Medicina e ricerca
Federazione medico sportiva: risparmi fino a 12,5 mld se le persone sedentarie diventano attive
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Come può l'età biologica prevalere sull'età anagrafica? Attraverso il trasferimento delle conoscenze medico-scientifiche della medicina dello sport a favore del sistema socioeconomico del Paese. Questo è il tema del 37° Congresso della Federazione medico sportiva italiana (Fmsi), dal titolo "Età biologica, età anagrafica 2.0. Una longevità in salute", che si svolgerà in Roma, all'hotel "Rome Cavalieri", dal 20 al 22 luglio. Oggi, nella sala stampa della Camera dei deputati, si è svolta la conferenza di presentazione, alla presenza del presidente della Fmsi e deputato di Forza Italia, Maurizio Casasco, e di Sergio Pecorelli, ex presidente del consiglio di amministrazione dell'Agenzia italiana del farmaco. "Ogni due secondi, nel mondo, una persona che ancora non ha compiuto settant'anni di età muore a causa di una malattia cronica non trasmissibile - spiega Casasco -. Patologia cardiaca, cancro, diabete e patologia polmonare cui si aggiungono Parkinson, Alzheimer, depressione e altre patologie neurodegenerative, hanno superato la patologia infettiva come principali cause di morte a livello globale". Diversi studi hanno anche dimostrato come l'investimento economico sulle cure, il cosiddetto 'modello americano', produca meno salute rispetto all'investimento in ambito socio-sanitario, quindi in prevenzione. "Gli strumenti di prevenzione, precisione e predizione della medicina dello sport possono svolgere un ruolo molto importante non solo nel contesto sportivo, ma anche all'interno del Sistema Sanitario Nazionale, nonché di quello lavorativo e previdenziale", afferma Casasco. Il beneficio atteso derivante dalla trasformazione di tutti i soggetti sedentari (circa 16 milioni) in soggetti attivi è enorme ed è stimato essere compreso tra 5,9 e 12,5 miliardi di euro. "La Fmsi vuole mettere la sua conoscenza medica a disposizione dell'intero Paese", conclude Casasco, ribadendo l'importanza dello sport per la salute dei giovani. "Negli ultimi 40 anni i ministri dell'Istruzione non si sono occupati dell'educazione fisica a scuola".
Secondo il rapporto dell'OMS del 2022 “Invisible numbers: the true extent of noncommunicable diseases and what to do about them”, citato nella conferenza stampa, ogni anno le malattie croniche non trasmissibili (NCD) sono responsabili del 74% dei decessi a livello globale.
I soli malati di Alzheimer nel mondo ad oggi sono 55 milioni e la previsione è di 78 milioni nel 2030 e 133 milioni nel 2050.
Si stima che i costi delle NCDs si elevino al 70-80% del budget totale che i Paesi europei spendono per la salute, con aggravi difficilmente quantificabili, anche per le singole famiglie, che impiegano importanti risorse per la cura e le attenzioni ai loro malati.
In realtà questi dati, già molto allarmanti, sono destinati a peggiorare per diverse ragioni, fra le quali:
□ tendenza all’aumento dell’inattività fisica;
□ aumento epidemico di sovrappeso e obesità;
□ aumento dell’aspettativa di vita, con il quale cresce parallelamente la probabilità di sviluppare tumori, malattie cardiovascolari e diabete.
Negli ultimi decenni, infatti, si è registrato un progressivo aumento della speranza di vita (84 anni per le donne e 79 per gli uomini), ma a causa delle NCD, che pesano per oltre il 75% sul carico di malattia globale, la speranza di vita libera da disabilità si attesta su valori molto più contenuti e simili per entrambi i sessi (circa 65 anni).
Le NCDs rappresentano una spesa enorme per le economie globali e nazionali.
Secondo il rapporto OMS, tra il 2011 e il 2030, il costo della perdita di produttività dovuta ai quattro principali gruppi di NCD è stimato in 30.000 miliardi di dollari; se a questi dati si aggiungono i costi dovuti alle malattie neurodegenerative, si arriva a 47.000 miliardi di dollari.
Secondo l’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che riunisce 53 Paesi fra i più ricchi del mondo), nonostante le NCDs pesino per il 60-80% sul carico di malattia complessivo, i Paesi membri spendono solo il 3% (e l'Italia anche meno) del loro budget sanitario per le attività di prevenzione e di salute pubblica per agire sui fattori di rischio, ampiamente modificabili, delle NCD.
Da qui al 2030, l’investimento sui best buy (un set di misure attuabili in tutti i Paesi per la prevenzione e il trattamento delle NCD’s e, quindi, potenzialmente in grado di prolungare la vita in buona salute di milioni di persone) potrebbe generare benefici economici e sociali per oltre 230 miliardi di dollari nei Paesi a basso reddito.
E, se ogni Paese adottasse interventi di provata efficacia, almeno 39 milioni di morti per NCDs potrebbero essere evitate.
Come riportato nella Prefazione del Rapporto, firmata dal direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus, esistono interventi vantaggiosi da un punto di vista economico e applicabili a livello globale, che possono prevenire l’insorgenza di NCD o ridurne l’effetto. Attuando investimenti aggiuntivi in interventi di prevenzione e salute pubblica per 18 miliardi di dollari, si potrebbero ottenere benefici economici per 27.000 miliardi di dollari nei sette anni successivi.
Secondo l’Istat, il 39,1% della popolazione residente in Italia ha dichiarato di essere affetto da almeno una delle principali NCD. Le patologie cronico-degenerative sono più frequenti nelle fasce di età più adulte: già nella classe 55-59 anni ne soffre il 53% e tra le persone ultra settantacinquenni la quota raggiunge l’85,3%. Sono le donne ad esserne più frequentemente colpite, in particolare dopo i 55 anni. Le patologie croniche più diffuse sono: l’ipertensione (17,4%), l’artrosi/artrite (15,9%) e le malattie allergiche (10,7%).
Il 20,7% della popolazione ha dichiarato di essere affetto da due o più patologie croniche, con differenze di genere molto marcate a partire dai 55 anni. Tra gli ultra settantacinquenni la comorbilità si attesta al 66,7% (58,4% tra gli uomini e 72,1% tra le donne).
Uno studio realizzato dalla Federazione Medico Sportiva Italiana in collaborazione con l’Università Bocconi ha stimato i costi sociali ed economici legati all’inattività fisica e alla sedentarietà nel nostro Paese; i risultati di tale studio sono stati oggetto di pubblicazione sulla Rivista FMSI “Medicina dello Sport”, indicizzata in Biosis Previews Embase Scopus Science Citation Index Expanded e si riferiscono a circa 162.000 individui con una età compresa tra i 15 e i 74 anni. "Il beneficio atteso è veramente ingente - spiega Casasco - ed è stimato essere compreso tra 71 e 127 milioni di euro a seconda del criterio di misurazione del valore della vita adotato, quantificazione del danno ovvero valore della vita statistica".
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