Decreto Pa, tutte le novità per la sanità

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

È stata pubblicata sul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 143 di mercoledì 21 giugno la legge di conversione del cosiddetto "decreto Pa": legge 21 giugno 2023, n. 74 – "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, recante disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche". La legge di conversione è entrata in vigore giovedì 22 giugno. Il decreto, inizialmente costituito da 30 articoli, consta ora di 40 articoli per via dei vari articoli bis, ter, ecc. inseriti in sede di conversione. Il provvedimento in questione riguarda il "Dl Pa", che consente alle pubbliche amministrazioni di potenziare le proprie strutture, con particolare riguardo a quelle coinvolte nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) o nella tutela della salute e dell’incolumità pubblica. Pochissime sono le norme specifiche per le aziende ed enti del Ssn: nessuna specificatamente dedicata e alcune sono applicabili in via generale.
Gli scarni interventi nei confronti della Sanità sono plausibilmente dovuti alla circostanza che molte norme sul personale sanitario, urgenti e congiunturali, erano contenute nel precedente Dl 34/2023 convertito in legge 56/2023. Vediamo quali sono.
Art. 1 (Disposizioni in materia di rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni centrali)
Benché la norma contenuta nel comma 4-bis possa considerarsi una parziale apertura per tali incarichi ai pensionati, per ora è limitata soltanto alle figure indicate espressamente nella norma. Costoro, se in possesso di "specifiche professionalità", potranno essere trattenuti in servizio con incarichi di studio e di consulenza fino al 31 dicembre 2026, anche se collocati in pensione. A beneficiare della deroga, però, sono solamente i segretari generali dei ministeri, i direttori di uffici dirigenziali generali e coloro che ricoprono incarichi di funzione dirigenziale di livello. Tecnicamente la disposizione è scritta male perché non si tratta di un vero e proprio trattenimento rispetto al rapporto di lavoro originario altrimenti non si comprenderebbe la deroga alla norma capestro della spending review che parla esplicitamente di "soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza": se il personale interessato è "trattenuto" vuol dire che formalmente non risulta "collocato in quiescenza". Proseguendo nell’art. 1, si incontra il comma 9-bis. La riserva nei concorsi pubblici a favore degli operatori volontari che hanno concluso il servizio civile universale senza demerito si applica anche nei concorsi del Ssn. Incomprensibile è il riferimento all’art. 5 del Testo unico del 1957 in quanto il principio che, in ogni caso, tutte le riserve cumulate, non possono superare il 50% dei posti previsti nel bando è contenuto nell’art. 5, comma 1 del Dpr 487/1994, attualmente in fase di revisione.
Nel comma 12-quater si alza da un anno a tre anni la durata di una particolare aspettativa. Si tratta dell’aspettativa senza assegni prevista dalla legge detta "collegato lavoro" (art. 18 della legge 183/2010) per avviare attività professionali e imprenditoriali. È una norma generale relativa all’ordinamento civile del tutto applicabile al personale della Sanità. Il comma 12-quinquies contiene due norme di tutela che hanno scatenato molte polemiche e che vengono qui prorogate. La proroga si riferisce al cosiddetto decreto "Semplificazioni" del 2020 che aveva introdotto durante lo stato di emergenza lo scudo legale. Con la lettera a) viene prorogato fino al giugno 2024 e consente di essere perseguiti dalla Corte dei conti esclusivamente per dolo o per assoluta inerzia. Con la lettera b), l’esclusione viene riferita al controllo concomitante della Corte. È anch’essa una norma generale relativa alla giurisdizione del tutto applicabile al personale della Sanità. Nel successivo comma 14-sexies viene trattata la tematica della formazione nel Piano integrato di attività e organizzazione. La disposizione si applica anche alle aziende ed enti del Ssn in quanto il Piao è obbligatorio per tutte le Pa con la sola esclusione della scuola. Ultima norma dell’art. 1 è il comma 14-septies che prevede azioni in materia di inclusione lavorativa. La norma, per quanto inconsistente e del tutto aleatoria, si applica anche alle aziende ed enti del Ssn.
