Aziende e regioni
Il sociosanitario lombardo merita più di un esercizio di creatività (tramite slide): largo alla concretezza
di Ettore Jorio
24 Esclusivo per Sanità24
Nella sanità, meglio nella tutela della salute la creatività deve essere bandita. A essa deve essere opposta la concretezza, altrimenti si corre il pericolo di generare vane aspettative nella società civile, martoriata dal Covid e tuttora allo sbando, presago di un futuro allarmante. Il bersaglio da fare proprio dalla politica, statale e regionale, è quello di assicurare la libertà di godimento della tutela della salute reale, bandendo prioritariamente le liste di attesa sempre di più omicidiarie.
Dunque, efficienze promesse ma destinate a non essere mantenute - così come avvenuto con quel Dm 70 attuato malissimo e oggi con l’enfatizzazione del Dm 77, senza produrre alcunché fatta eccezione per quelle iniziative "tutte paillettes e lustrini" che (re)inauguravano in Lombardia l’antico truccato di nuovo - sono da evitare assolutamente.
In una siffatta logica, va interdetto il ricorso all’uso delle slide "promozionali", specie quelle ove si vendono ricognizioni riduttive dello status quo, la "filosofia" più spiccia, la statistica di Trilussa, la fotografia distorta degli scenari, le enunciazioni di un progetto che rimarrà verosimilmente tale, analisi swot restaurate e aggiustate per l’occasione.
Sembra essere il caso della "Proposta Piano socio sanitario regionale 2023-2027" della Regione Lombardia anticipata il 9 novembre scorso ai consiglieri e stakeholder. Il tutto a mezzo slide e con un documento (che sarebbe il Piano) di circa sessanta pagine che, pare, consegnato alla politica e non già a chi nel sistema lavora e a chi dal sistema si aspetta l’esigibilità dei Lea.
Ventuno slide che scandiscono quanto tutti sanno, quello che si è trascurato (da tutti nessuno escluso) per decenni, i dati demografici preoccupanti per le non nascite comodamente rintracciabili in internet, una scorsa della disciplina normativa.
Il tutto come anticipazione della solita sfida – del tipo di quelle tante perse malamente ovunque a danno della salute e della vita delle persone, di recente anche in terra longobarda – della quale non si comprendono cosa ci sia in palio di concreto (perché non è scritto nulla al riguardo) e le novità utili a risolvere i problemi che assillano la sanità pubblica regionale.
Tutto questo anticipa, quantomeno nell’annuncio, lo strumento di pianificazione (che dovrebbe tuttavia essere pari a un piano industriale) in una appena passabile teoria grafica, non indicativa dei bersagli realmente conseguibili, delle scelte riguardanti le modalità di perseguimento dei risultati, rimessi ai soliti paradigma che hanno fallito dal 1992 in poi la mission riformatrice concepita nel 1978, e dei fantasiosi progetti di iniziativa regionale.
Alla Lombardia, come a tutte le altre Regioni, occorre un piano socio-sanitario "in carne e ossa", per garantire la persona nella esigibilità delle prestazioni essenziali a livelli dignitosi. Insomma, non sono sufficienti delle slide per costruire una capanna!
Così facendo, prosegue invece il "decadentismo" che affligge da un po' di anni la sanità pubblica meneghina, un tempo portata a esempio di qualità nel Paese. Nonostante ciò, essa risulta essere ancora attrattiva di una consistente mobilità attiva, di poco inferiore al miliardo, grazie ai 17 Irccs di cui solo 4 pubblici, che assicurano prestazioni di riconosciuta eccellenza. Il tutto sopportato dalle diseconomie di un resto del Paese (il Mezzogiorno) che offre disastri assistenziali.
Quindi, eccedere in creatività piuttosto che intervenire seriamente nell’immediato, a valle dei colpevoli ritardi e inefficienze emerse durante il Covid, rappresenta un uso improprio dell’esercizio della politica regionale lombarda. Quanto all’atto di pianificazione sociosanitaria, si sospetta che possa mandare progressivamente in rovina il pubblico puro.
Non è dato ancora comprendere cosa la Regione, a guida Fontana, supponga di fare, nel concreto, del suo welfare assistenziale. Le 21 slide non dimostrano affatto il prologo dell’esistenza di un serio atto progettuale votato a risollevare la sanità pubblica, specie della periferia (ove accade il peggio della violenza verso i medici dei presidi territoriali), dal baratro in cui si trova. La sua premessa, infatti, altro non è che una sorta di indice di buone intenzioni, sulle quali di certo saranno avviati e conclusi i confronti con tutti i soggetti attori, garanti di un più corretto esercizio della concorrenza amministrata che rilanci l’offerta pubblica. A un tale percorso si renderà ovviamente necessario l’ascolto del management impegnato nella gestione delle aziende, del personale dipendente dal Ssr, del mondo delle professioni, del no profit e delle associazioni poste a tutela dei deboli.
Le slide enumerano, in un rigido (e scontato) schema, i macro-temi sui quali la Regione promette di intervenire e riuscire. Si aspetta di leggere il tomo (che si preannuncia essere consistente), sperando di trovare ivi le soluzioni accompagnate da chiari processi di cambiamento e di crescita.
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