Aziende e regioni

In Emilia Romagna primo registro malattie reumatiche

di Alessandra Ferretti

Una mappa capillare sulla storia clinica e sulle terapie di migliaia di pazienti con artrite reumatoide e, da quest'anno, anche di quelli con spondilite anchilosante classica, spondiloartrite assiale pre-radiologica e artrite psoriasica. L'Emilia-Romagna è la prima regione italiana ad aver attivato un Registro pubblico Reumatologico.
Obiettivo del Registro è comprendere l'impatto dei nuovi farmaci biologici sulla vita reale dei pazienti, misurarne l'appropriatezza d'uso e valutare il fabbisogno terapeutico del territorio. La risorsa assicurerà ai pazienti terapie sempre più “su misura”, fornirà ai decisori informazioni per programmare interventi e scelte di politica sanitaria ad hoc e permetterà agli specialistici di confrontarsi sui casi clinici in base a parametri omogenei.

Carlo Salvarani, Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia all'Arcispedale Santa Maria Nuova Irccs di Reggio Emilia, è stato promotore del progetto di ricerca finalizzata Università/Stato-Regioni su proposta dell'UOC di Reggio Emilia, dal quale poi è scaturito il Registro pubblico Reumatologico. Spiega Salvarani: «Il valore clinico di questo Registro è fondamentale per diversi motivi. Anzitutto, ci consente di valutare l'appropriatezza terapeutica per un determinato agente biotecnologico, così come l'efficacia dei farmaci nella vita reale, al di là dei criteri molto rigorosi di inclusione dei trials clinici. In secondo luogo, trattandosi di un Registro prospettico e di popolazione, ci fornisce l'opportunità di valutare con precisione la sicurezza dei farmaci nel lungo termine. I dati raccolti serviranno per verificare e valutare la sicurezza dei farmaci confrontandoli tra di loro, studiare sottogruppi di pazienti non considerati nei trials clinici, fornire ai reumatologici parametri di valutazione omogenei dei pazienti con artrite reumatoide, spondilite anchilosante classica, spondiloartrite assiale pre-radiologica e in futuro anche artrite psoriasica».
I dati del Registro sono già stati utilizzati per realizzare uno studio appena pubblicato sulla rivista «Clinical and Experimental Rheumatology» sul trattamento dell'artrite reumatoide su 1.256 pazienti tra l'aprile 2012 e il marzo 2015. I pazienti erano divisi in tre gruppi: pazienti con artrite reumatoide (AR) di nuova diagnosi, pazienti con AR ad alta attività di malattia che iniziavano un biologico e pazienti con AR ad alta attività di malattia che continuavano il farmaco di fondo non biologico. Salvarani, uno degli autori dello studio, riferisce come i risultati siano «in linea con gli articoli già pubblicati sulla base dei dati del Registro britannico e di quello svedese. Essi confermano come la risposta dei pazienti trattati sia tanto migliore quanto più precoce è il trattamento e come, nel lungo termine, sia migliore nei pazienti trattati con una terapia biologica rispetto ad una tradizionale».
Il Registro è stato realizzato grazie a una partnership tra Regione Emilia Romagna, Associazione Malati Reumatici Emilia-Romagna (AMRER) e i centri della rete reumatologica dell'Emilia-Romagna, regione con 31mila pazienti con malattia reumatica, circa 12mila con artrite reumatoide.
Secondo recenti dati Istat, circa 1 italiano su 10 (8-10% della popolazione) convive con una delle oltre 120 diverse forme di malattie reumatiche, che comprendono sia patologie come artrosi, reumatismi extrarticolari, osteoporosi, sia forme a carattere infiammatorio o a genesi autoimmunitaria come l'artrite reumatoide, le spondiloartriti, le connettiviti e le vasculiti.


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