Articolo 1-bis. (Modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di concorsi per il reclutamento del personale)
Questo lungo articolo interviene sulla normativa concorsuale. Sussistono molti dubbi sull’applicabilità alla Sanità di queste modifiche all’art. 35 del decreto 165 perché vige un regime di specialità costituito dai DPR 483/1997 e 220/2001 e l’esclusione è ora sancita esplicitamente dall’art. 1, comma 6 della bozza di revisione del DPR 487/1994 in fase di adozione. Nel merito, le aziende sanitarie non hanno nulla a che fare con la Ripam (comma 5) mentre alcuni dubbi sussistono sul comma 5-ter. Tuttavia, riguardo alle disposizioni dell’art. 35, quelle di valenza generale dovrebbero riguardare tutti mentre quelle che ineriscono a situazioni di dettaglio (la permanenza di cinque anni nella stessa sede) valgono solo per le amministrazioni centrali. Quello della validità delle graduatorie da sempre è un bel pasticcio ma non vedo come non si possa applicare, visto che il comma 5-ter riguarda tutti, come dimostrano le parole "sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali". Si precisa che la validità biennale delle graduatorie vale per quelle approvate dal 2020 perché prima della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) - che, all’art. 1, comma 149, ha modificato l’art. 35, comma 5-ter, del Tupi - invece, il termine di validità delle graduatorie era triennale. L'assurdità degli idonei al 20% deve essere affrontata dalle Regioni. A conferma di ciò può valere la lettera che i presidenti dell’Anci, dell’Upi e della Conferenza delle Regioni hanno inviato al Governo, criticando la previsione dettata dall’articolo 1 bis, che esclude la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di prevedere un numero di idonei (non vincitori) superiore al 20% rispetto al numero di posti messi a concorso. Viene anche ricordato che, per la parte relativa alla limitazione del numero di idonei si riprende una previsione dettata "dall’articolo 1, comma 361 della l. 145/2018 e poi successivamente abrogata dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 148 della l. 160/2019)". In ogni caso la disposizione è scritta molto male perché ipotizza due sole fattispecie (rinuncia e dimissioni) mentre si sarebbe dovuto dire "in caso di cessazione del rapporto" perché il dipendente neo assunto può essere licenziato per giusta causa o per impossibilità sopravvenuta ma anche decedere.
Il nuovo art. 35.1 non si applica alla Sanità per i motivi detti sopra e la stessa rubrica con quell’aggettivo "territoriale" dovrebbe dimostrarlo. La lettera c) si riferisce all’articolo introdotto in piena pandemia per semplificare i concorsi, mai applicato dalle aziende sanitarie. Il nuovo comma 3-bis, di conseguenza, non dovrebbe essere applicabile.
La lettera d) riguarda una particolare previsione dell’art. 3 della legge 133/2021 che aveva novellato l’art. 52, comma 1-bis del 165. In sede di conversione del Dl 80, infatti, era stata introdotta la possibilità che i contratti collettivi prevedessero – come tutti poi hanno fatto – una deroga al titolo di studio fondata sull’esperienza. Con questa modifica, nell’ambito della revisione degli ordinamenti professionali, i contratti 2019-2021 dei settori pubblici, possono definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dalle amministrazioni (e non più dalle amministrazioni di appartenenza) per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all’area dall’esterno. La norma appare inutile o prospettica perché i contratti in questione sono già stati tutti firmati. Per la Sanità la clausola è l’art. 22, comma 2, del Ccnl del 2.11.2022.
Articolo 1-ter. (Modifiche all’articolo 3 della legge 19 giugno 2019, n. 56, in materia di compensi per i componenti delle commissioni di esame)
Con la lettera a) viene toccata l’annosa questione dei compensi per le commissioni concorsuali disciplinata dalla legge "Concretezza" nel 2019 che – in virtù di una modifica intervenuta ad opera del Dl 162/2019 – era riservata alle sole amministrazioni centrali. Si ripristina in modo esplicito il testo originario ma la disposizione in realtà non dice nulla di nuovo perché nel Dpcm 24 aprile 2020, adottato dopo la modifica legislativa, all’art. 1, comma 5 si afferma con chiarezza che "le Regioni e le autonomie locali, nell'esercizio della propria autonomia, possono recepire quanto previsto dal presente decreto". In buona sostanza, si passa dalla possibilità espressa di recepimento finora permessa grazie alla norma del Dpcm alla diretta previsione del comma 13 dell’art. 3, ma in entrambi i casi non direttamente. Comunque, le aziende ed enti del Ssn possono applicare il solo in quanto la Regione lo abbia recepito ovvero la disciplina specifica oggetto di legge regionale.
Con la lettera b), in coerenza con quanto sopra, si estendono a tutte le amministrazioni comprese le aziende ed enti del S.s.n., le prerogative di deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, con il solo limite determinato in euro 240.000 annui, ai sensi della legge 89/2014,
Articolo 2. (Monitoraggio delle riforme per la pubblica amministrazione)
Vengono superate le disposizione della legge Madia e di due organismi si istituisce un solo Osservatorio generale. Sembra veramente inutile la costituzione di questo Osservatorio. Ho dei dubbi che si debba occupare pure della Sanità – anche in considerazione della scarsa incidenza del lavoro agile - perché per l’adozione del decreto del ministro della Pa non viene prescritto – come sempre avviene – la previa Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. L’abrogato comma 3-bis dell’art. 14 della legge Madia prevedeva l’istituzione di un analogo Osservatorio, limitato però al lavoro agile. L’art. 4 del citato Dpr 105/2016 disciplinava la "Commissione tecnica per la performance".
