Aziende e regioni

Focus/ L’Assistenza domiciliare integrata ai tempi del Pnrr: cresce l’Adi “prestazionale” ma resta il gap sugli anziani complessi

di Laura Pelliccia *

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24 Esclusivo per Sanità24

L’assistenza domiciliare nel nostro Paese ha storicamente sofferto dei limiti di uno sviluppo disomogeneo tra le regioni, di un’erogazione di interventi solo sporadici/prestazionali e della mancanza di un raccordo tra filiera sanitaria e sociale. Per questi motivi l’intervento pubblico per gli anziani non autosufficienti a domicilio non si risultava adeguato alle esigenze di questa condizione.
Il Recovery Plan ha messo al centro l’Adi, proseguendo un processo di impulso all’assistenza in questo setting avviato con il Decreto Rilancio e proseguito con i processi di riforma della nuova sanità territoriale (Dm 77). Oggetto di queste azioni sono proprio gli anziani: entrambe queste politiche hanno infatti individuato come target quello di servire con l’Adi il 10% degli over 65enni, obiettivo finale dell’investimento M6C1.121 declinato dal Pnrr in tappe intermedie annuali. Ogni regione ha il compito di incrementare ogni anno un predeterminato numero di utenti anziani, a prescindere dai livelli di effettiva erogazione che ogni assistito riceve. Tali scelte sono state confermate anche con la rinegoziazione Pnrr che il nostro Paese ha concordato con l’Unione europea a fine 2023: a seguito di questa modifica, a conclusione di questo investimento dovranno essere assistiti a domicilio 842.000 anziani in più rispetto al 2019 (i provvedimenti operativi hanno previsto che le regioni raggiungano l’obiettivo finale entro il 2025).
Nel 2023 il Paese ha centrato il target annuale Pnrr di aumento del numero di anziani assistiti, un risultato conseguito dalla quasi totalità delle regioni (fanno eccezione solo Sardegna, Campania e Sicilia).
Come stanno cambiando le cure domiciliari? È utile un confronto tra alcuni indicatori pre e post Pnrr, per fare il punto sullo stato della domiciliarità e trarre alcune prime considerazioni sull’efficacia operativa delle politiche sinora implementate.
Come sta cambiando l’Adi? Un confronto pre e post Pnrr
Per verificare cosa sta cambiando nelle cure domiciliari sono stati calcolati alcuni indicatori sulle dimensioni maggiormente significative di questo servizio riferite all’epoca pre e post Pnrr.
Prima del Piano erano assistiti in Adi circa 650mila anziani, numero lievitato a 1,17 milioni nel 2023, equivalente all’8,4% degli over 65. Per molte regioni ciò ha significato un più che raddoppio degli assistiti nel solo ultimo biennio (si veda Fig. 1). Come premesso, la numerosità degli utenti è il solo elemento che rileva ai fini del conseguimento del target Pnrr. Per ricostruire il profilo dell’Adi a 360°, è utile osservare anche l’evoluzione degli ulteriori elementi che contraddistinguono questo servizio. Ad esempio l’intensità degli accessi, la durata della presa in carico, i volumi di accessi assicurati dal Ssr, la tipologia di professionisti che intervengono.
Con quale frequenza questi anziani hanno ricevuto accessi al domicilio? L’attuale sistema di classificazione delle cure domiciliari prevede che gli interventi siano categorizzati in diversi livelli di intensità, sostanzialmente sulla base della frequenza con cui l’utente ha ricevuto accessi nel periodo in cui è stato in carico a questo servizio:
• le cure domiciliari di base (quelle con meno di un accesso a settimana/prestazionali/ di bassa complessità);
• le cure domiciliari integrate (quelle con più di un accesso alla settimana, per bisogni che risultano da valutazione multidimensionale e da Pai).
La fotografia dell’intensità al 2023 (Fig. 2) rivela che l’Adi è consistita per il 59% di interventi prestazionali e solo per il 41% di Adi vera e propria. Merita una riflessione la numerosità degli interventi iniziati e conclusi nello stesso giorno (un sottoinsieme delle cure domiciliari di base): nel 2023 il loro peso sul totale è stato pari al 39%, in rilevante aumento rispetto al dato 2021 (15%).
La distribuzione per livelli di intensità, pur essendo un elemento significativo, non basta a rappresentare i volumi complessivamente erogati tramite questo servizio e l’impegno che ha comportato per quel Ssr . È più utile, a tale scopo, fare riferimento al numero di accessi (Fig. 3). Mediamente ogni anziano nel 2023 ha ricevuto 14,3 accessi di operatori, una cifra in diminuzione rispetto a quella pre Pnrr (l’Annuario Statistico Ssn 2021 riportava 15,6 ore per anziano). Il primo bilancio degli effetti del Recovery Plan è quello di una spinta propulsiva alla massimizzazione della numerosità degli utenti. Gli accessi di operatori al domicilio, rispetto al pre Pnrr, sono aumentati, ma con una velocità inferiore alla notevole crescita del numero di utenti, con un conseguente effetto di polverizzazione dell’assistenza sull’ampliamento della casistica (si stima che ogni utente incrementale rispetto al 2021 abbia ricevuto 12 accessi). Si tenga conto che la metodologia utilizzata dal Pnrr per valorizzare il pacchetto standard da erogare agli 800.000 nuovi assistiti aveva stimato un’erogazione media per anziano di circa 39 accessi annui .
