Aziende e regioni

La prova del diritto al rimborso dell’Irap pagata in più per la mancata deduzione dei contributi Inail

di Roberto Caselli

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24 Esclusivo per Sanità24

L’Agenzia delle Entrate è ancora restia ad accettare la ormai consolidata posizione della Corte di Cassazione in merito alla deducibilità, da parte di tutte le Aziende del Ssn, dei contributi pagati all’Inail per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni. Lo dimostra il fatto che anche nelle istruzioni per la compilazione della Dichiarazione Irap 2022 si precisa, in linea con la Circolare del 26 Luglio 2000, n. 148/, E che l'ente pubblico può dedurre tali contributi solo con il metodo del VPN (colonna 2 del rigo IK 20, solo per il personale della sfera commerciale) e non con il metodo retributivo, ignorando le sentenze n. 15036 e 15037 del 16 giugno 2017 , n. 29867 del 13 dicembre 2017 e n. 11021 del 19 aprile 2019.
Inoltre, mentre in generale gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate hanno provveduto, a seguito delle controversie decise dalla Suprema Corte, a disporre i rimborsi i tempi brevi, in altri casi è stato necessario un ulteriore passaggio presso la Commissione Tributaria Regionale di riferimento, con allungamento dei tempi relativi.
Per una ulteriore conferma dell’indirizzo ormai consolidato delle Suprema Corte e per la prova del diritto al rimborso si segnala una recente sentenza della Ctr del Veneto (n.982/2022 depositata il 22 agosto) sull’istanza di riassunzione di un appello di un’azienda sanitaria veneta, a seguito dell’Ordinanza della Corte di cassazione n . 33043/2019 che aveva accolto il ricorso dell’azienda stessa.
La sentenza, dopo aver premesso che, per quanto riguarda la fondatezza del diritto al rimborso da parte dell’azienda sanitaria, non può in alcun modo discostarsi dal principio chiaramente enunciato nell’ordinanza della Cassazione, precisa che il Collegio doveva limitarsi alla valutazione, sulla base della documentazione e degli atti prodotti in giudizio, dell’effettiva consistenza del credito della contribuente al rimborso dell’Irap pagata in eccedenza nelle annualità oggetto della controversia.
L’Agenzia delle Entrate aveva contestato la mancanza di prove adeguate per dimostrare che i contributi Inail non erano stati dedotti dalle retribuzioni dei dipendenti , nonché l’obbligo della corresponsione degli interessi.
La sentenza ha ritenuto valida la documentazione fornita dall’Azienda per dimostrare che la aveva effettivamente operato i versamenti a favore dell’Inail nelle varie annualità e che, nelle dichiarazioni Irap, la base imponibile era stata indicata senza scomputare i contributi Inail.
Le motivazioni, pienamente condivisibili, affermano un principio che potrà essere valido anche in giudizi analoghi, in cui documenti illustrativi firmati dall’organo amministrativo di un azienda pubblica, sono considerati inattendibili in giudizio.
Precisa la sentenza che "i prospetti annuali firmati dal direttore amministrativo della ricorrente, posti in relazione con le dichiarazioni Irap delle corrispondenti annualità, appaiono al Collegio sufficienti a provare l'effettività e l'inerenza dei versamenti; le stesse dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà attestanti la procedura seguita per il calcolo della base imponibile Irap sottoscritte dal Direttore amministrativo, dirigente di una pubblica amministrazione, non possono essere considerate inattendibili, salvo querela di falso, né può essere sostenuta, come fa l'Ufficio, la mancata prova dell'inerenza rispetto all'attività della ricorrente, accampando la circostanza che sarebbero state prodotte solamente delle isolate buste paga di alcuni lavoratori della Ulss e non tutte le buste paga dei lavoratori e per tutte le mensilità interessate. Una tale richiesta – indirettamente ventilata dall'Ufficio - non può certamente essere recepita per la enorme mole di documenti che essa avrebbe prodotto - poiché concernerebbe molte centinaia e oltre di dipendenti, per tutti gli anni oggetto dell'istanza di rimborso; a fronte delle dichiarazioni del Direttore amministrativo e dei documenti relativi ad un campione dei dipendenti prodotte in giudizio, l'Amministrazione avrebbe dovuto o presentare motivata querela di falso nei confronti della dichiarazione del Dirigente amministrativo, o produrre a sua volta documenti che contraddicessero in tutto o in parte le affermazioni della ricorrente.
Per quanto riguarda poi la corresponsione degli interessi la sentenza afferma che siano dovuti, poiché strettamente connessi con il diritto al rimborso sancito dalla Cassazione, nella misura determinata dalla legge.


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