Lavoro e professione

L’emergenza-urgenza compie 25 anni: il Manifesto Fimeuc per rilanciare le cure

di Barbara Gobbi

L’emergenza sanitaria, intesa come livello assistenziale, ha appena compiuto il suo primo quarto di secolo: nacque con Dpr il 27 marzo 1992. Poi, è stato tutto un susseguirsi di “mattoncini”, che hanno contribuito - non senza contraddizioni - a costruire un palazzo robusto, fatto di codici di priorità, sistemi di allarme (numero 118) e di accettazione (Pronto soccorso e Dea), primi requisiti per il personale, con tanto di individuazione - cinque anni dopo - della disciplina di Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’Urgenza. E ancora, per grandi falcate, ci sono nel 2001 l’affacciarsi del triage e l’inserimento delle attività di Emergenza territoriale e di Pronto soccorso nei primi Lea. Nel 2006, l’istituzione della Scuola di specializzazione in Medicina d’emergenza-urgenza, che oggi “sforna” 100 specialisti l’anno. Tra 2013 e 2016, le Linee di indirizzo per la riorganizzazione del sistema in rapporto alla continuità assistenziale, il patto Salute, il “Dm 70” e l’Accordo Stato-Regioni sul numero europeo 116117.

Un universo ricchissimo e complesso, come ha ricordato la Federazione italiana di Medicina delle emergenze-urgenze e delle catastrofi (Fimeuc) in occasione dell’incontro, organizzato al Senato, sul tema “Il Sistema di emergenza-urgenza sanitario: 25 anni dopo”. «Abbiamo migliorato la qualità dell’assistenza preospedaliera e ospedaliera per le patologie tempo-dipendenti e per quelle ad elevato rischio di evoluzione negativa», affermano con orgoglio dalla Federazione. Rivendicando anche il ruolo “solidale” espresso - in attesa della ormai eternamente rinviata riforma delle cure primarie - nei confronti dei soggetti più vulnerabili, dagli anziani ai poveri, ai migranti. Ma i medici Fimeuc vogliono soprattutto analizzare lo stato dell’arte e formulare, o meglio riformulare, proposte di miglioramento (si veda la tabella allegata) che siano finalmente ascoltate da istituzioni e decisori politici.

L’analisi delle criticità. Venticinque anni dopo, il Sistema di emergenza intende togliersi ben più di un “sassolino” dalla scarpa. Anche perché, così come è sempre in prima linea nell’accoglienza, è anche il primo a entrare nell’occhio del ciclone in momenti topici. Basta un “banale” picco influenzale perché emergano magagne e conseguenti attacchi mediatici. Non va tutto bene, questo ci tengono a dirlo forte e chiaro, i medici dell’emergenza-urgenza.

Venticinque anni non sono passati invano, molto si è fatto. Ma i tagli imposti al Servizio sanitario nazionale a partire dal 2004 pesano come una zavorra. A elencare percorsi, crisi e proposte interviene allora il “Manifesto Fimeuc” 2016-2018, che contiene un’analisi lucida delle conseguenze che una serie di interventi drastici ha provocato sulle strutture, sul personale e in definitiva sui pazienti.

«L’Annuario statistico nazionale del 2013 - si legge nell’Analisi diffusa dalla Federazione - parla di una contrazione del 4% del numero di strutture pubbliche e dell’1,4% del numero di strutture private accreditate per effetto degli interventi di razionalizzazione delle reti ospedaliere nel periodo in esame. Sempre nel 2013, anno in cui erano disponibili poco più di 199.000 posti letto per degenza ordinaria (3,72 posti letto ogni 1.000 abitanti dei quali solo 3,13 per acuti, a fronte di una media europea di circa 5,5/1000) - con Pronto soccorso presenti nell’81,6% degli ospedali (e Pronto soccorso pediatrico solo nel 17,5%) - si sono registrati circa 3,4 accessi al Pronto soccorso ogni 10 abitanti, per un totale di 20.551.053 accessi». Di questi, solo il 14,7% è stato seguito da ricovero (in costante e progressiva riduzione rispetto agli anni precedenti): grazie al lavoro - aggiungono dalla Fimeuc - di stratificazione del rischio, diagnostica anche avanzata, cura e dimissione protetta, svolto dai medici dell’emergenza nei Ps e nelle Osservazioni breve intensive (Obi) della cui attività, a meno di una modifica del decreto sui flussi Emur del 2008, non esiste traccia. Poi, la ciliegina sulla torta: «L’applicazione del Dm 70/2015 su tutto il territorio - ricordano ancora dalla Federazione - si tradurrà a regime in una perdita di 14.043 posti letto per acuti e in un guadagno di 6.653 posti per subacuti con una perdita totale di 7.389 posti letto».

