Aziende e regioni

La cancellazione della deduzione dei contributi Inail dalla base imponibile per le aziende Ssn

di Roberto Caselli

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24 Esclusivo per Sanità24

La delusione espressa nel servizio del 9 gennaio scorso "Manovra 2023 -Nessuna misura fiscale per le aziende del Ssn" è stata grande, ma forse inferiore a quella provata per una misura introdotta "alla chetichella" la scorsa estate dal Governo tecnico, a carico non solo del settore sanitario pubblico, ma anche del Terzo settore e di tutte le altre amministrazioni pubbliche, ai soggetti cioè che sono soggetti all’Irap per la loro attività istituzionale.
Ci riferiamo all’art. 10 del Dl n. 73 del 21 Giugno 2022, convertito con modificazioni nella Legge n. 122 del 4 agosto , che modifica, anzi stravolge, l’art. 11 del D.Lgs. 15 Dicembre 1997 , istitutiva dell’Irap. Tale articolo, intitolato "Semplificazioni in materia di dichiarazione Irap", contiene, accanto a una serie di misure di scarso peso per i soggetti che pagano l’Irap con il metodo ordinario (riservato in particolare al settore privato, ma anche agli enti non commerciali, su base opzionale, per la lo loro sfera commerciale), che si concretizzano soprattutto in semplificazioni formali, cancella quasi completamente la possibilità di deduzione dalla base imponibile dei contributi obbligatori pagati per gli infortuni sul lavoro, mantenendola in vigore solo per la quota relativa ad i soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.
Dagli atti parlamentari risulta che la misura era stata proposta dal Presidente del Consiglio Draghi, di concerto con il Ministro dell’Economia Franco; nelle Commissioni Finanze e Bilancio è stato poi messo a punto un emendamento, in sede di conversione in Legge, per mantenere l’esenzione dall’imposta sulle retribuzioni dei lavoratori disabili, cancellata nella prima stesura.
Tenendo conto dell’ammontare del premi pagati all’Inail dalle Aziende del Ssn, la cancellazione della deduzione dei contributi pagati per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (in pratica la quasi totalità), nonché quelli afferenti le attrezzature utilizzate dai lavoratori stessi, si può stimare in circa 150.000 euro, ogni esercizio, per un’azienda ospedaliera di medie dimensioni (5500 dipendenti), e in circa 350.000 euro per un’azienda sanitaria locale, sempre di dimensioni medie (15.000 dipendenti). A livello nazionale l’aggravio per il settore sanitario pubblico ( n. dipendenti 617.466 per il 2022-dati Ministero Sanità) si può stimare in circa 170/200 milioni annui.
Non saranno tanti rispetto ai costi della sanità pubblica, ma in ciascuna azienda, con queste risorse che verranno a mancare si sarebbero potuti assumere dai 4 ai 10 infermieri per i loro "pronto soccorso"….
È abbastanza evidente che la riformulazione dell’art. 11 del D.Lgs. 446/97 sia dovuto alla "manina" dell’Agenzia delle Entrate, che non aveva mai accettato espressamente le sentenze della Cassazione che, fino dal 2017, avevano ritenuto illegittima la loro interpretazione dello stesso articolo e di cui le istruzioni alle dichiarazioni Irap continuavano a non tener conto.
L’art. 11 del D.Lgs. 449/97
L’art. 11 della Legge istitutiva dell’Irap, intitolato "Disposizioni comuni per la determinazione del valore della produzione netta" nella versione in vigore prima dell’entrata in vigore del D.L. 73/2022, conteneva delle norme valide per tutti i soggetti all’imposta, indipendentemente dal metodo da loro utilizzato per il calcolo della base imponibile.
Il primo comma dell’articolo prevedeva :
1. Nella determinazione della base imponibile :
a) sono ammessi in deduzione :
1) i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro
L’Agenzia delle Entrate però aveva sempre sostenuto, sia con la Circolare n. 148/2000, sia con le istruzioni alle Dichiarazioni annuali, fino a quella del 2022 per l’esercizio 2021, che la deduzione prevista al comma 1 lettera a) era utilizzabile solo nell’ambito del metodo del valore della produzione ed esclusa per i soggetti che, come le Aziende del Ssn, calcolano l’imponibile con il metodo retributivo.
Nel 2007 e nel 2008 due aziende ospedaliere fiorentine avevano chiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’Irap che ritenevano di aver pagato in più, per non aver dedotto i contributi pagati all’Inail, contestando cioè l’interpretazione espressa dall’Agenzia delle Entrate.
