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Manovra 2023/ Cartabellotta: «Niente investimenti per la salute delle persone. In Italia spesa sanitaria pubblica sotto di 12,7 mld rispetto alla media europea, ma oltre alle risorse servono "vision" e coraggio»
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«La sanità pubblica continua a rimanere fuori dalle priorità del Paese nonostante le enormi criticità esplose con la pandemia. Infatti, se nei momenti più bui tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di rilanciare il Servizio sanitario nazionale (Ssn), con la fine dell’emergenza la sanità è "rientrata nei ranghi", come dimostrato prima dalla scarsa attenzione nei programmi elettorali, poi dall’assenza di un piano di Governo per la sanità pubblica e, da ultimo, dal mancato incremento del finanziamento nella Legge di Bilancio 2023 presentata dall’Esecutivo: ovvero, nessun ulteriore investimento per la salute delle persone». Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, intervenuto il 23 novembre al convegno "La sanità di oggi e di domani: idee proposte di riforma del sistema sanitario", organizzato nell’ambito del 17° Forum Risk Management di Arezzo. Salvo sorprese al fotofinish, la legge di Bilancio 2023 confermerebbe infatti solo l’aumento di 2 miliardi previsti dalla precedente manovra. «Una cifra che oltre a essere erosa dall’inflazione – ha commentato Cartabellotta – non permetterà di coprire i costi straordinari dovuti alla pandemia e alla crisi energetica, né tantomeno di avviare alcun rilancio del Ssn. Con il risultato di mandare "in rosso" anche le Regioni più virtuose, con inevitabili conseguenze sull’erogazione sulla qualità dell’assistenza». Peraltro, se uno degli obiettivi ventilati in campagna elettorale era di allineare il finanziamento alla media europea, Cartabellotta ha ricordato che «nel 2020 la spesa sanitaria pubblica italiana era inferiore di $ 215 pro capite rispetto alla media europea: esiste dunque un gap stimato sul numero di abitanti per l'Italia di circa 12,7 miliardi di euro che può essere colmato solo con una programmazione pluriennale di rilancio del finanziamento pubblico».
Il presidente Gimbe ha illustrato le criticità che compromettono sempre più il diritto costituzionale alla tutela della salute, determinando rinunce alle cure e inaccettabili diseguaglianze, non solo regionali, nell’accesso alle prestazioni e alle innovazioni. Dalla grave carenza di personale sanitario, che in alcuni settori è diventata una vera e propria emergenza, alla necessità di rendere accessibili a tutti i cittadini le prestazioni sanitarie dei nuovi Lea”, ancora ostaggio di un “decreto tariffe” mai pubblicato per carenza di risorse; dall’incapacità di mantenere aggiornate le prestazioni ai progressi della ricerca, all’allungamento delle liste d’attesa che le Regioni non riescono a recuperare. Cartabellotta ha poi puntato il dito sul regionalismo differenziato perché «senza adeguate contromisure, l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità non farà che aumentare le diseguaglianze, legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud e violando il principio di uguaglianza dei cittadini sul diritto costituzionale alla tutela della salute».
«Per un adeguato rilancio del Ssn – ha concluso Cartabellotta – servono risorse per allineare la spesa sanitaria pubblica alla media dei paesi europei, coraggiose riforme di sistema e soprattutto la visione del servizio sanitario che la politica intende consegnare alle future generazioni. Altrimenti, il Ssn è condannato a una stentata sopravvivenza che finirà per sgretolare, lentamente ma inesorabilmente, il modello di una sanità pubblica, equa e universalistica, pilastro della nostra democrazia».
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