In parlamento

«Perché ci preoccupa la manovra 2016»

di Nerina Dirindin (Pd, commissione Igiene e Sanità del Senato)

Da qualche anno la malattia è tornata ad essere una preoccupazione per gli italiani. La crisi economica e le restrizioni imposte alla spesa pubblica stanno mettendo in dubbio una certezza che credevamo ormai acquisita: quella di poter contare, in caso di malattia, in un sistema in grado di garantire i trattamenti necessari senza oneri a carico del beneficiario (salvo eventualmente il ticket). Le antichissime paure di non poter sostenere il costo delle cure sembravano definitivamente superate, nonostante una spesa sanitaria pubblica inferiore di circa un terzo alla media dei principali paesi dell'area Euro.
Il caso dei farmaci per l'epatite C sta rendendo evidente che l'accesso a trattamenti efficaci è pesantemente condizionato dalla disponibilità di risorse, così come sappiamo succede da anni per altri trattamenti, come l'assistenza alle persone non autosufficienti, in particolare agli anziani. E le difficoltà che oggi si incontrano per aggiornare i Lea (che ormai risalgono al 2001), inserendo ad esempio nuovi ausili informatici per le persone con disabilità grave o il riconoscimento di oltre 100 malattie rare, è segno del rischio reale che il nostro Paese sta correndo di continuare a negare soprattutto in alcune realtà trattamenti importanti per le persone più fragili.

La legge di stabilità per il 2016 sembra non invertire la rotta
Non si tratta tanto del mancato aumento dei finanziamenti (mancato aumento perché a legislazione vigente il fondo avrebbe dovuto aumentare di 3 miliardi, invece aumenta solo di 1 miliardo, per di più a fronte di maggiori oneri per circa 1,5 miliardi – per nuovi Lea, rinnovo dei contratti, piano vaccini e farmaci innovativi – con il risultato che per il 2016 le risorse nette si riducono di circa mezzo miliardo), ma della mancata attenzione ad alcuni temi da tempo segnalati come prossimi ad essere esplosivi.

In primo luogo la situazione del personale
La riduzione della spesa per il personale dipendente (diminuita di oltre 1,5 miliardi di euro dal 2010 al 2014) e i numerosi vincoli imposti alle aziende stanno indebolendo il servizio sanitario in tutte le regioni, elevando l'età media dei dipendenti e demotivando la principale risorsa su cui può contare un sistema di tutela della salute. Preoccupante è l'uso sempre più intensivo della forza lavoro, con turni massacranti, largo impiego di precariato, ricorso al lavoro temporaneo, penalizzazioni economiche e di carriera, fenomeni che sono stati oggetto di richiami anche dall'Europa e dalla Corte di Giustizia europea.
Preoccupa in secondo luogo la mancanza di una chiara visione strategica, in una prospettiva sociale di cura e di sostenibilità del sistema, nei confronti dei nuovi farmaci ad alto costo. L'emergenza sull'epatite C è stata affrontata per il 2015 con un provvedimento condiviso ma che ha mostrato alla prova dei fatti tutti i suoi limiti. Basta pensare che a tutt’oggi le regioni non hanno ancora ricevuto alcun rimborso da parte del ministero per le spese da loro sostenute, nonostante lo stanziamento disponibile. Per non parlare della mancanza di certezza dei costi e delle regole, da cui comportamenti disomogenei a livello regionale (per la verità attribuibili anche ad altre carenze delle regioni).
La legge di stabilità per il 2016 contiene naturalmente anche novità che potrebbero rivelarsi efficaci, nel medio periodo, ai fini di una razionalizzazione del sistema proprio là dove fino ad ora non si era riusciti ad intervenire. Si pensi ad esempio all'attenzione dedicata ai grandi ospedali, centri di potere difficilmente governabili, anche se non è chiaro con quali strumenti si pensa di risolvere, in tre anni, le situazioni più gravi e ormai croniche, senza far ricadere sui pazienti e sui lavoratori gli effetti delle misure. Anche gli interventi sul sociale sono sicuramente un segnale importante per un settore troppo a lungo trascurato. Ma nel complesso il giudizio sulla legge di stabilità per il 2016 per quanto riguarda le politiche per la tutele della salute non può che essere di grande preoccupazione.


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