Aziende e regioni
Pnrr da implementare: un approccio "agile" da applicare anche al Dm 77 per il territorio
di Alberto De Negri *
24 Esclusivo per Sanità24
Il Pnrr rappresenta un’opportunità per la sanità non solo per i rilevanti finanziamenti che vengono dedicati al settore, ma anche perché, per la prima volta da molti anni, sono contemporaneamente parte della medesima agenda l’innovazione dei servizi, la costruzione di strutture fisiche e la digitalizzazione dei processi, a cui si aggiunge la disponibilità degli strumenti di procurement "pronti all’uso" sia per l’implementazione informatica che per i servizi professionali di supporto (contratti quadro di Consip).
Vi è quindi una opportunità storica per affrontare in modo integrato tutti gli assi rilevanti di intervento. La sequenza logica con cui, in un mondo ideale, il percorso dovrebbe essere affrontato prevede la definizione iniziale di un progetto di sistema, in cui la strategia complessiva viene esplicitata e tradotta nelle interdipendenze tra i tre assi sopra indicati, a cui fa seguito la progettazione organizzativa del servizio da rendere ai cittadini da cui ricavare le esigenze per i progetti architetturali, in termini di dimensionamenti e di layout, così come i requisiti per i sistemi informativi. L’attuazione andrebbe avviata solo a valle, per non rischiare di incepparsi su problematiche non risolte a monte.
In realtà, forse anche per i tempi compressi in cui è nato l’impianto del Pnrr, le condizioni per rispettare questo approccio "da manuale" sono esistite solo in parte e l’integrazione tra i tre assi appare quindi limitata.
Prendiamo l’esempio delle Case di Comunità.
Positivamente, il Dm 77 e il Pnrr offrono una cornice unitaria per l’innovazione dei servizi territoriali. All’interno di essa trovano spazio attuativo i nuovi contenuti assistenziali, i sistemi digitali abilitanti, la costruzione o ristrutturazione di spazi ad hoc per erogare i servizi in un contesto "di prossimità" al domicilio della popolazione.
Tuttavia, il Dm 77 non è "auto-implementativo": le Regioni e le aziende sanitarie devono quindi scendere nella progettazione organizzativa per fare in modo che l’erogazione dei servizi abbia effettivamente avvio. E nel fare questo occorre anche chiarire un aspetto che appare spesso ancora ambiguo: i servizi che venivano prima erogati in altri luoghi (ad es. poliambulatori ospedalieri e territoriali) saranno semplicemente trasferiti qui o invece la Casa di comunità ospiterà solo servizi aggiuntivi rispetto a quelli fino ad oggi erogati? O un po' e un po'? In effetti, non è stato sviluppato ad esempio un raccordo tra il Dm 70 sugli standard ospedalieri e il Dm 77 sul territorio, che evidenzi in particolare se e come la razionalizzazione delle unità operative ospedaliere debba anche liberare preziose risorse professionali per lo sviluppo dei nuovi servizi territoriali. Da ultimo, criticità che rischia di essere più irreversibile, la progettazione e costruzione degli spazi, sia pure per ragionevoli problematiche di rispetto dei tempi, è stata avviata prima che i requisiti di contenuto organizzativo venissero articolati. Il contenitore rischia di vincolare il contenuto.
Non vi è dunque rimedio alla progettazione integrata non sviluppata a monte?
Pensiamo che, in queste circostanze straordinarie in cui molto è ancora possibile, convenga assumere un atteggiamento pragmatico che parte dalla constatazione che l’impianto delle milestones e targets del Pnrr (che sarà forse in parte ritarabile ma difficilmente modificabile in modo strutturale) impone di essere già e pienamente in fase di execution, anche a prescindere dai "buchi" di progettazione che ancora esistono. Ciò non toglie tuttavia che, consapevoli che alla fine organizzazione, soluzioni digitali e strutture fisiche dovranno essere funzionali le une alle altre, è ben possibile adottare un approccio che recuperi in corso d’opera la definizione dei tasselli mancanti.
Il mondo dello sviluppo software ha coniato tempo fa il termine "agile" per quelle metodologie che prendono atto dell’impossibilità, in certi contesti, di definire a monte in modo completo i requisiti a cui i sistemi informatici devono rispondere. Potremmo dire che, facendo "buon viso a cattivo gioco", questi approcci guidano lungo percorsi iterativi in cui quando si è "sul campo" è più facile definire bene quello che al giorno zero appare invece sfuocato.
Girando in opportunità alcune delle difficoltà attuali, potrebbe essere saggio mutuare questo approccio "agile" e adattarlo al completamento della progettazione dei servizi coprendo lungo la strada, anche in modo progressivo, la progettazione delle parti mancanti di organizzazione e processi. Molte regioni e aziende sono di fatto già attive su questa linea.
Potrebbe essere questa la strada di ragionevole compromesso tra una progettazione ideale, completa ma con tempi incompatibili con la realtà, e una execution "cieca" che, inseguendo solo milestones e targets, scopra troppo tardi ostacoli insormontabili all’erogazione dei servizi ai cittadini.
* Partner Kpmg, Head of Healthcare per l'Europa
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