Dal governo
Cento anni dalla grande guerra: dall’Asinara a Vittoria vite spezzate e germogli di sanità
di R.Tu.
Si moriva in trincea, sotto i colpi di cannone, infilzati dalle baionette nemiche. Milioni e milioni sono state le vite spezzate sotto i colpi della grande guerra. La prima guerra mondiale, giusto cent'anni fa. Un pezzo della nostra storia tra i più crudeli, sanguinario come solo fascismo e nazismo hanno saputo essere. E non dimentichiamo quegli italiani ed europei, ma non solo, che lasciavano i campi o le città di un'Italia agricola, dove iniziavano appena a circolare i germi dei diritti umani. Piccoli germogli, lavoratori alla frusta. Italiani che neanche sapevano cosa fossero le cure. L'istituzione-guida era il ministero dell'Interno. E la salute un problema di sicurezza. Tra colera, malaria, tbc, le malattie infettive erano un flagello. E perfino i piccoli malanni diventavano micidiali per tanti, per chi meno poteva, poi, anche di più.
Questa era l'Italia cent'anni fa. Quella che nell'isola dell'Asinara, in Sardegna, o a Vittoria, in Sicilia, ospitava colonie penali, campi di concentramento. Poi anche sanatori veri e propri. Poi campi per deportati, rifugiati. E prigionieri di guerra dell'Italia. Austro-ungarici, ma non solo. Che come in questi mesi drammatici i migranti sui barconi, proprio su barconi maleodoranti, ma salvifici, sbarcavano sulle coste di quei minuscoli territori.
Sono pezzi della nostra storia passata da ricordare sempre, pezzi di noi che non ci sono più, ma che devono restare fotografati nella memoria e nello spirito civile di tutti. Di questo, in fondo, tratta il bellissimo volume curato dall'Iss per la collana «Memorie e attualità tra storia e salute», dal titolo «Riflessioni sulla sanità pubblica in Italia a cento anni dalla Grande Guerra a partire dall'esperienza dell'Asinara e di Vittoria», presentato oggi a Roma.
Ogni pagina ci porta una riflessione. Ogni paragrafo una sofferenza. Ogni riga il pensiero che “non deve più avvenire”. Ogni virgola il ricordo di vite andate via troppo presto e inutilmente. Perché la guerra non è mai salvifica. Perché la libertà non è carne da macello per cannoni. O per carrette del mare. Per questo, ringraziamo gli autori. Per questo, vogliamo dare loro la giusta visibilità. Perché la memoria è cosa viva. E' vita, è scudo all'orrore futuro.
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