Imprese e mercato
Appalti centralizzati, la medicina di laboratorio fa i conti con la spending review
di Ernesto Diffidenti
Secondo il vocabolario Treccani “spending review” è un’espressione inglese «che indica un insieme complesso di procedure e politiche atte a migliorare la gestione (e la programmazione) del bilancio...». Nel vocabolario sanitario, invece, la locuzione è stata tradotta spesso come «insieme di tagli lineari per migliorare i conti pubblici». Una differenza non da poco che preoccupa la filiera della medicina di laboratorio riunita intorno a un tavolo di lavoro da Il Sole 24 Ore-Sanità.
Imprese, provveditori, laboratori, ingegneri insieme con i rappresentanti dei pazienti e del sistema degli Mmg hanno discusso sul tema «La medicina di laboratorio: un valore per la salute umana». Con un convitato di pietra: il Public procurement. Ancora un’espressione inglese, ancora perplessità sulla traduzione: appalti pubblici trasparenti ed efficaci, oppure centralizzazione degli acquisti per ottenere il massimo risparmio? Sugli apparati biomedicali i riflettori sono accesi ormai da un po’ e il timore è che nell’Italia dei 21 sistemi sanitari diversi il nuovo codice degli appalti finisca solo per comprimere i prezzi, senza rispondere ai reali bisogni del territorio.
In una fase in cui, grazie proprio ad analisi mirate, cresce il ruolo della medicina personalizzata, dilaga il sospetto che le gare con “lotti unici” non corrispondano appieno alle esigenze del paziente. Senza contare - è emerso dal tavolo di lavoro - che una gara pluriennale spinge inevitabilmente fuori mercato le piccole imprese con un duplice danno economico e sociale. Insomma, il processo deve essere governato per evitare quel corto circuito che potrebbe sì alimentare gli auspicati risparmi voluti dal Governo ma allontanare dal centro dell’attenzione il diritto non solo a curarsi ma a curarsi bene.
Per questo gli addetti ai lavori, i professionisti coinvolti a vario titolo nella gestione dei laboratori, chiedono un ruolo attivo nelle commissioni che dovranno decidere i parametri. Chiedendo di rovesciare la piramide: al primo posto non deve esserci il prezzo minimo ma il rispetto delle esigenze della comunità. La sintesi appare difficile da trovare ma può diventare possibile con il contributo di tutti. La centralizzazione degli acquisti, d’altra parte, appare ormai una strada impossibile da abbandonare dunque il tema principale diventa “cosa” comprare e “come”, valutando il peso dei servizi e il ruolo delle tecnologie più avanzate, ovviamente più costose ma evidentemente più utili alla diagnosi. Un percorso che deve passare attraverso una vera e propria ristrutturazione del sistema a partire dagli stessi laboratori.
«Lo sforzo di riorganizzazione dei laboratori attraverso consolidamenti, aggregazioni e razionalizzazione - spiega Pierangelo Clerici, presidente Fismelab - è ormai patrimonio genetico dei professionisti di laboratorio». Un percorso che, tuttavia, «cozza fortemente con la fretta delle centrali di acquisto nel far decollare gare uniche; si rischia di generare inefficienze tecnologiche che non servono al bisogno reale della popolazione afferente ad un determinato centro».
Purtroppo, secondo Clerici, il codice degli appalti, che seppur un fondamento operativo può averlo, «si dimostra assolutamente inadeguato alle caratteristiche merceologiche dei prodotti di medicina di laboratorio» finendo con il generare «bandi con indicazioni di caratteristiche minime per cui si ricadrà ancora nella scelta al minor prezzo».
«Altra situazione critica - aggiunge il presidente Fismelab - è rappresentata dalla scelta dei membri delle commissioni per le gare dove diventa imperante il conflitto di interessi che è inapplicabile in un mondo dove i contatti tra professionisti e aziende (tutte) sono costanti in assoluta trasparenza. Bisognerebbe escludere solo chi con evidenza risulta corrotto».
La proposta concreta di Clerici è quella di «un accordo quadro tra le centrali di acquisto e le aziende produttrici al fine di garantire al professionista una scelta tra aziende qualificate secondo le necessità».
Per Claudio Amoroso, Direttivo Fare è auspicabile che la centralizzazione degli acquisti «sia sempre più governata e condivisa nella sua concreta applicazione dai diversi stakeholder coinvolti nella filiera dell’approvvigionamento di beni e servizi sanitari compresi quelli utilizzati in medicina di laboratorio». La centralizzazione, a fianco di obiettivi prettamente economici, deve garantire la qualità delle prestazioni come ci ricorda il nuovo Codice degli appalti. «Occorre evitare una centralizzazione estrema - spiega Amoroso - non aggregare di tutto e di più ma per alcuni specifici beni sanitari ascoltare prima i diretti utilizzatori, diversamente si corre verosimilmente il rischio che più ci si allontana nella scelta dall’utilizzatore e maggiormente si rischia di acquistare prodotti inappropriati». Per Amoroso è pur vero che gli utilizzatori mantengono in questa filiera «una leva importante che è quella di poter e dover definire con evidenze scientifiche i propri fabbisogni, intesi non solo come quantitativi ma anche e principalmente come qualità e caratteristiche dei prodotti richiesti, potendo in tal modo incidere concretamente e correttamente nella definizione dei lotti di gara».
