Lavoro e professione

Roberta Chersevani (Fnomceo): «Così salveremo i dottori e il Ssn»

di Barbara Gobbi e Roberto Turno

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24 Esclusivo per Sanità24

Esclusiva. Il ponte della relazione di cura, ma anche il “ponte” che fino a oggi ha sostenuto la Sanità pubblica, non li si può far crollare. E i medici italiani ce la stanno mettendo tutta. Con questo messaggio la Fnomceo guidata da Roberta Chersevani lancia la III Conferenza nazionale della professione medica e odontoiatrica che si terrà a Rimini dal 19 al 21 maggio. Ma, avvisa Chersevani: «Da soli non possiamo farcela». Per questo serve un “progetto di mobilitazione” che riesca «a delineare l’evoluzione del rapporto tra medico, paziente, organizzazioni sanitarie», sintetizzato in un decalogo presentato dal segretario della Federazione Luigi Conte.

Dottoressa Chersevani, arrivate alla 3a Conferenza della professione con interrogativi d’antan, ma sempre validi...
Ci stiamo ponendo il problema di partire da ciò che siamo, senza voler rottamare il presente ma cercando di capire come rivedere i rapporti sanitari in una proiezione futura che tenga conto del contesto sociale ed economico, della complessità della medicina attuale, delle difficoltà dei giovani. Che sono la priorità in agenda: proprio alla formazione pre e post laurea, primo step per i colleghi all’inizio della carriera, dedicheremo un workshop a Rimini.

Questa terza conferenza si svolge in un periodo molto caldo, anche per la formazione. L’unico nodo su cui pare si stia trovando una convergenza è la laurea abilitante: a che punto siamo davvero?
Già il fatto che il mondo accademico ci ascolti e si apra al dibattito è una novità positiva. Si tratta di contribuire insieme a rivedere un percorso: l’università “va bene” per quanto riguarda le conoscenze che i giovani medici portano a casa - perché in definitiva dagli atenei escono buoni medici - ma secondo me sono comunque carenti in alcuni settori, come l’etica e la deontologia che non sono contemplate. Una riforma va fatta. Noi proponiamo, ma non possiamo imporre. In ogni caso vedo spiragli positivi.

C’è un’altra dialettica molto dibattuta, quella con le professioni e in particolare con gli infermieri. Chi è che naviga contro?
Qui non si tratta di navigare contro ma solo di capire che il lavoro non è più un’attività esclusiva del singolo: il medico non è più isolato, nemmeno nell’ambulatorio del Mmg. C’è una collaborazione multidisciplinare e multiprofessionale: nel rispetto delle competenze, va capito come gestire, chi fa il piano e chi decide il percorso. Anche in questo caso si sta lavorando per parlarne mantenendo un clima il più sereno possibile. A Rimini si terrà una sessione dove sono impegnata io stessa come relatrice con le professioni sanitarie che sono già normate. Anche lì credo si possa produrre qualcosa di positivo.

Però nel decalogo presentato da Luigi Conte è chiaro che il leader del gruppo di lavoro è sempre il medico...
Il discorso è molto semplice: ci possono essere delle autonomie settoriali. Quelli che suonano nella London Symphony Orchestra sono tutti professori, ma alla fine tutti guardano all’omino che ha la bacchetta in mano e che è fondamentale che ci sia. In realtà, se si razionalizza e si parla con loro, non è che tutti gli infermieri vogliano essere il Rambo che si scaraventa con l’elicottero e salva il paziente. Gli infermieri sono ben contenti di collaborare e questo per noi è il percorso.

Lei valorizza la metafora del ponte...
Nasce come logo già adoperato alle conferenze di Fiuggi e di Roma. Il ponte tra noi e i pazienti, il legame di base è la relazione di cura, che è anche all’origine del lavoro del medico e della richiesta di assistenza del paziente. Un secondo ponte è quello che deve sostenere il nostro sistema sanitario, che rischia la sostenibilità. Sicuramente i tagli che sono stati fatti negli ultimi anni rendono difficile che il sistema possa reggersi così come si sta facendo.

