Lavoro e professione
Antibiotici, la Simit stima fino a 7.000 decessi l'anno da infezioni ospedaliere
Indice puntato degli infettivologi della Simit sulle infezioni ospedaliere: dopo l'allarme lanciato in Inghilterra sui futuri scenari dell'antibiotico-resistenza, la Società italiana malattie infettive e tropicali ricorda come in Italia siano stimati 5.000-7.000 decessi annui riconducibili a infezioni nosocomiali, con un costo annuo superiore a 100 milioni di euro. Spiegano gli specialisti: «I progressi conseguiti nell'ambito della batteriologia e immunologia e la scoperta prima dei sulfamidici negli anni Trenta e quindi degli antibiotici (penicillina) negli anni Quaranta, hanno contribuito a diffondere l'illusione che le infezioni ospedaliere potessero essere definitivamente eradicate. Tale illusione si è subito rivelata falsa: le infezioni ospedaliere hanno continuato a rappresentare la più frequente complicanza ospedaliera e il loro trend, in assenza di programmi di controllo, è in continuo aumento».
Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), «la resistenza agli antibiotici da parte dei microrganismi rappresenta un problema sempre più grave per la salute pubblica. Molti governi in tutto il mondo hanno iniziato a prestare attenzione ad un problema in grado di mettere a rischio i successi ottenuti negli ultimi decenni con la medicina moderna».
È stato valutato che in media il 5% dei pazienti ospedalizzati contrae una infezione durante il ricovero e dal 7% al 9% dei pazienti ricoverati ad un dato momento è infetto. Negli Stati Uniti le infezioni ospedaliere allungano in media la degenza di 4 giorni, contribuiscono a 20.000-60.000 decessi annui comportando una spesa annua di 2-10 miliardi di dollari. Nei Paesi della Unione Europea, circa 25.000 pazienti muoiono annualmente come conseguenza di infezioni da germi multiresistenti, con un costo associato di 1,5 miliardi di euro. In Italia sono stimati 5000-7000 decessi annui riconducibili ad infezioni nosocomiali, con un costo annuo superiore a 100 milioni di euro.
Le cause che sono alla base dell'antibioticoresistenza sono molteplici, ma un ruolo particolare gioca l'uso inappropriato di antibiotici. Il largo uso che ne è stato fatto negli ultimi 60 anni in medicina umana, medicina veterinaria, in zootecnia e persino nell'agricoltura ha esercitato e continua ad esercitare una potente azione selettiva nei confronti dei batteri, che per sopravvivere sono costretti a mutare. L'uso inappropriato di questi farmaci rischia di disperdere una risorsa preziosa non immediatamente rinnovabile: negli ultimi anni l'industria farmaceutica ha registrato un numero sempre più limitato di nuove molecole antibiotiche, per cui già oggi è difficile trattare efficacemente alcuni microrganismi multiresistenti agli antibiotici disponibili.
In Italia il quadro è decisamente più preoccupante: il consumo di farmaci antibiotici in ambito umano è uno dei più alti in Europa e l'Italia è, inoltre, in controtendenza: in diversi paesi il trend si è generalmente invertito. In Italia, invece, si era rilevata una iniziale riduzione dei consumi in ambito territoriale, ma nel 2013 si è di nuovo osservato un aumento significativo del consumo di antimicrobici (+5,2%). Anche il consumo di antibiotici in ambito veterinario è fra i più elevati in Europa, mentre il consumo di soluzioni idroalcoliche per l'igienizzazione delle mani, aspetto centrale della prevenzione della diffusione dei batteri antibiotico-resistenti, è fra i più bassi in Europa. E le multiresistenze si stanno rapidamente diffondendo anche al di fuori delle strutture sanitarie.