Lavoro e professione

Il Ssn in via di desertificazione per evitare il collasso richiede scelte mirate a cominciare dalla formazione

di Renzo Ricci *

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24 Esclusivo per Sanità24

Negli ultimi anni, il sistema sanitario italiano ha affrontato una serie di sfide senza precedenti, e una delle principali cause è la diminuzione della popolazione giovane, in particolare della fascia dei 19enni. Secondo i dati Istat, la popolazione di 19enni in Italia è crollata del 48% dal 1982 al 2021, passando da 971.000 individui nel 1984 a soli 576.000 nel 2021. Questa tendenza demografica ha ripercussioni dirette sulla formazione di nuovi professionisti e sulla capacità del Paese di sostenere un sistema sanitario già messo a dura prova da una popolazione in costante invecchiamento e da una crescente domanda di servizi.
Questa realtà è ulteriormente aggravata dalle scelte educative dei giovani italiani. Durante l’anno accademico 2021/2022, la distribuzione degli immatricolati alle università italiane mostra che solo il 16,6% ha scelto di specializzarsi nell’area sanitaria, agro-veterinaria e affini, una percentuale molto bassa rispetto ad altre aree disciplinari. La maggioranza degli studenti ha optato per l’area economico-giuridico-sociale (34,5%), seguita da Stem (30,2%) e dall’area artistica-letteraria ed educazione (18,7%).
Gli ospedali e le strutture sanitarie, già alle prese con le pressioni derivanti dall’invecchiamento demografico e dalle emergenze sanitarie globali, trovano difficile reclutare e formare un numero sufficiente di nuovi professionisti. Questa situazione si traduce in carichi di lavoro insostenibili per gli operatori esistenti, con un aumento dei rischi di esaurimento professionale e un potenziale calo nella qualità dei servizi offerti.
L’analisi dei dati impone l’adozione di politiche mirate che incentivino i giovani a scegliere percorsi formativi in ambito sanitario come porta di accesso a professioni rese finalmente più attraenti. Gli inevitabili tempi complessivamente lunghi di tali politiche non ne rende meno urgente l’adozione, anche perché alcuni interventi potrebbero generare effetti sin da subito.
Si tratta in primo luogo di intervenire sul percorso universitario con misure che potrebbero includere programmi di supporto economico (borse di studio dedicate), ma anche una formazione più immersiva attraverso l’utilizzo di tecnologie come la realtà aumentata e simulazioni pratiche al fine di integrare l’apprendimento teorico con esperienze sul campo, rendendo la formazione più coinvolgente e il passaggio al lavoro più immediato.
I contenuti del lavoro sanitario e la sua attrattività rimangono comunque il terreno centrale, ma anche l’ambito più complesso.
Per diventare più attrattivi servono politiche di valorizzazione delle eccellenze sganciate dall’attuale sistema degli incarichi per rendere più veloce e flessibile la loro attuazione.
È indispensabile migliorare le condizioni di lavoro con turni più flessibili attraverso l’uso di tecnologie integrate per snellire i processi burocratici. Applicare politiche di welfare al personale sanitario potrebbe favorire la partecipazione dei professionisti.
Anche la ridistribuzione razionale dei compiti (task-shifting/sharing) tra le differenti professioni sanitarie, potrebbe essere un’importante soluzione finalizzata a migliorare la salute delle persone, se vista come strategia organizzativa per contribuire allo sviluppo di nuovi sistemi sanitari e al rinnovamento di concetto di salute. In conclusione, il sistema sanitario italiano si trova a un bivio che richiede interventi rapidi e mirati per evitare un collasso strutturale. Solo un’azione decisa, orientata a un miglior utilizzo della tecnologia, un uso più funzionale delle competenze e un rinnovamento del contesto normativo, potrà garantire al sistema sanitario un domani più solido e resiliente.

* Coordinatore del gruppo Dirigenti della Fno Tsrm e Pstrp


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