Il ministero ha chiamato direttamente in causa i medici con il decreto “appropriatezza
Più volte ho chiesto di comunicarmi, se qualcuno li ha, i dati sull’inappropriatezza. Avere il quadro delle specialità o delle aree di assistenza “critiche” sarebbe utile per capire dov’è il problema e provare a correggerlo. Ma ad oggi non ho dati…

L’appropriatezza intanto continua a essere un boccone amaro per i medici...
Il percorso di condivisione attraverso un tavolo tecnico e la disponibilità dichiarata della ministra a una rivisitazione del decreto del 9 gennaio, con l’inserimento nei nuovi Lea, sono un dato positivo. Io dico: lasciateci fare un’altra parte del percorso. Se riusciamo a concordare una riscrittura che tenga conto della peculiarità della prescrizione da parte del medico - che non deve essere amministrata ma deve considerare le caratteristiche proprie della professione - mi pare sia una buona cosa.

C’è la sensazione che in qualche modo l’Ordine stia facendo la supplenza del sindacato...
Io non mi sento una sindacalista, ma una persona che rappresenta i propri iscritti, le necessità che questa professione ha, la voglia di aiutare i medici a recuperare il loro ruolo - sia con gli assistiti sia nella professione - e un maggior ascolto anche presso le istituzioni. Non stiamo parlando di stipendi o di contratto, ma di come vorremmo lavorare per esercitare la nostra professione.

Un po’ di autocritica la professione può farla? Possibile che non abbia responsabilità di niente?
Se il nostro sistema sanitario è tra i migliori, vuol dire che anche noi siamo stati artefici di questo “meglio”. Non dispongo di dati che mi consentano di fare autocritica.

Il Ddl sulla responsabilità professionale avanza: qual è la posizione della Fnomceo?
Vedremo quale percorso seguirà la legge. Sicuramente, i punti di attenzione sono due: le linee guida - la cui applicazione tout court può rivelarsi un problema e infatti c’è la richiesta di un organismo terzo di valutazione - e le assicurazioni, considerando il diritto del paziente danneggiato ad ottenere ristoro ma anche l’impossibilità, per alcuni colleghi, di accedere a una polizza che sia ad esempio troppo esosa.

Il Ddl Lorenzin traccia un cambiamento per l’Ordine: si poteva osare di più?
Mi pare che in linea di massima il testo uscito dalla commissione del Senato ricalchi quello prodotto dal Consiglio nazionale straordinario Fnomceo del 2012, che aveva elaborato le proposte di modifica della vecchia legge 233 del 1946. Alcuni passaggi potrebbero essere migliorabili, ma almeno si è ripreso un percorso bloccato da anni.

Come sono in Fnom i rapporti tra ospedalieri e medici di famiglia?
Sono buoni, altrimenti avremmo dei pazienti che muoiono, da una parte o dall’altra. Qualche volta ci sono problematiche, magari legate alle dimissioni. Sempre a Rimini ci occuperemo di lavoro ospedaliero e riorganizzazione del territorio. La realtà è che davanti a un paziente che ha bisogno non abbiamo tempo di andare a pensare a questi problemi. La gestione del lavoro - turni a parte - è meno difficile rispetto ai messaggi che si fanno passare politicamente.

Il fatto è che il territorio non si è ancora riorganizzato...
Questa è un’altra storia e mi auguro che si stia lavorando anche in questo settore, dove non si è fatto abbastanza. Mentre abbiamo provveduto, anche se non dappertutto, al ridimensionamento dell’ospedale

Quanto è importante fare lobby?
“Fare lobby” in Italia ha un’accezione negativa. Preferisco dire che è importante fare squadra.

Dove sta andando il servizio pubblico?
Dopo qualche curva pericolosa, mi pare ci si renda conto che se un po’ aggiustiamo il percorso possiamo andare avanti nel modo giusto. Bisognerebbe avvicinarsi agli altri Paesi europei, guardando ai loro standard economici.

Dopo oltre un anno di presidenza che bilancio può tracciare?
Raccolgo un’apertura da parte dei colleghi degli Omceo provinciali nelle mie visite del sabato in giro per l’Italia. Mi dicono che si respira un’aria diversa. Certo, siamo su un percorso non facile, perché il contesto è quello che è...

È mai andata a pranzo con la presidente Ipasvi?
Ho avuto modo di incontrare diversi esponenti dell’Ipasvi e di altre professioni sanitarie, generalmente attorno a un tavolo pieno di carte.

Che voto dà alla ministra?
Quando ho la possibilità di incontrarla e le faccio presenti determinati punti, la ministra cerca di capire e di seguire. Poi probabilmente non è la sola a prendere le decisioni, ma già l’ascolto è importante. Le darei un 6++.


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