La “bomba” H16. Una vera e propria “bomba a orologeria” su un sistema «già al limite delle sue risorse», è poi considerata l’adozione del modello di assistenza H16. «Con un territorio che deve dare ancora le sue risposte - si legge ancora nel testo presentato dalla Fimeuc a Roma - si riverseranno ulteriori pazienti provenienti dal settore cure primarie, visto che si prevede l’operatività della continuità assistenziale fino alle 24.00 dei giorni feriali e fino alle 20.00 del fine settimana. Non è la dimensione del prevedibile incremento di accessi che spaventa, ma il fatto che questa venga programmata dalle stesse Istituzioni che da anni, insieme ai media e ai cittadini, hanno riconosciuto la necessità di uno sviluppo delle cure primarie in tutte le sue forme per ridurre il carico di non appropriatezza dell’Emergenza-urgenza, vicina a una situazione di collasso, dove già non l’abbia oltrepassata».

Mondi che non dialogano. Il sistema di emergenza-urgenza, oggi ormai ben più che maggiorenne, rimane ancora fortemente legato alla distinzione tra una fase territoriale (incardinata nelle attività distrettuali) e una fase ospedaliera, «quando è oramai chiaro che un’integrazione dei professionisti è indispensabile per la presa in carico totale del paziente e per garantire la crescita culturale, operativa e di carriera degli operatori. Complici di questa situazione - avvisano ancora dalla Fimeuc - sono gli ostacoli amministrativi che derivano dalla modalità iniziale di reclutamento del personale, tra i convenzionati a tempo indeterminato della guardia medica in base all’articolo 22, comma 5, del Dpr 41/1991 e in ospedale a rotazione dai reparti».
È urgente - avverte la Fimeuc - riformare un sistema dove per le stesse patologie e le stesse cure operano medici con livelli di formazione diversa e con contratti diversi (dipendenza a tempo determinato o indeterminato, contratti atipici, convenzionati a tempo determinato o indeterminato) a molti dei quali (che non rientrano in nessuno degli articoli del Dpcm 2015 per la stabilizzazione dei precari) è ancora impedito l’accesso alla dirigenza e alla dipendenza a causa della cessata efficacia dell’articolo 8, comma 1-bis, del Dlgs 229/99.

Lea o non Lea? L’emergenza-urgenza, sebbene inserita dal 2001 tra le prestazioni garantite dal Ssn, non ha visto nell’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza una rivisitazione degli articoli 7 e 37. «Pur necessaria - avvisano ancora dalla Federazione - per definire le attività e i servizi da garantire ai cittadini nella attuazione del Dm 70/2016 e del Patto della Salute. Infatti il nuovo regolamento introduce il concetto di cure in rete e non nel singolo presidio, rendendo irrinunciabile una organizzazione dipartimentale e una riqualificazione degli interventi in emergenza-urgenza che, da semplici interventi di stabilizzazione diventano, nella nostra proposta, interventi di valutazione, diagnosi, trattamento e stabilizzazione del paziente adulto e pediatrico, in virtù delle conoscenze scientifiche sopraggiunte e delle competenze acquisite. Per gli stessi motivi è opportuno anche una riclassificazione dei mezzi di soccorso in: base - con soccorritore esperto) - intermedio (con infermiere Ssn) ed avanzato, con medico di emergenza e infermiere del Ssn».


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