Aziende e regioni
Pnrr e opportunità di rilancio sul territorio: uno studio rivela il percorso di sviluppo dei servizi sanitari territoriali in quattro regioni
di Alberto Ricci* e Valeria D. Tozzi *
24 Esclusivo per Sanità24
La Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenta un’importante opportunità di investimento e rinnovamento per il Servizio sanitario nazionale. La Componente 1 della stessa Missione prevede 7 miliardi destinati a rafforzare l’assistenza territoriale, finanziando la realizzazione di Case di Comunità (CdC), Ospedali di comunità (Osco) e centrali operative territoriali (Cot) per la continuità delle cure con il mondo ospedaliero.
Una fotografia dell’attuale stato di sviluppo dell’assistenza sanitaria territoriale viene restituita da uno studio del Cergas, Sda Bocconi che, grazie a un grant incondizionato di Viatris, un’azienda globale che opera nell’ambito della salute, ha analizzato i servizi sanitari offerti in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e Campania: quattro regioni che rappresentano oltre il 40% della popolazione italiana. Oltre al quadro dell’esistente, è stato approfondito il processo implementativo del Pnrr e del Dm 77/22 che ciascuna regione sta sviluppando, ognuna con una storia molto eterogenea rispetto alla rete dei servizi territoriali.
L’individuazione dei siti e degli importi degli investimenti infrastrutturali è stato il primo passo affrontato, e raggiunto, a livello regionale e aziendale. Questo passaggio, essendo un cosiddetto "milestone", rappresentava un prerequisito per lo sblocco delle risorse europee e dunque un’assoluta priorità. CdC, Osco e Cot sono state localizzate in maniera tendenzialmente proporzionale alla popolazione, con alcune fisiologiche particolarità regionali. Ad esempio, in Lombardia si registra una maggiore numerosità di CdC e Osco nella porzione montana della regione, mentre nel Lazio si osserva una rilevante presenza di Ospedali di comunità in alcune aree sub-urbane della provincia di Roma.
Un altro importante elemento è la propensione a riconvertire e ristrutturare le strutture invece che a costruirne di nuove: a livello nazionale il 78% delle strutture del Pnrr (considerando CdC e OSCO) deriva da una revisione dell’offerta esistente. Emergono comunque alcune differenze regionali, con Emilia-Romagna e Campania più propense alle nuove costruzioni, soprattutto per gli ospedali di comunità, con rispettivamente il 50% e il 40% circa di nuove strutture da edificare. In Lombardia i nuovi edifici rappresenteranno un quarto di Osco e CdC oggetto di investimento, mentre il Lazio interverrà in gran parte sulle strutture già presenti.
Questo approccio principalmente orientato alla riconversione delle strutture è coerente con un’offerta di strutture ambulatoriali consistente e molto frammentata. Già oggi il Ssn dispone di 4,4 ambulatori pubblici extra-ospedalieri ogni 100.000 abitanti, a cui si aggiungono 1,5 ambulatori in strutture ospedaliere e ben 9 in strutture private accreditate. Se l’obiettivo prefigurato dai nuovi standard territoriali è di 4 Case della comunità (tra Hub e Spoke) e di un OSCO ogni 100.000 abitanti, è evidente come il Ssn disponga già di molte delle strutture necessarie. Lo sforzo dovrà riguardare principalmente la riorganizzazione dell’offerta pubblica, ma anche la maggiore integrazione con gli operatori privati già attivi sul territorio e che costituiscono una quota molto rilevante dell’offerta del Ssn.
La Missione 6 prevede inoltre l’espansione dei servizi di assistenza domiciliare, anche attraverso la telemedicina. A oggi in Italia sono in media il 6% gli over 65 trattati in assistenza domiciliare integrata (Adi) rispetto all’obiettivo del 10% previsto dal Pnrr, ad eccezione dell’Emilia-Romagna che ha già superato questa soglia.
Regioni e aziende hanno avviato anche una riflessione profonda sui modelli organizzativi della rete dei servizi territoriali, a partire dal ruolo del Distretto socio-sanitario (Dss), già oggetto del Rapporto Oasi 2022 pubblicato da Sda Bocconi. Oggi parlare di Dss evoca almeno quattro accezioni diverse: una partizione territoriale dell’Asl; una popolazione di riferimento; una responsabilità organizzativa; un sistema di relazioni con i soggetti istituzionali di ciascun territorio, come gli enti locali e il Terzo settore. Un quadro messo in discussione dalla trasformazione delle aziende sanitarie e dalla spinta innovativa del Pnrr e del Dm 77/22, che stanno facendo emergere nuovi fabbisogni legati all’arricchimento della rete di offerta dei Dss. Emergono anche nuove funzioni e quindi nuove competenze necessarie: quelle di Population Health Management e di gestione operativa nei setting territoriali; capacità di change management per "dare gambe" alle innovazioni organizzative; abilità nella gestione delle relazioni interistituzionali e nel community building. Quella in corso potrebbe quindi trasformarsi in una stagione di rilancio del Dss anche se l’assenza di un dibattito ampio sul tema non aiuta i processi trasformativi in atto. Al contempo, la riorganizzazione territoriale dovrà tenere conto dei nuovi rapporti di coordinamento tra ospedale e territorio, tra soggetti nuovi ed esistenti (Mmg, specialisti, farmacie, ecc), così come della creazione di nuovi potenziali Pdta per rispondere al fabbisogno epidemiologico locale.
* Associate professor of practice SDA Bocconi School of management, Cergas Bocconi
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