Articolo 3. (Disposizioni in materia di rafforzamento della capacità amministrativa degli enti territoriali)
La norma richiamata al comma 3 non riguarda la Sanità ma soltanto le Regioni a Statuto ordinario che possono stipulare contratti a tempo determinato la cui spesa, appunto, non rileva ai fini dell’art. 23, comma 2. Quella del comma 4 è una norma molto controversa nel senso se riguardi o meno la Sanità in senso stretto. Infatti, pur essendo ricomprese nell’art. 6 del Ccnl del 3.8.2021 come facenti parte del "Comparto della Sanità", le Arpa non sono integrate nel S.s.n. e hanno un finanziamento peculiare. Le 19 Arpa regionali, le due Appa delle province autonome di Trento e Bolzano e l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) compongono attualmente il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) istituito dalla legge 132/2016 e la loro missione istituzionale non è l’erogazione dei Lea bensì quello dei Lepta (o Leta).
Articolo 3-ter. (Misure per favorire il reclutamento di giovani nella pubblica amministrazione)
Articolo molto complesso che, a mio parere, non si può considerare diretto anche alle aziende ed enti del S.s.n. per i seguenti motivi: 1) il ricorso al portale del reclutamento che è escluso per le aziende ed enti del S.s.n. fin dal DL 44/2021; 2) il comma 3 afferma che il personale in questione “è inquadrato nell’area dei funzionari”, dizione riferibile soltanto alle Funzioni centrali (art. 13 del Ccnl del 9.5.2022) e non alla Sanità che per la quarta area utilizza una dizione differente; 3) il comma 4 contiene una disposizione incompatibile con l’ordinamento concorsuale della Sanità laddove l’art. 27, comma 6, del DPR 483/1997 e l’art. 11, comma 1, del Dpr 220/2001 prevedono espressamente la non valutabilità del titolo prescritto per l’accesso al concorso.
Articolo 19. (Disposizioni in materia di trattamenti accessori)
Il comma 2 di questo articolo è forse l’unica disposizione che riguarda la Sanità pubblica ma, anche in questo caso, va fatta una precisazione perché non è certo quella “in trincea”. Infatti l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) è una agenzia dotata di personalità giuridica e sottoposta alla vigilanza del Ministero della sanità, istituita con l’art. 5 del d.lgs. 266/1993 che, non è un caso, concerneva il riordino del Ministero della Sanità. In realtà, nel suo Statuto viene definita come "Ente pubblico non economico di rilievo nazionale" e ci sarebbe allora da chiedersi il motivo dell’inclusione nel comparto Sanità invece che in quello delle Funzioni centrali. La motivazione è verosimilmente che l’Agenzia è definita dall’art. 2, comma 357, della legge 244/2002 quale “organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale”, senza peraltro che questo voglia dire che “fa parte” integrante del Ssn. Detto questo riguardo alla anomalia istituzionale, il contenuto di questo comma 2 si riferisce senz’altro all’art. 103 del Ccnl del 2.11.2022 che, anche se in modo improprio, si applica al personale del comparto dipendente dall’Agenas. L’incremento del Fondo contrattuale è del tutto spropositato in quanto i dipendenti interessati sono 185 e risulta dunque un beneficio pro-capite di circa 10.800 euro e sembra davvero un insulto al personale delle aziende ed enti della sanità pubblica. I due milioni sono sottratti dal Fondo di 100 mln relativo alle Funzioni centrali citato nella norma. Si rileva una dimenticanza piuttosto grave perché l’incremento disposto da questo art. 19 non risulta che sia in deroga al limite di cui all’art. 23, comma 2 del d.lgs. 75/2017.
Il comma 4-bis, con la modifica apportata, estende a tutta la convenzionata la sanatoria adottata in pieno stato di emergenza in relazione alla non ripetibilità di somme indebitamente percepite, salvo che nei casi di dolo o colpa grave. Norma assai strana perché aveva lo scopo “di fronteggiare l'emergenza epidemiologica conseguente alla …..” e, credibilmente assume ancora un interesse in quanto su tali somme si sono innestati numerosi contenziosi presso le sezioni della Corte dei conti. In ogni caso, per correttezza di tecnica legislativa, la modifica doveva essere riportata anche nella rubrica dell’art. 24-bis.
Articolo 26. (Disposizioni per il funzionamento della Lega italiana per la lotta contro i tumori)
Nonostante la delicata e importante materia trattata dalla Lilt riguardi la "salute", si deve segnalare che la Lega non è un azienda o ente del Ssn. perché risulta essere uno dei 21 Epne tabellati nel comparto delle Funzioni centrali di cui all’art. 3, III gruppo, del Ccnq del 3.8.2021.