Seguirono nei mesi successivi analoghe procedure da parte di una Asl toscana e di un’azienda ospedaliera romana, tutte patrocinate dallo stesso Studio. A seguito del silenzio/rifiuto tutte le Aziende presentarono ricorso alle Commissioni tributarie. Dopo le sentenze di primo e di secondo grado , tutte favorevoli alle diverse aziende, l’Avvocatura dello Stato presentò, contro ciascuna azienda, un ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte, dopo aver riunito i diversi ricorsi, emanò le prime due sentenze il 16 Giugno 2017 ( 15036 e 15037, con motivazioni ampie e convincenti). Vedi in proposito il servizio pubblicato il 4 luglio 2017 "Sì alle deduzioni Inail per Asl".
Fecero seguito altre sentenze da parte della Suprema Corte, tutte positive per le Aziende che avevano chiesto il rimborso della maggiore imposta pagata (n. 29867 del 13 dicembre 2017 e n. 11021 del 19 aprile 2019)
Le sentenze della Suprema Corte ignorate dall’ADE
L’Agenzia delle Entrate però, pur dando corso (in generale senza opporre altri ostacoli, ma qualche volta obbligando ad un giudizio di ottemperanza) ai rimborsi chiesti da numerose aziende ed aver accolto anche dichiarazioni integrative da moltissimi enti non commerciali (aziende del Ssn, enti del terzo settore, enti locali, ecc..) non ha mai recepito ufficialmente tali sentenze.
Nel servizio del 6 giugno 2022 "La dichiarazione Irap" osservammo che… "l’Agenzia delle Entrate insiste con la propria posizione negativa, per cui nelle istruzioni al modello 2022 non si rilevano cambiamenti rispetto a quelle degli anni passati, mentre nel quadro IK non c’è alcuna nuova casella. Poiché la posizione della Suprema Corte non risulta sia stata contraddetta da sentenze più recenti, a parere di chi scrive, può essere ragionevole dedurre l’importo dei contributi Inail attribuiti alla sfera istituzionale dall’importo delle retribuzioni da indicare al rigo IK1, in quanto un amministratore pubblico ha il “dovere” di non distogliere risorse destinate all’assistenza sanitaria dei cittadini per pagare imposte non dovute".
L’Agenzia delle Entrate, evidentemente, non ha voluto accettare la posizione della Corte di Cassazione, che aveva nella sostanza validato le scelte del Legislatore e, nel vuoto politico del Governo di larghe intese, è riuscita , se non a far cancellare quel comma sui contributi Inail che nel corso degli ultimi anni aveva comportato l’unica deduzione per il settore pubblico, contro le numerose deduzioni concesse a quello privato, a ridurne l’applicazione ai compensi erogati a personale assunto a termine ed ai collaboratori esterni occasionali, cioè a qualche centesimo percentuale.
Grazie all’indifferenza e, scusate se mi permetto, all’ignoranza delle norme fiscali che regolano il settore pubblico e dell’impatto che hanno sui loro bilanci, dei membri delle Commissioni parlamentari prima, e dei Deputati e dei Senatori poi, è passata questa modifica:
"prima delle parole 'i contributi' sono inserite le seguenti: "in relazione ai soggetti diversi dai lavoratori a tempo indeterminato"…
Questo comporta che non sono più deducibili i contributi conteggiati sulle retribuzione di soggetti a tempo indeterminato (cioè quasi tutti i lavoratori dipendenti perché, nei fatti, sono pochissimi i lavoratori assunti con contratti a termine nelle aziende del Ssn), sia i contributi conteggiati sulle attrezzature impiegate.
Oltre alla modifica, che poi nei fatti è un’abolizione del comma 1 lettera a), era stato cancellata anche la norma che consentiva la deduzione delle retribuzioni dei lavoratori disabili, cancellazione che sarebbe stata ancora più pesante per il settore pubblico, della cancellazione di quella dei contributi Inail.
In sede di conversione in Legge qualche dubbio è venuto ai membri delle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera ed una parziale retromarcia è avvenuta, con una formula assai pasticciata, attraverso un emendamento “tecnico”, il 10.500 della Commissione Finanze, suggerito dal “Comitato dei nove”. Silenzio totale da parte della Commissione Igiene e Sanità.
L’emendamento è poi passato sia alla Camera che al Senato, senza voti contrari.
La Risoluzione n. 40/e del 15 Luglio dell’Agenzia delle Entrate, uscita a commento del Dl n. 73, prima cioè delle modifiche apportate in sede di conversione in Legge, ribadisce il concetto di “semplificazioni”, che peraltro sembra sia avvenuto per il settore privato, senza assolutamente far trapelare l’aumento dell’aggravio per quello pubblico.
Nessun altra Risoluzione è uscita dopo la conversione in legge
