Aziende e regioni
La diligenza è fondamentale nello scrivere le leggi
di Enrico Caterini *, Ettore Jorio *
24 Esclusivo per Sanità24
Nonostante costituzionalmente insediata nell’ambito della legislazione concorrente, ove allo Stato compete stabilire i principi fondamentali attraverso approvazione delle leggi quadro/cornice e alle Regioni quelle di dettaglio, è fin troppo facile individuare dal 2001 in poi un disallineamento di queste ultime alle regole statali. Ciò in quanto le stesse - modificate sensibilmente nel corso degli anni a partire dalla allora neo-disciplina recata dal d.lgs. 502/92: di mero allineamento nel 1993 (n. 517), di carattere profondamente riformatore nel 1999 (n. 229), di aggiustamento regolatorio nel 2000 (di maggior rilievo, nn. 168 e 254) - non hanno reso la vita facile ai legislatori regionali, specie a coloro i quali non hanno speso la dovuta attenzione ai loro contenuti man mano che il medesimo strumento venisse riscritto.
Le riforme delle riforme, un brutto vizio italiano
Quanto alla cosiddetta riforma ter, nota come "decreto Bindi" del 1999, e alle anzidette due che vi hanno fatto seguito l’anno successivo, meritavano una maggiore considerazione da parte del legislatore di dettaglio, atteso il loro contenuto rinnovatore dei principi fondamentali.
A proposito della prima (d.lgs. 229/99), è da sottolineare prioritariamente il suo ruolo di aver quasi quadruplicato il numero degli articoli della riforma bis del 1992. Dai venti precetti di cui si componeva il testo originale si è, infatti, pervenuti agli attuali settanta, cinquanta dei quali distinti con l’aggiunta della desinenza numerica romana.
A parte questo, le più importanti novità recate dal "decreto Bindi", che interessano il tema che qui si intende affrontare, afferiscono a due profili entrambi riguardanti l’assetto definitivo dell’aziendalismo in sanità, introdotto dal d.lgs. 502/92 e l’atto regolatorio della organizzazione e di funzionamento delle aziende della salute, tutte. In quanto tali, comprensive ovviamente anche delle Aou. Il tutto con la particolarità che su queste ultime si è vissuta, nonostante l’importanza delle medesime sul piano della qualità dell’offerta, una applicazione delle norme di settore (d.lgs. n. 517/99) non propriamente ben coordinata, così come è d’altronde avvenuto, per altri versi, con le neo costituite "Aziende Zero", quale ulteriore strumento gestorio individuato legislativamente, di recente, in numerosi sistemi regionali con previsioni di funzionamento del tutto simili a quello operante nel sistema delle agenzie.
Il dunque
Relativamente alla corretta definizione, intervenuta nel 1992, delle prerogative delle sopravvenute aziende della salute (Asl, Ao e Aou), rispetto alle preesistenti Usl di antica memoria della riforma del 1978 introduttiva del Ssn, si è pervenuti ad essa ad opera del d.lgs. 229/99 che ne ha caratterizzato meglio l’autonomia. Cosicché dalle sei tipologie di autonomie individuate nella riforma bis del 1992 (organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica) si è arrivati alla determinazione di quella imprenditoriale. Una specificità di alto profilo contenutistico, espressione della più autentica autonomia, civilisticamente fondata sul perseguimento dell’interesse aziendale da conseguire con gli strumenti propri dell’imprenditore. Di conseguenza, seppure in possesso di personalità giuridica pubblica, l’azienda della salute, di qualsivoglia specie fosse, divenne da quel momento soggetto del mercato specifico, improntata ai criteri di efficacia, efficienza, economicità e di utilità della persona umana nonché ispirata all’equilibrio di bilancio. Dunque, non più un ente meramente tecnico e gestionale, anche perché una tale attribuzione sarebbe residuata alle strutture operative individuate al suo interno dall’atto aziendale, non provviste di alcuna rappresentanza esterna e tenute ad una puntuale rendicontazione analitica del loro operato.
L'autonomia imprenditoriale
Una caratteristica, quella di assimilazione all’imprenditore dell’art. 2082 del codice civile, tanto particolare da imporre, da subito, un interesse irrinunciabile del legislatore regionale a ricodificare tempestivamente in tal senso le aziende sanitarie, territoriali e ospedaliere sia ordinarie che universitarie, operanti nei loro rispettivi Ssr, al fine di stimolare un mutamento reale dell’esercizio della loro novellata autonomia. Ciò spesso non è avvenuto e (addirittura) non avviene ancora, dal momento che risultano a tutt’oggi leggi regionali di ieri, comunque approvate dopo il 1999, ma anche di quella approvate di recente non affatto attualizzate alla vigenza delle norme statali, limitandosi a fare distratto ricorso ad una aggettivazione dell’autonomia risalente a definizioni antecedenti alla riforma del 1999. Un accaduto che non ha invero una geografia legislativa regionale indiscriminata, tant'è che - fatta eccezione per la legislazione di dettaglio di Basilicata, Emilia-Romagna, Liguria, Molise, Piemonte, Sicilia, Toscana, Val d’Aosta e Provincia di Trento - un tale trascuratezza è rintracciabile, anche in quelle delle cosiddette Regioni più accreditate sul piano dell’offerta salutare, ritenendo per tali soprattutto la Lombardia e il Veneto. Una inesattezza, che investe convintamente quasi tutte Regioni e la Provincia autonoma di Bolzano, persino quelle scelte per la determinazione del benchmark (per esempio, Marche e Umbria) afferente ai costi standard, tanto persistente da essere riaffermata in tutte le recenti leggi istitutive delle anzidette Aziende Zero. Provvedimenti legislativi, questi, ove anche il Piemonte si contraddice, al riguardo, con la definizione dell’autonomia imprenditoriale attribuita, di contro, alle Aziende della salute dalla propria legge (art. 23 L.R. n. 18/2007 che contrasta con l’art. 18.5 attributivo dell’autonomia imprenditoriale), oltre il Veneto, il Lazio e la Calabria.
