Lavoro e professione
Risk: una task force per l’embriologo
di Paolo d’Agostino (dipartimento di Giurisprudenza- Università degli Studi di Torino), Lucia De Santis (Sierr, embriologo ospedale San Raffaele), Laura Rienzi (embriologa, presidente Sierr)
L’incredibile incremento dei casi di responsabilità professionale nel nostro Paese non è dipeso da un’innovazione normativa. Al contrario, quando il legislatore si è espresso lo ha fatto in modo ambiguo e foriero di ulteriore confusione e incertezze. Ciò che veramente ha condizionato il fenomeno, è stata sempre, e solo, la giurisprudenza. Ne consegue che affrontare seriamente il tema dell’attuale situazione italiana, per quanto riguarda la responsabilità professionale in ambito sanitario, significa, innanzitutto, definire alcuni punti fondamentali, primi fra tutti, la considerazione che le norme (penali, civili e amministrative) che disciplinano la materia non hanno ricevuto alcuna modificazione effettiva negli ultimi cinquant’anni e che ciò che veramente ha influito sulla materia è stato il modificarsi dell’orientamento giurisprudenziale nel tempo. Alla luce di tali considerazioni, diviene fondamentale controllare quanto accade nelle aule giudiziarie e su quali basi scientifiche vengono fondate le sentenze: tali decisioni, infatti, possono assumere un ruolo fondamentale ponendosi come formanti per eventuali decisioni successive sulle stesse materie. Contemporaneamente, se nel corso di un procedimento giudiziario si cristallizzano in una sentenza principi scientificamente (in tutto o in parte) inesatti, tale decisione andrà a incidere direttamente sulla attività professionale svolta da tutti gli appartenenti alla medesima categoria professionale. In questa prospettiva, ciascun specialista deve rendersi conto che la sua qualità di vita professionale dipende direttamente, sotto ogni profilo, dal comportamento di tutti i suoi colleghi specialisti. Se, ad esempio, un biologo di una Regione X, subisce una sentenza specifica negativa, questa ricadrà sull’attività svolta da ogni altro biologo in tutto il territorio nazionale. La sentenza del singolo si riverbera sulla qualità di vita professionale di tutti i colleghi.
Inoltre, il coinvolgimento di uno specialista in una vicenda giudiziaria avviene in conseguenza di una perizia fatta contro di lui, in genere, da un consulente quasi mai veramente esperto della materia. Allo stesso tempo, il magistrato - che nulla sa di biologia né, tanto meno, di quella particolare branca specialistica - affiderà l’accertamento della responsabilità professionale alle valutazioni che verranno svolte dal Consulente tecnico di ufficio incaricato dal magistrato: anche qui si tratta molto spesso di professionisti “noti” nelle aule giudiziarie ma assolutamente “ignoti” nelle aule scientifiche. Per tale ragione, la scienza fatica a entrare nelle aule giudiziarie ad affermare il proprio valore. Ne consegue che occorre accendere la luce sul fenomeno; occorre monitorare “chi dice cosa e contro chi”; occorre che la scienza di riferimento si renda conto che «la tutela della responsabilità professionale degli specialisti significa la tutela del futuro della specialità».
Pertanto, se è vero che la materia della responsabilità professionale è un settore dell’ordinamento giuridico particolarmente pervaso dalla rilevanza conferita dalla giurisprudenza, tale fenomeno si acuisce in una materia particolarmente delicata qual è quella della Pma in cui i “vuoti normativi” determinati dal succedersi della giurisprudenza ha determinato - e determina - l’esigenza di porre particolare attenzione a cosa accade in ogni singola vicenda giudiziaria in materia di Pma. In particolare, tale esigenza trova ulteriore evidenziazione considerando che - inevitabilmente - la maggior parte dei casi coinvolge (o ha coinvolto) direttamente gli embriologi clinici.
I casi legati alla Pma. In concreto: nel 2012 un incidente all’impianto di azoto liquido, che alimenta il servizio di criobiologia per la crioconservazione di materiale biologico nel centro di Procreazione medicalmente assistita dell’ospedale San Filippo Neri di Roma ha causato la perdita di novantaquattro embrioni, centotrenta ovociti e cinque campioni di liquido seminale. In un settore dalle regole incerte e frastagliate come è possibile che la Sierr - la società scientifica che rappresenta la maggioranza degli embriologi clinici italiani - non si faccia carico di analizzare quanto accaduto e di fornire tutta la propria assistenza scientifica al fine di determinare esattamente cosa sia accaduto? E ancora come non interessarsi a quanto successivamente accaduto all’Ospedale Sandro Pertini di Roma nel 2014 in cui due coppie di aspiranti genitori che si erano rivolte al centro di procreazione medicalmente assistita dell’ospedale, sono incappate in un clamoroso errore per cui gli embrioni della prima coppia sono stati trasferiti per errore nella seconda? Poiché a seguito dell’erroneo trasferimento si è instaurata la gravidanza in una delle due pazienti, la vicenda è stata seguita da una serie di tentativi di azioni legali da parte della coppia di genitori “genetici” contro quelli biologici. Finora i tre ricorsi sono stati bocciati dai tribunali ordinari: secondo i giudici, la madre dei gemelli è colei che ha portato avanti la gravidanza, e il padre suo marito. Ma le lacune nella legislazione italiana relativamente a questa tematica, lasciano ipotizzare nuove battaglie legali e anche richieste di ingenti risarcimenti.
Da quanto esposto si possono, di conseguenza, trarre le conclusioni relativamente alla necessità per la Sierr di approfondire il problema relativo alla responsabilità professionale dell’embriologo e alla definizione di un’apposita task force da offrire ai propri iscritti.
Solo la società scientifica, che rappresenta la scienza specialistica, può farsi carico di costruire un «Sistema di protezione dalla responsabilità professionale» da offrire ai propri iscritti. E deve farlo attraverso un modello che le consenta di sapere esattamente tutto quello che accade in materia di responsabilità professionale fra tutti i professionisti della specialità e, conseguentemente, di aiutare i soci in difficoltà sia al fine di prevenire eventi negativi futuri, sia di evitare che si possano formare dei precedenti giurisprudenziali idonei a ledere la professionalità di tutti i colleghi soci.
Per tali ragioni la Sierr ha deciso di attivare al proprio interno una task force in modo da realizzare un servizio apposito e su misura da offrire a tutti gli iscritti che si trovano coinvolti in una vicenda giudiziaria: una task force composta non solo da embriologi di comprovata esperienza, ma anche da giuristi e medici legali appositamente formati sulla materia specifica.
Inoltre, al fine di poter dare operatività all’azione di difesa che si intende offrire ai soci, la Sierr ha anche deciso di attivare una convenzione assicurativa “su misura” di tutela legale da offrire agli iscritti: in questo modo sarà possibile attivare quanto è necessario per dare effettività al progetto proposto e, soprattutto, a quel sistema di monitoraggio prologo indispensabile per fare quanto su indicato.
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