Per quanto tempo gli anziani sono presi in carico? Si tratta di un elemento di rilievo, considerate le crescenti esigenze della cronicità e della non autosufficienza, bisogni indicativi dell’esigenza di cure domiciliari di lunga durata. Le prime evidenze sull’ erogazione del 2023 segnalano che mediamente ogni anziano è stato complessivamente assistito in Adi per circa 3 mesi (123 giornate di cura), con una forte variabilità tra le regioni (da un minimo di 16 a un massimo di 359 giorni). La durata media di ogni presa in carico (ogni anziano può essere stato preso in carico e dimesso dal servizio più volte nello stesso anno) è di poco più di due mesi (Fig. 3).
Quale tipo di assistenza ha erogato l’Adi? Può contribuire a ricostruire l’identikit di questo servizio una panoramica sul mix dei professionisti impiegati nel 2023 (Fig. 4). Oggi l’Adi si sostanzia prevalentemente di accessi infermieristici (56,7%), seguiti in ordine di importanza da quelli dei professionisti della riabilitazione (15,4%) e dagli OSS (10,7%); il 10,2% degli accessi è assicurato dagli Mmg. Prima del Pnrr il contributo degli infermieri aveva un peso molto meno marcato (poco più del 30%), insomma il livello di multiprofessionalità degli interventi era più evidente. Può darsi che sia l’effetto dell’introduzione dell’infermiere di famiglia e del relativo contributo alle azioni di prevenzione della cronicità;
Un primo bilancio
L’attenzione delle politiche del nostro Paese per l’assistenza domiciliare è indubbiamente cresciuta. Aver assegnato alle regioni obiettivi specifici su questo setting è un passo avanti per la costruzione della nuova sanità territoriale, per un sistema che finora aveva limitato la definizione di target solo per i servizi più tradizionali (ricoveri, specialistica ambulatoriale).
Lo sviluppo dell’ Adi è un dato di fatto; tuttavia, dalle prime evidenze, sembra che le relative modalità di diffusione presentino anche alcuni limiti. Sta aumentando soprattutto un tipo di Adi di breve durata e scarsa frequenza degli accessi che probabilmente corrisponde ad azioni di sanità d’iniziativa o, al massimo ad esigenze di bassa complessità clinica e sociale di tipo sporadico/estemporaneo (un modello di tipo prestazionale). Gli interventi più intensivi, continuativi e multidisciplinari non hanno trovato la stessa spinta propulsiva, continuando a essere di nicchia: gli utenti nei livelli più elevati della piramide della cronicità con bisogni multipatologici, limitazioni funzionali e elevati bisogni sociali non sembrano beneficiare adeguatamente dello sviluppo dell’Adi.
Non sappiamo ancora quanto la crescita del numero di utenti dell’Adi sia stata realmente funzionale all’intero Ssn, ovvero se abbia contribuito a prevenire/ritardare le istituzionalizzazioni, i ricoveri inappropriati e gli accessi in Ps . Non si può escludere che nel Paese si stia ricorrendo di più all’Adi per ridurre le degenze ospedaliere e limitare i ricoveri inappropriati/ripetuti. Tuttavia le evidenze sulla durata degli interventi sembrerebbero dimostrare che non si vada oltre la mera fase della gestione delle acuzie/post acuzie e che il servizio non si trasformi in un sostegno continuativo nei casi in cui il bisogno diventa di tipo Long Term Care.
La limitata durata degli interventi domiciliari, la scarsa intensità del servizio rispetto ai bisogni effettivi degli anziani e le scelte di potenziare soprattutto gli interventi domiciliari semplici/di supporto proattivo - a discapito di quelli multiprofessionali e continuativi - suggeriscono l’esistenza di ulteriori margini di miglioramento per l’efficacia di questo servizio. Fino ad oggi probabilmente le regioni hanno sviluppato prevalentemente l’Adi prestazionale perché gli eventuali investimenti su un’ Adi più intensiva e integrata non sarebbero stati valorizzati dai sistemi di monitoraggio del Pnrr e del DM77. Il rischio è dunque che queste politiche abbiano accentuato alcuni limiti preesistenti, in particolare quello di non riuscire ad incentivare livelli di risposte adeguati ai bisogni.

* Analista di politiche sociosanitarie, collaboratrice di Network Non Autosufficienza, lombardiasociale.it, welforum.it


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