Imprese e mercato

Secondo pilastro, quel modello Usa a cui guardano le imprese

di Rosanna Magnano (da Il Sole 24 Ore di oggi)

L’accordo Jp Morgan, Amazon, Buffett sul welfare sanitario negli Usa è un modello che l'industria italiana della filiera salute osserva con attenzione, consapevole che il sistema delle cure è a un momento di svolta. «Il Sistemasalute sanitario italiano – spiega Rosario Bifulco, presidente del gruppo Scienze per la vita di Confindustria – viene finanziato dallo Stato sempre con la stessa cifra da dieci anni (nel 2018 il Fsn è di 114 mld ndr), che non basta a soddisfare una domanda di salute in crescita da parte di una popolazione sempre più anziana. E lo dimostrano - aggiunge - gli squilibri che si sono creati, le liste d'attesa e la spesa privata dei cittadini, che ormai ha toccato quota 50 miliardi per servizi e prestazioni non coperte dal pubblico. Solo 5 di questi passano da sistemi organizzati, come assicurazioni o fondi. In questo quadro, Confindustria - spiega Bifulco - immagina un modello in cui il Sistema sanitario pubblico garantisca le cure ai meno abbienti e ai casi più gravi e complessi, ma chi ha la possibilità deve contribuire alla copertura dei costi sanitari. Ad esempio attraverso i fondi negoziali, come accade in Francia e Germania. Che andrebbero però defiscalizzati anche dal lato delle imprese. L'obiettivo è quello di efficientare la spesa sanitaria out of pocket e premiare gli erogatori pubblici o privati più virtuosi».


Il modello Usa insomma va guardato ma non necessariamente imitato. «È un segnale che nella sanità c'è bisogno di qualcosa di nuovo e che la salute dei cittadini è una priorità ineludibile», spiega Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria. «Da tempo diciamo che nuovi partner stanno entrando nel mondo della salute, primi fra tutti i giganti dell'Ict. E nulla sarà come prima se si vuole garantire la sostenibilità del sistema. Ma l'Italia ha una sua specificità. Abbiamo la fortuna di avere un sistema sanitario universalistico, che però ha bisogno di un tagliando e le nuove proposte dovranno arrivare». Uno spazio aperto è il welfare aziendale. E l'industria farmaceutica ha da tempo scelto questa via. «Sono anni – continua Scaccabarozzi - che abbiamo inserito nella contrattazione la sanità integrativa per tutti i dipendenti. Abbiamo pacchetti di screening oncologici per le donne, che sono oltre il 40% dei nostri addetti. E poi c'è la compartecipazione alla spesa per le cure, compreso il rimborso dei ticket».

Tra le industrie all'avanguardia c'è anche Roche, che in Italia ha tre divisioni e 1.240 dipendenti. La ricetta è tutta centrata sulla prevenzione, con piani sanitari integrativi, equipe salute presente in azienda, palestre con personal trainer e massaggiatori tre giorni alla settimana.

Anche per Assobiomedica, il welfare aziendale è un grande tema. «Creare un clima in cui si può lavorare meglio – sottolinea il presidente Massimiliano Boggetti – consente un recupero di efficienza e qualità di vita. E ora l'industria è sempre più chiamata a occuparsi del benessere dei propri dipendenti, soprattutto in un quadro di definanziamento della sanità pubblica».

Insomma l'operazione realizzata negli Stati Uniti è vistosa ma in Italia il cambiamento è già in atto. «Lo Stato italiano – spiega Gabriele Pelissero, presidente dell'Associazione italiana degli ospedali privati – si è assunto interamente l'onere assicurativo per i cittadini. Se la finanza pubblica riuscirà nel tempo a garantire il finanziamento necessario il sistema continuerà in questo modo. Se le condizioni economiche nazionali e internazionali porranno dei problemi, dovremo interrogarci su come continuare ad assicurare l'universalità delle cure. E questa potrà trovare un aiuto in un grande patto del mondo del lavoro, imprese e lavoratori. È il mondo del secondo pilastro a cui sta pensando
Confindustria. Un mondo che si articola in fondi e assicurazioni. Bisogna però tutelare la libertà di scelta del cittadino, all'interno di un sistema di garanzie complessive soprattutto per i più deboli».


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