in base alla gravità del caso.
In Italia l’approccio all’appropriatezza è poco popolare, perché implica una selezione dei pazienti idonei a determinate prestazioni, ma è l’unica possibilità che abbiamo affinché il sistema regga. Questa impostazione è già stata recepita in Lombardia: il 18 dicembre 2023 è stata infatti deliberata una normativa che tiene conto di criteri di appropriatezza per gli esami endoscopici e per quelli di chirurgia vascolare. Senza l’adozione di tali sistemi a livello nazionale non sarà assolutamente possibile rispondere all’obiettivo di dare l’esame giusto nei tempi giusti alla persona giusta.

* responsabile del Comitato Qualità di Aigo (Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti ospedalieri)


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