Le Aziende ospedaliere universitarie
Una osservazione critica che è ancora attuale nei confronti delle diverse leggi che regolano ovviamente anche il funzionamento delle Aou, laddove si è trascurata una siffatta importante aggettivazione, attributiva di un notevole peso specifico gestorio conseguibile attraverso la qualifica imprenditoriale. Basti vedere al riguardo che in alcune leggi regionali, che ne disciplinano la specificità di persona giuridica di diritto pubblico e l’organizzazione, l’anzidetta qualifica di imprenditore non è loro attribuita e, di guisa, riaffermata in capo ad esse la obsoleta autonomia distinta nelle sei tipologie antecedenti al 1999. Un esempio su tutte, sancito nello specifico, è rintracciabile nella legge della Regione Lazio n. 1/2020, ove nello specifico, all’art. 22 comma 118, persevera nella disattenzione sancendo che «L’Azienda "Policlinico Tor Vergata", (è) dotata di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica», piuttosto che imprenditoriale. Una costituzione di una nuova Aou, questa, che meriterebbe peraltro, relativamente al suo corretto perfezionamento costitutivo, un maggiore approfondimento così come è avvenuto con la più recente stesura del previsto Protocollo di Intesa, da cristallizzare tra Università di Roma “Tor Vergata” e Regione Lazio, ad iniziativa accademica.
In un tale ambito è dato rinvenire, tra l’altro, l’assenza dei necessari provvedimenti costitutivi (Dpcm), con la conseguenza di determinare la loro inesistenza giuridico-economica, fatta salva quella di fatto. Una assenza che inficia irrimediabilmente - in presenza di eventuali provvedimenti costitutivi affetti da nullità assoluta perché adottati da organi assolutamente incompetenti - tutti gli atti dalla medesima perfezionati nel frattempo.
Ciò si è verificato, ove riscontrabile, a causa della lettura parziale e non propriamente corretta dei provvedimenti che hanno interagito sul tema delle Aou a decorrere dalla loro introduzione, intervenuta nel 1999 a cura del d.lgs. n. 517, e dei riferimenti normativi recati dal medesimo da doversi severamente coordinare con quello introduttivo del 1992 dell’aziendalismo, che aveva preso in cura i policlinici universitari nel senso di attribuire loro la qualifica di azienda ospedaliera. Un fenomeno, questo, che - anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 355/1993, che dichiarava illegittimo riconoscere come tale "i presidi ospedalieri in cui insiste(va) la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico della facoltà di medicina e chirurgia e, a richiesta dell’università, i presidi ospedalieri che opera(va)no in strutture di pertinenza dell’università medesima" - ha lasciato sul terreno Aou da doversi riconoscere oggi ricorrendo a procedimenti di "sanatoria esistenziale" con efficacia ex tunc. Una soluzione non facile ma da individuare al fine di salvaguardare l’esistente, altrimenti invalidato dalla iniziale nullità del provvedimento emesso in assoluta contrarietà con le regole ordinamentali.
Costituzione di aziende della salute mediante la fusione di aziende preesistenti
Un altro tema è quello, che qui si trascura solo per mere ragioni di spazio, della costituzione di Aou e, comunque, di aziende sanitarie e ospedaliere da perfezionare mediante il ricorso alla fusione, sia per unione ovvero per incorporazione (del tipo quella indicata in Calabria dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 50/2021 per perfezionare l’Aou "Renato Dulbecco"). Una situazione complessa a perfezionarsi, attese le interferenze tra la disciplina recata al riguardo dal codice civile e dall’Erario, da quella del sistema della salute ordinario e dalla non sempre puntuale interpretazione dei compiti che spettano ai cosiddetti Protocolli d’Intesa (art. 1 d.lgs. 517/99). Strumenti pattizi da stipularsi tra la Regione e l’Università, limitatamente alla disciplina dei rapporti intercorrenti tra i firmatari al fine di assicurare la funzionalità e la coerenza dell’erogazione dei Lea da parte della costituenda Aou nel rispetto delle esigenze della didattica e ricerca, secondo le linee guida di cui al Dpcm 24 maggio 2001. Un riferimento che, messo in stretta e combinata relazione con il d.lgs. 517/99, suscita qualche perplessità applicativa, attesa una certa frammentazione argomentativa, specie in materia di perseguimento dell’integrazione tra attività assistenziali, didattiche e di ricerca da doversi, comunque, coordinare con i provvedimenti programmatori regionali, in quanto tali costituenti presupposti necessari, irrinunciabili e inderogabili.
* Laboratorio permanente per gli studi e la ricerca nel settore del diritto e dell’economia sanitaria dell’Università della Calabria
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