Medicina e ricerca
Giornata mondiale autismo: neuropsichiatrie pubbliche da potenziare
di Antonella Costantino (presidente Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza - Sinpia)
24 Esclusivo per Sanità24
Il 2 aprile è la Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, uno dei più frequenti e invalidanti disturbi del neurosviluppo. In Italia sono circa 100mila i bambini e adolescenti con una diagnosi di autismo: ne soffre un bambino su 100, con una frequenza 4 volte più alta fra i maschi.
È quindi un appuntamento importante: negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative di sensibilizzazione su un disturbo troppo spesso dimenticato e rispetto al quale le famiglie vengono lasciate sole con un carico assistenziale drammatico.
È essenziale dunque cogliere l’occasione per parlare di autismo, per ascoltare specialisti ed evidenze scientifiche ma anche esperienze, difficoltà quotidiane, le diverse storie che permettono di allargare quella rete di solidarietà fondamentale per non sentirsi soli. E anche per convincersi che certi pregiudizi debbano venire ormai superati (la fortezza vuota, le mamme frigorifero, i piccoli geni nel guscio da rompere e molti altri purtroppo anche recenti, come i vaccini e il microbiota intestinale).
Soprattutto, questa giornata dovrebbe costituire l’occasione per spostare finalmente l’accento sull’assunzione di responsabilità collettiva verso i diritti alla cura e alla qualità di vita dei bambini e delle loro famiglie.
La Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia) è attiva da molti anni sul tema autismo e sulla necessità di garantire ai bambini e alle famiglie gli opportuni interventi basati sulle evidenze. Ma dire quali sono le evidenze, e che ad esse bisogna attenersi, non basta.
Le evidenze ci dicono che la diagnosi può venire effettuata tra i 18 e i 24 mesi, e che questo permette di migliorare molto la prognosi. Gli interventi devono poter essere personalizzati sui bisogni di ogni bambino, secondo priorità e intensità specifiche, e condivisi con la famiglia. Deve essere garantita la formazione dell’ambiente (scuola, luoghi di aggregazione) in cui si troverà il bambino perché sappia come rapportarsi con lui e offrirgli occasioni positive di sviluppo, e il sostegno alla famiglia, che ha bisogno di informazioni chiare, precise e continuative, per poter affrontare ogni evento consapevolmente e scegliere il percorso più opportuno per il proprio figlio nelle diverse fasi di vita, in dialogo continuo con gli operatori. Deve inoltre essere garantita la continuità di cura nel passaggio in età adulta, mantenendo un punto di riferimento specialistico che possa affiancare, quando necessario, la presa in carico sociale.
Ciononostante, a livello nazionale l’età al momento della diagnosi si attesta intorno ai 5 anni, l’attesa media per ottenere i primi interventi riabilitativi e terapeutici è di anni, la formazione al contesto e il supporto alle famiglie sono solo parziali, la preparazione degli operatori non è in linea con le evidenze scientifiche e, fra i pochi che da ragazzi erano stati seguiti dal servizio di neuropsichiatria infantile e adolescenziale (NPIA), solo 1 adulto autistico ogni 10 è seguito dal servizio psichiatrico per adulti.
La ministra Lorenzin promette in questi giorni 50 milioni di euro per coprire i livelli essenziali di assistenza (Lea) relativi all'autismo. Ma anche questo non basta.
Continuano a mancare le indicazioni su come poter tradurre nella pratica gli interventi che dovrebbero essere inclusi nei Lea. È necessario indirizzare le risorse in senso organizzativo con precisi atti normativi regionali, che ad esempio rendano obbligatorio lo screening nei bilanci di salute pediatrici e garantiscano la continuità di cura in età adulta.
Soprattutto, è necessario che venga finalmente affrontato il tema dell’organizzazione dei servizi pubblici di Npia e di come derogare ai vincoli di spesa per assumere il personale mancante e garantire la formazione permanente necessaria ad erogare interventi basati sulle evidenze.
Il rischio è che le sole risorse economiche, se non opportunamente indirizzate, vengano parcellizzate in una miriade di strutture, pubbliche e private, accreditate o meno, o che dirottino i servizi verso gli autistici a scapito di altri utenti, dimenticando come l’autismo sia strettamente connesso agli altri disturbi del neurosviluppo.
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