Lavoro e professione
Ddl Bilancio: torna l’ipotesi del silenzio assenso per trasferire il Tfr ai fondi pensioni ma l’Inps è contrario
di Claudio Testuzza
24 Esclusivo per Sanità24
Nella discussione in corso sulla legge di bilancio 2025 torna l’ipotesi di un rinnovo della norma sulla riapertura del semestre di silenzio assenso per destinare automaticamente il trattamento di fine rapporto (Tfr) ai fondi pensione. L‘obiettivo è rafforzare la previdenza complementare per dare ai futuri pensionati un assegno che sia più possibile vicino all’ultimo stipendio.
Il Tfr rappresenta un vero e proprio compenso differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di favorire il lavoratore al superamento delle difficoltà economiche connesse con il venir meno della retribuzione. È quindi parte integrante del salario lordo, ma non disponibile immediatamente. Si tratta di un salario differito, del quale è proprietario il singolo lavoratore, e che il datore di lavoro trattiene e di cui è responsabile, con il compito di reinvestirlo all’interno dell’azienda.
Il concetto del “trattamento di fine rapporto”, venne introdotto per la prima volta in Italia dal XVII disposto contenuto nella Carta del Lavoro, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1927, che stabiliva il diritto del lavoratore ad un’indennità proporzionata agli anni di servizio svolti. Il trattamento di fine rapporto, denominato “indennità di anzianità” o “indennità di servizio” o “liquidazione”, veniva calcolato sulla base del prodotto dell’importo dell’ultima mensilità di retribuzione per il numero degli anni di servizio prestati. Attualmente il trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per lo stesso anno divisa per 13,5. Il Tfr è incrementato, poi, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
In passato, grazie al più generoso sistema di calcolo retributivo, abolito dalla riforma Fornero del 2012, i lavoratori italiani potevano contare su una pensione pubblica che garantiva anche oltre l’80% del proprio stipendio. Oggi, la situazione è cambiata e le tendenze demografiche e finanziarie indicano un futuro incerto e probabilmente meno prospero. Secondo le proiezioni dell’Inps il tasso di sostituzione, cioè il rapporto tra il primo assegno pensionistico e l’ultimo reddito da lavoro percepito, è destinato a scendere drasticamente, con le stime del Mef che indicano un calo dall’attuale 70% al 59% nel 2070 per i dipendenti privati e una diminuzione dal 55% ad un modesto 47% per i lavoratori autonomi
Questa condizione pensionistica restrittiva ha imposto la creazione di un sistema di previdenza integrativa ed in una fase iniziale la previsione del versamento delle quote di Tfr ai così detti fondi pensione anche mediante il sistema del “ silenzio-assenso ”. L’obiettivo della previdenza complementare è, dunque, integrare la pensione pubblica accantonando una parte dei risparmio in un’ottica di lungo periodo, che però prevede la possibilità di accedere a prestazioni intermedie, erogate cioè prima del raggiungimento dei requisiti pensionistici. Le somme accumulate nella propria posizione individuale restano a disposizione dell’iscritto anche nel corso della propria vita lavorativa, seppur con modalità e con riferimento ad alcune specifiche circostanze, e possono essere richieste per anticipazioni, riscatti e trasferimenti.
Tutti possono aderire ad un Fondo pensione, godendo di una serie di vantaggi fiscali in tutte le fasi di partecipazione: dalla deducibilità dei contributi versati, alla tassazione agevolata in fase di erogazione. Il costo di adesione al Fondo pensione dipende dalla forma pensionistica scelta, è rappresentato dall’Indicatore sintetico dei costi (Isc) ed è confrontabile attraverso il comparatore dei costi messo a disposizione sul sito dell’Autorità di Vigilanza. Si può contribuire al Fondo pensione versando un proprio contributo e il Tfr ( per i lavoratori dipendenti ). In alcuni casi, è anche previsto il contributo da parte del datore di lavoro. I Fondi sono per lo più gestiti dalle categorie dei lavoratori, ma anche, in passato dalla stessa Inps trattenendo il Tfr di coloro che non avessero scelto il proprio Fondo. Questa realtà ha avuto, però, poca vita ed è stata accantonata dallo stesso Istituto previdenziale verso cui continuano a confluire i trattamenti di fine rapporto non utilizzati ai Fondi.
Dal 2007 al Fondo di Tesoreria dell’Ente sono confluiti 98,5 miliardi, circa sei miliardi l’anno, di risorse del trattamento di fine rapporto lasciato nelle grandi aziende dai lavoratori. L’ipotesi di un rinnovo della norma sulla riapertura del semestre di silenzio assenso per destinare automaticamente il trattamento di fine rapporto (Tfr) ai Fondi pensione rischia di asciugare, o quanto meno drenare un po’, un flusso di risorse per l’Ente. Secondo la legge, infatti, in caso di imprese con più di 50 dipendenti, il Tfr lasciato in azienda confluisce nel Fondo di Tesoreria dell’Istituto di Via Ciro il Grande, utilizzato sì per erogare quanto dovuto una volta lasciato il lavoro, ma nel frattempo anche come forma di spesa corrente dell’ente.
Perdere le risorse sarebbe tuttavia un problema. Ecco perché il presidente dell’Istituto ha ritenuto “importante e ragionevole” discutere della possibilità di dotare nuovamente Inps di un proprio Fondo complementare. Lo strumento era stato creato nel 2007, quando ci fu il decollo del settore proprio con la norma del silenzio-assenso. Dedicato ai lavoratori che non avevano un contratto di riferimento, si era rivelato inefficiente, con un patrimonio di circa 80 milioni e 28 mila iscritti, di cui appena 6 mila attivi. Nel frattempo la norma sui silenti aveva dato impulso al sistema, con un aumento degli iscritti alla complementare balzato da 3,2 milioni a 4,5 milioni. La legge di Bilancio 2018 aveva quindi previsto la soppressione di FondInps e il passaggio delle posizioni individuali in un Fondo più grande. La scelta è ricaduta su Cometa, il Fondo dei metalmeccanici.
Ora la palla passa all’iter parlamentare. Inizialmente cassato, l’emendamento sui sei mesi è stato ripescato ed ora è nell’elenco dei segnalati dai Fratelli d’Italia, ossia nella lista dei correttivi che il partito di Giorgia Meloni considera prioritari.
La volontà generale è comunque quella di potenziare la previdenza complementare ma sembra importante sottolineare che per meglio valorizzare questo fronte previdenziale integrativo è necessario, però, prevedere, anche, che gli investimenti dei Fondi siano favorevoli ad un giusto risparmio che crei, nel tempo, una sicura pensione integrativa. La presenza di un investitore paziente, senza vincoli di liquidità e liquidabilità può giocare un ruolo rilevante per dare nuova energia al mercato. L’Inps sarà in grado di attivarsi favorevolmente oggi e per il futuro, su questo fronte dopo non averlo dimostrato nel passato ?
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