In sostanza mentre la sanità pubblica boccheggia dopo la lunga pandemia Covid, la crisi energetica, la mancanza ormai strutturale di medici ed infermieri ( combattuta con medici a gettone provenienti dall’estero), anziché alleviare i loro bilanci eliminando intanto le misure fiscali palesemente inique , più volte invocate sulle pagine di questa rivista, si interviene con un "ritocco", nascosto nelle pieghe di un cosiddetto decreto semplificazioni, per aggiungere un altro balzello che colpisce indirettamente i cittadini più fragili…..
Nel testo definitivo dell’art. 10 si precisa che "le modifiche all’art. 11 del D.Lgs. 446/97 si applicano a partire dal periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto., fermo restando, per detto periodo, ove ritenuto più agevole, di compilare il modello Irap 2022 senza considerare le modifiche introdotte".
Strana formulazione questa…. ripresa anche dalla Risoluzione 40/E riferita alla prima versione, che precisa "Le novità introdotte, quindi, non determinano alcuna modifica nell’importo delle deduzioni ammesse sul costo del personale con contratto a tempo indeterminato e di conseguenza nella base imponibile Irap".
Sembra, in questo caso, che siano state disattese alcune norme fondamentali della Legge del 27 Luglio 2000 n. 212, conosciuta come lo "Statuto del contribuente".
Tre articoli appaiono espressamente violati:
l’art. 2 – Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie :
"Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni
tributarie devono menzionarne l'oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l'oggetto delle disposizioni ivi contenute".
In una norma intitolata "Semplificazioni" sono state inserite delle norme che comportano un aggravio delle imposte a carico di una categoria di contribuenti
l’art. 3 – Decorrenza temporale:
"1. Salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.
2. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti".
Ebbene : il D.L. fa partire la decorrenza da un periodo precedente quello in corso .
Appaiono pertanto violati entrambi i commi
L'art. 4 -Utilizzo del decreto-legge in materia tributaria:
"Non si può disporre con decreto-legge l'istituzione di nuovi tributi ne' prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti".
Il decreto legge, almeno per quanto riguarda l’art.10, oggetto di questo approfondimento, non conteneva i motivi di urgenza richiesti dalla Legge, in quanto l’osservanza delle nuove modalità non sono state dichiarate obbligatorie.
Le conseguenze del Dl 73
In concreto il Dl 73/22 come convertito nella Legge 122/22 quali effetti ha comportato e comporta a carico dei soggetti coinvolti?
Nessun nuovo onere per l’esercizio 2021, come ha espressamente sancito il decreto, e riconosciuto nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate.
A parere di chi scrive, nessun nuovo onere è ipotizzabile neanche per l’intero esercizio 2022, in quanto la deduzione eliminata viene effettuata calcolandola in occasione del versamento dell’acconto relativo al mese in cui i contributi Inail vengono versati.
I contributi Inail si versano ogni mese di Febbraio, salvo eventuali conguagli successivi, per cui l’acconto mensile Irap, la cui base imponibile è da considerare al netto dei contributi Inail, deve essere versata entro il 16 marzo di ciascun esercizio. Il pagamento del premio all’Inail avvenuto nel febbraio 2022 e gli eventuali conguagli versati entro il 16 Giugno costituiscono un diritto acquisito alla deduzione .
Non si ravvisano pertanto gli estremi per cui l’ente possa perdere la deduzione relativa al 2022, né si può ipotizzare l’obbligo di una restituzione della deduzione operata in sede di conguaglio in base alla dichiarazione annuale.
I nuovi oneri decorrono pertanto dal 2023 e saranno risultanti dalla Dichiarazione del 2024? Formalmente si, ma a questo punto i giuristi devono domandarsi se le violazioni dello Statuto del contribuente sono tali da permettere ai soggetti interessati di continuare con le vecchie regole, oppure suggeriscono di pagare con le nuove regole e presentare istanza di rimborso, per le diverse violazioni di Legge.
A livello regionale nessuno sembra si sia lamentato per l’aggravio a carico della sanità pubblica, aggravio che comunque va ad alimentare il gettito dell’Irap di loro spettanza….
Auspichiamo in ogni caso che la Conferenza della Regioni segua da vicino i lavori di preparazione della riforma tributaria di cui, a quanto trapela dal Mef, potrebbe essere disponibile una bozza entro il prossimo mese di marzo. Sembra giunta l’ora che l’Irap, il cui onere a carico del settore privato si è via via ridotto, fino a cessare completamente per molti operatori, venga completamente cancellata dal nostro ordinamento fiscale.


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