Aziende e regioni
Covid: l'onda lunga dell'epidemia non ferma la Rete nazionale dei trapianti
di Alessandra Ferretti
24 Esclusivo per Sanità24
Trapianti, il sistema italiano regge alle ondate Covid-19 nonostante il trend in calo di circa il 9% dell'attività da donatore deceduto, che resta comunque più vivace rispetto a quella di altri paesi europei. Lo conferma una proiezione del Centro Nazionale Trapianti (Cnt), che ha stabilito un calo contenuto al 7-10% circa degli interventi al 30 novembre 2020 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Al centro del successo, la prontezza della Rete nazionale trapianti e la collaborazione tra diversi Centri del paese.
"L'attività di trapianto ha risentito della forte pressione della pandemia sull'intero sistema sanitario e in particolare sulle terapie intensive, che sono il luogo in cui avvengono le donazioni di organi", riferisce Massimo Cardillo, Direttore del Cnt. "Nonostante questo, la Rete nazionale trapianti ha retto meglio dei sistemi trapiantologici degli altri paesi. Essa è stata in grado di assicurare costantemente la continuità assistenziale ai pazienti, realizzando persino interventi all'avanguardia come il primo trapianto europeo di polmone su un paziente con Covid o i primi trapianti tra donatori e riceventi positivi".
Già dagli Stati Generali della Rete dei Trapianti organizzati dal Cnt a ottobre dal titolo "Donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule nell'emergenza Covid: lo stato dell'arte" era emerso che, pur non essendo completamente usciti dall'emergenza, i risultati raggiunti confermavano "una rete solida e una pronta capacità di reazione ad una situazione di improvvisa emergenza, garantendo sicurezza e continuità assistenziale".
L'ultimo esempio di collaborazione in ordine di tempo tra centri italiani è avvenuto il 22 e 23 dicembre tra Policlinico Universitario di Modena e Ospedale Bambino Gesù di Roma. Una maratona di trenta ore in sala operatoria ha permesso infatti di eseguire cinque trapianti, salvando la vita a quattro persone in attesa di trapianto, tre di un fegato e un paziente a cui sono stati trapiantati due reni.
Come spiega Fabrizio Di Benedetto, direttore della Chirurgia Oncologica, Epatobiliopancreatica e Trapianti di Fegato dell'Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena, professore ordinario all'Università di Modena e Reggio e direttore della Scuola di Specializzazione di Chirurgia Generale, "due pazienti su quattro provenivano da altre regioni e due degli organi donati sono stati prelevati e trasportati a Modena dall'équipe della nostra Chirurgia Trapianti con staffetta aerea. Una parte del fegato utilizzato per trapiantare un paziente di Modena è stato trapiantato al Centro Trapianti Fegato e Rene dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, per salvare la vita ad un bambino di sette mesi con atresia delle vie biliari, una patologia congenita del fegato".
Prosegue Di Benedetto: "Questi esempi dimostrano il valore fondamentale della collaborazione tra centri specialistici, senza la quale risultati come quello recente di dicembre non sarebbero possibili".
Nel dettaglio, la giornata straordinaria ha visto il doppio trapianto di rene su un uomo di 59 anni proveniente dalle Marche, un trapianto di fegato su un uomo di 54 anni e un altro su un uomo di 60, entrambi residenti in Emilia-Romagna, infine un trapianto di emifegato destro a un uomo di 59 anni dalla Puglia. Quest'ultimo è stato eseguito con tecnica "split liver", grazie alla quale il fegato da donatore cadavere viene diviso in due parti funzionalmente autonome e trapiantabili. Una parte dell'organo è stata trapiantata su un paziente in età pediatrica al Bambino Gesù di Roma. In questo caso il prelievo con tecnica split è stato realizzato in collaborazione dalle due equipe di Modena e del Bambino Gesù.
"La tecnica split liver viene utilizzata molto di frequente nel nostro paese dalla rete di collaborazione di tutti i centri trapianti e grazie ad essa abbiamo riscontri molto positivi per i trapianti pediatrici, perché possiamo disporre di un organo per due pazienti", spiega Marco Spada, direttore della Chirurgia Epatobiliopancreatica e del Trapianto di Fegato e di Rene all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. "Collaborare significa guardare alle necessità non del proprio centro ma della comunità intera, anche perché con la tecnica split non si toglie nulla a un adulto e si salva anche un bambino. Grazie ad essa la mortalità dei bambini nelle liste d'attesa di trapianto di fegato è stata pressoché azzerata e i tempi di attesa sono di solito di tre o quattro mesi".
Prosegue Spada: "Quando parliamo di trapianto di fegato in età pediatrica, ci riferiamo per i tre quarti dei casi a bambini con meno di due anni. Per lo più si tratta di pazienti affetti da atresia delle vie biliari, una malattia rara che porta a distruzione progressiva delle vie biliari con conseguente accumulo della bile nel fegato (colestasi), che a sua volta viene sottoposto a danno progressivo. Vediamo però anche molti casi di malattie metaboliche e neoplastiche".
A livello nazionale, secondo la proiezione del Cnt, i trapianti di fegato e rene si attestano circa sullo stesso calo percentuale dei trapianti nel loro complesso, quindi sull'8-9%. "Se consideriamo le donazioni di fegato nella nostra azienda – sottolinea Di Benedetto –, nonostante le difficoltà poste dalla pandemia, il numero dei trapianti di fegato è aumentato dai 71 eseguiti nel 2019 (tutti da cadavere) ai 77 realizzati nel 2020 (75 da cadavere e 2 da donatore vivente)".
Anche al Bambino Gesù si è registrato un lieve aumento rispetto al 2019, come conferma Spada: "Quest'anno abbiamo eseguito 32 trapianti pediatrici di fegato e 23 di rene, alcuni in più dell'anno scorso. Le liste d'attesa per il bambino sono più brevi rispetto a quelle dell'adulto. Nel nostro ambito, infatti, utilizziamo i fegati da donatore adulto che possiamo trattare con la tecnica split liver ed effettuiamo trapianti di rene e di fegato da donatore vivente. Al contrario, invece, risultano più difficoltosi cuore e polmoni che per ragioni di dimensione richiedono necessariamente un donatore pediatrico. In questo caso i bambini hanno meno chance degli adulti".
L'Ospedale Bambino Gesù di Roma si conferma il primo centro italiano di trapianto pediatrico, seguito dal Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
A livello nazionale, anche i dati pediatrici del Centro nazionale trapianti confermano la tenuta dell'attività del 2020 nonostante l'impatto della pandemia sul sistema sanitario, con una proiezione di calo intorno al 7-10% e una media di 220 pazienti in lista d'attesa di trapianto.
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