In parlamento

Legge Risk/ Il relatore Gelli: «Il vero investimento è sulla rete di prevenzione e sulle competenze»

di Barbara Gobbi

Una norma che va “giudicata” nella sua complessità, non nei dettagli. E «se poi ci sarà bisogno di intervenire, si provvederà». Federico Gelli, relatore alla Camera, è convinto che la forza della “sua” legge sia nell’aver ridefinito la cornice e le regole complessive di un sistema che non tutelava più adeguatamente né i pazienti né i professionisti.

Onorevole Gelli, chi vince e chi perde con questa legge?
Vincono i cittadini ma anche i professionisti. È una legge sufficientemente bilanciata da riportare le regole e il rapporto medico-paziente nel giusto equilibrio. Perdono la burocrazia, il contenzioso, la medicina difensiva. E cioè tutti quei fenomeni patologici che nel corso degli ultimi 20 anni sono andati sviluppandosi per un sistema che era uscito dal controllo e dal percorso fisiologico e che aveva reso il clima di tensione e spesso di persecuzione del professionista e di possibilità di ricevere un risarcimento.

Come sintetizzare la legge? «Al paziente va l’onere della prova»?
Non è così. Per il cittadino rimane la strada principale, e fondamentale, di azione nei confronti della struttura. L’onere della prova è a carico dell’azienda, quindi per il paziente nulla cambia. Se poi non si dovesse accontentare, in ambito civile, del risarcimento che la struttura può fornire, il cittadino può cimentarsi anche nei confronti del singolo o di più professionisti. Giustificando, e qui scatta l’inversione dell’onere della prova, il perché voglia “aggredire” anche il singolo sanitario. Solo in questo caso c’è l’inversione dell’onere della prova, e scattano la responsabilità extracontrattuale e la prescrizione sarà a 5 anni.

Si può con certezza dire che si otterrà un abbattimento del contenzioso?
Questa è una legge quadro: non vanno considerati solo gli aspetti procedurali e giudiziari, che si valuteranno attraverso un’applicazione giurisprudenziale vera, con l’interpretazione della norma. Dopodiché io dico che il pilastro fondamentale per abbattere il contenzioso è la prevenzione. Il punto di forza della norma sta nel rendere obbligatorio in tutte le strutture, pubbliche e private, un modello organizzativo di risk management. Se i professionisti impareranno attraverso questa legge a prevenire il rischio, a individuare l’evento sentinella, a lavorare sulla loro formazione perché da un semi errore non si passi all’errore a carico del paziente, scatterà una vera e propria rivoluzione culturale.

Il tutto dovrà avvenire a costo zero...
Dove esistono, le realtà di risk management hanno dimostrato che non si pone un problema di natura economica, ma una questione di scelte e di priorità. Ciò che serve è un investimento organizzativo. Con questa legge, di fatto, introduciamo nel mansionario di tutti gli operatori della sanità un vincolo che prima non c’era e che era solo discrezionale. D’ora in poi, il professionista sa che deve dedicare una parte della sua formazione anche alla sicurezza delle cure. Poi si tratterà di mettersi in rete e di elaborare un piano di prevenzione attraverso un coordinatore delle attività, che è il risk manager. Il contenzioso diminuirà, perché all’origine ci saranno molti meno errori.

Le linee guida saranno lo spartiacque della responsabilità?
Intanto va detto che questa legge va finalmente a normare un aspetto fondamentale, riuscendo dove l’Italia ha fallito fin dal primo tentativo del sistema nazionale linee guida del 2004. Ma sappiamo anche che le linee guida non possono essere l’unica esimente per la “deresponsabilizzazione” del professionista. Andranno considerate le buone pratiche clinico assistenziali, le competenze, la storia del singolo sanitario. Questi aspetti nel loro complesso non potranno che essere valutati dal giudice quando dovrà decidere se è stato commesso un errore grave o se non è stato commesso, se l’essersi attenuti alle linee guida sia stato un elemento sufficiente o meno.

Come si esce dal caro-polizze?
La legge alleggerisce i medici dal cosiddetto “primo rischio”, che ora è a carico dell’azienda. L’unica polizza che viene richiesta al professionista è quella per l’azione di rivalsa, ammessa solo in caso di colpa grave. E questa polizza “costa poco”, visto il tetto massimo di tre annualità lorde fissato dall’articolo 9. Da una simulazione con l’Ania appare che il costo, pure se proporzionato alla retribuzione lorda, è pur sempre limitato per polizze anche cumulative: nel caso di un giovane infermiere neo assunto, sarà di 50-100 euro l’anno. Per il medico neo assunto, si va sui 300-400 euro l’anno. E il chirurgo che oggi paga fino a 18mila euro l’anno, potrà assicurarsi anche con 500 euro.

In ogni caso, le assicurazioni saranno felici di questo sistema di polizze erga omnes...
Credo che il loro interesse fosse entrare nel mercato sanitario come garanti del rischio delle strutture. Ciò a mio avviso potrà avvenire con il passare degli anni: prevediamo che con gradualità le varie forme di autoassicurazione che si sono sviluppate negli ultimi anni, vedranno un ritorno alla polizza tradizionale.

Tabelle risarcitorie: si fa riferimento al codice delle assicurazioni private
La volontà politica è che le tabelle di riferimento siano quelle aggiornate, previste nel Ddl Concorrenza. Ma nella ipotesi che non trovasse applicazione, al Senato è stato inserito il riferimento al codice delle assicurazioni private.

Tornando alla colpa, mandate in soffitta il decreto Balduzzi...
È la verità: sulla responsabilità penale c’era bisogno di fare chiarezza, e quanto è scritto nella nostra legge è in linea con la giurisprudenza più innovativa che si è andata affermando in questi anni. E cioè che la specificità del professionista è legata alla sua perizia. Non ce la siamo sentita di “forzare”, introducendo anche gli altri due requisiti per la definizione di colpa e cioè la negligenza e l’imprudenza. Ha prevalso l’atteggiamento di maggior tutela verso i cittadini, perché è l’imperizia che contraddistingue e tipizza la specificità di un medico e di un operatore sanitario. Io voglio valutare il professionista rispetto alle sue capacità e competenze, non rispetto a negligenza e imprudenza. Un medico che va ubriaco in sala operatoria non può essere tutelato.

E per quanto riguarda la distinzione tra gradi di colpa?
Anche lì, non ci siamo permessi di arrivare noi a descrivere quando è colpa grave, lieve o media. Lì interverranno la giurisprudenza e il diritto. Per noi la colpa è colpa, ed è esclusa solo in caso di imperizia e quando siano state rispettate le buone linee e le buone pratiche.


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