In parlamento
Ddl Lorenzin al voto della Camera, Marazziti: «Una legge che porterà molti cambiamenti positivi in sanità». E sul nodo ordini in arrivo emendamenti «ragionevoli»
di Rosanna Magnano
Il padre adottivo del Ddl Lorenzin, Mario Marazziti, presidente della Commissione Affari sociali della Camera, sta percorrendo l’ultimo miglio del provvedimento che lo ha impegnato più intensamente nell’ultimo anno e mezzo come relatore. La «Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute», approvato in prima lettura dal Senato, è infatti al l’esame dell’Aula alla Camera da oggi e dovrebbe tagliare il traguardo a stretto giro per poi essere definitivamente approvato dal Senato nella prima finestra utile.
Con lo scoglio di 250 emendamenti e il brivido finale dello strappo dell’ultim’ora da parte di Fnomceo , che ha opposto un secco dissenso alle nuove norme introdotte in Commissione in materia ordinistica (limiti ai mandati, revisori dei conti iscritti al Registro) ma anche su misure riguardanti il riconoscimento delle nuove professioni, presenti nel Ddl fin dall’origine. «Le preoccupazioni sollevate da Fnomceo che non entrano nel merito degli emendamenti presentati - sottolinea con calma e fermezza Marazziti - non corrispondono ad alcuna volontà penalizzante nei confronti della professione medica e quindi sono il frutto di un tardivo malinteso. Ritengo quindi inverosimile che una leadership illuminata possa non convenire sul fatto che si incoraggino percorsi più democratici nell’elezione degli organi, trasparenza sull’amministrazione e ricambio generazionale all’interno degli ordini. I toni utilizzati dai comunicati possono essere spiegati anche con un clima elettorale interno».
Come andrà in Aula?
Ci sono emendamenti ragionevoli che comunque sgombreranno il campo dagli equivoci. C’è un consenso su alcune modifiche, che però non snaturano i principi che abbiamo introdotto. Il limite dei mandati è nelle corde dell’intera società. L’ordine degli avvocati ha approvato questa estate definitivamente un tetto di due mandati e gli altri ordini, come i farmacisti, non hanno difficoltà su alcune riformulazioni degli emendamenti. Quindi credo che vada tutto nell’interesse di una maggiore legittimazione delle nuove leadership, anche per l’ordine dei medici. L’autonomia è intatta, ma si incoraggia una maggiore partecipazione degli iscritti alla vita degli ordini, che negli ultimi anni ha visto una percentuale sempre più basse di votanti.
Il dissenso è arrivato da un parte dei medici?
Sono importanti rappresentati degli ordini, ma noi sappiamo che almeno un terzo di loro ricopre questo ruolo da circa 20 anni. Comunque io ho parlato con parte dei vertici e con la base, che mi sono sembrati disponibili, così come altri ordini si ritrovano nel testo approvato in Commissione. Quindi non credo che il testo finale possa non trovare un qualche consenso anche da chi oggi lo attacca. Non posso credere che si stiano difendendo interessi di parte o personali. I medici sono la categoria più amata non solo dagli italiani ma anche dal presidente della Commissione Affari sociali. Ma personalmente sono rimasto stupito di un intervento così tardivo dopo che erano stati auditi e dopo che alcune parti del provvedimento sono rimaste identiche da quattro anni. Quindi me lo sono spiegato con un clima acceso dovuto al le scadenze elettorali interne.
Quali sono i principali cambiamenti che questo Ddl porta?
Il testo contiene tali e tante materie, a cui si mette mano dopo venti, trenta, quarant’anni, che portano miglioramenti in rtante aree della sanità. E uno stop sarebbe difficile da spiegare agli italiani. A partire dalle sperimentazioni cliniche. Alla Camera è stata introdotta la revisione dei comitati etici, la riduzione del numero dai 100 esistenti a 40, la standardizzazione delle procedure, la creazione del centro di coordinamento dei comitati etici, con un’attività di indirizzo. Cambiamenti percepiti dall’intero settore come un grande passo avanti, sia dal mondo privato dell’industria, sia dalla ricerca pubblica, che dagli Irccs.
Sulla ricerca ci sono anche altre novità?
Abbiamo ricreato la possibilità della brevettabilità della ricerca non profit e la possibilità di compensazione o partecipazione agli utili per ricerche che nascano in istituti pubblici, proprio andando a vantaggio del finanziamento della ricerca pubblica e degli istituti pubblici che la promuovono. Questo è un meccanismo che nel tempo potrebbe creare un incredibile progresso nel fidelizzare all’interno degli istituti pubblici i ricercatori migliori, che non avrebbero più bisogno di rivolgersi al privato. E così si creerebbe una sinergia forte tra ricerca pubblica e privata. Oggi la ricerca pubblica italiana è tra i leader in Europa ma tutto lo sviluppo è esterno e così si passa dal secondo al decimo posto. Questo provvedimento favorisce invece un percorso inverso.
Sulle professioni sanitarie il Ddl Lorenzin riuscirà ad abbattere gli steccati?
Abbiamo creato una nuova procedura chiara per poter aspirare ad essere riconosciuti come una nuova professione sanitaria. Sappiamo tutti che ci sono professioni che aspirano da decenni a questo riconoscimento, ma che la legge del 43 del 2006 non ha funzionato perché non dà certezze sui tempi , perché fa partire l’iniziativa solo dall’alto e perché nel comitato delle decisione c’era la rappresentanza di professioni potenzialmente concorrenti. Questo ha impedito chiarezza e ha fatto pensare che questa legge fosse l’ultimo treno. Da qui il grande dibattito tra osteopati e fisioterapisti. Noi invece non abbiamo fatto una legge chiusa a sanatoria del passato, ma una legge aperta per le professioni della sanità futura, con tempi certi, con la possibilità di presentare un’istanza anche da parte delle associazioni, con una valutazione tecnica del Consiglio superiore della sanità e poi con ministero della Salute e Miur che stabiliscono insieme il percorso formativo e le equipollenze dei titoli. Questo ha rassicurato l’intero ambiente. Anche chiropratici e osteopati seguiranno il percorso segnato. Ci sono tanti cambiamenti verso una medicina personalizzata, organizzativi e tecnologici. Noi abbiamo creato una cornice per accompagnare questi cambiamenti.
Anche questo è stato visto in certi ambienti come una sorta di calata dei barbari...
Questa parte con le nuove professioni che entreranno in un mega albo e poi a seconda dei numeri avranno ordini propri noi non l’abbiamo cambiata affatto. Addirittura era nel testo originario del Ddl Lorenzin presentato quattro anni fa.
Quindi è un’opposizione strumentale?
Se non è strumentale è un po’ tardiva. Forse qualcuno ha pensato che questa legge non sarebbe mai andata in porto, al contrario alla Camera abbiamo lavorato. E lo abbiamo fatto di concerto e rispettando il lavoro del Senato. Forse sul mega-ordine sarebbe stato meglio individuare delle aree, ma questo potrà essere fatto in un momento successivo, avrebbe rallentato troppo i lavori. Poi a livello di filosofia generale, deve finire in sanità l’epoca in cui una professione si sente minacciata da un’altra. È un’idea che nasce da paure del passato. Tutti parliamo di un’assistenza di team e la sanità del futuro funzionerà solo se si lavora insieme. Non si può pensare che il medico minaccia l’infermiere o viceversa. È il loro accordo che garantisce la nostra salute.
Poi c’è stato un inasprimento sulle sanzioni per l’esercizio abusivo delle professioni...
Questo va a vantaggio di tutte le professioni. Giustamente gli odontoiatri non vogliono che gli odontotecnici facciano abusivamente i dentisti. Ma i primi a essere interessati che questo non accada sono gli odontotecnici, perché i cialtroni o i delinquenti danneggiano tutti. E se noi possiamo intervenire chiaramente su questo, possiamo creare dei percorsi di dignità per tutti. Ad esempio nulla vieta che il dentista sulla sua targa inserisca anche il nome dell’odontotecnico che lavora nel suo studio , che diventa elemento qualificante. Si può dare dignità a tutti senza conflitti.
Insomma il testo è profondamente cambiato?
È sicuramente migliorato. Ma tutti i cambiamenti che abbiamo apportato sono stati concertati con il Senato e il ministero della Salute ha accompagnato ogni passaggio. E abbiamo rispettato la volontà del Senato, che per esempio ha stralciato la veterinaria, una materia complessa su cui bisogna intervenire. Ma il Senato ha ritenuto che non ci fossero i tempi e abbiamo ritenuto di rispettare questa valutazione. Così come abbiamo lasciato in stand by la problematica dei rapporti tra farmacie e parafaramcie. Si è arrivati a individuare un percorso ma ci sono dettagli su come salvaguardare le fasce più deboli di entrami i settori che richiedono più tempo. Quindi darò un parere favorevole all’articolo soppressivo. Spero invece di poter risolvere il problema del blocco del concorso Balduzzi sull’assegnazione di sedi per le farmacie rurali, dove ci sono conflitti di interpretazione sulle graduatorie che stanno bloccando le assegnazioni. Spero di arrivare a coprirlo. Quindi l’assetto complessivo torna nelle mani delle associazioni. Forse però questa questione si potrà sciogliere, senza squilibrare il sitema.
Al Senato cosa si prevede?
Ho parlato con la relatrice Emilia Grazia De Biasi e se si troverà una finestra per il voto, non dovrebbero esserci problemi. Ma prima dobbiamo approvarlo noi.
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