Ma tornando sugli aspetti economici della centralizzazione in sanità, secondo Amoroso «occorre constatare che nelle gare esperite in forma aggregata è facile evidenziare risultati economici positivi ma non sempre è possibile misurare quelli legati agli esiti di cura. Quindi ben venga l’utilizzo di nuovi e vecchi strumenti che ci mette a disposizione il nuovo Codice, quali l’accordo quadro, il dialogo competitivo, le procedure competitive negoziate e le consultazioni preliminari di mercato per costruire capitolati che possano mettere d’accordo mercato e stazioni appaltanti, con soluzioni che possano soddisfare esigenze differenziate ma non standardizzate richieste dagli operatori sanitari».
Secondo Lorenzo Leogrande, presidente Aiic, «analisi dei bisogni, progettazione, e riorganizzazione sono tematiche di primaria importanza nella medicina di laboratorio: costituiscono attività necessarie e propedeutiche al procurement, in grado di produrre risultati di sistema ben oltre le stesse strategie di acquisto».
Le normative degli ultimi anni infatti, hanno indicato i requisiti di accreditamento e le linee guida per la riorganizzazione dei laboratori in una logica di rete. Trasversale e mai scontato, per gli ingegneri clinici, è altresì il tema delle competenze. «Una delle principali necessità è infatti quella di coinvolgere tutti i rappresentati del settore (clinico, ingegnere clinico, provveditore, cittadini, industria, ecc.) in un processo di procurement complesso - sottolinea Leogrande - poiché complesso è l’ambito tecnologico di riferimento. Non si parla infatti di una singola tecnologia, ma di una moltitudine di sistemi che debbono integrarsi tra di loro, nel sistema ospedale, e nella rete di laboratori. Integrazione ed interoperabilità dei sistemi rappresentano vincoli di progetto non sempre gestibili in modo standardizzato all’interno di una procedura di gara aggregata». In ogni caso i processi di acquisto, aggregati e non, non possono prescindere da una necessità di monitoraggio dei risultati.
«Risultati - avverte Leogrande - che non si debbono e non si possono limitare e un mero esito economico, ma debbono necessariamente contemplare valutazioni sulla reale implementazione e funzionalità di quanto aggiudicato, sull’impatto dei costi (non solo di aggiudicazione), sulla reale innovazione delle soluzioni introdotte. In sintesi va verificato e monitorato il reale costo benefico delle soluzioni implementate. Condizione necessaria affinché ciò è che le procedure di procurement siano non solo gestite ma governate!»
Tonino Aceti, coordinatore nazionale Tribunale per i diritti del malato, ha trovato «positivo» che dopo un primo confronto sulla centralizzazione degli acquisti in sanità, strumento che influisce sulla qualità della spesa sanitaria pubblica e dell’ assistenza sanitaria fornita ai cittadini, «ci sia già una generale convergenza dei diversi attori su una serie di questioni che per quanto ci riguarda sono qualificanti».
Eccone alcuni esempi. «Anziché contrastare il concetto di centralizzazione - spiega Aceti -, oggi è strategico “governarlo e guidarlo” nella sua implementazione, al fine di rimettere con forza al centro la salvaguardia dei diritti dei pazienti. Se non raccogliamo questa sfida, se non saremo protagonisti di questo processo, peraltro già deciso da molteplici leggi dello Stato, il rischio è quello che diventi ancor di più uno strumento prevalentemente finalizzato al contenimento/razionamento della spesa pubblica, anziché ad una sua qualificazione e al miglioramento dell’assistenza resa ai cittadini». Secondo Aceti per governare le centralizzazioni «c’è bisogno innanzitutto di “competenze”, quelle dei cittadini/pazienti e dei professioni della sanità, cioè di coloro che ricevono ed erogano ogni giorno le cure garantite dal Ssn. E perché no, anche delle competenze del mondo delle imprese». Queste competenze oggi invece, secondo il coordinatore del Tribunale per i diritti del malato, «non sono sempre assicurate negli acquisti in sanità e non esistono regole chiare che le prevedano. È ineludibile correggere gli attuali sistemi di valutazione delle centralizzazioni perche volti oggi a quantificare il solo risultato economico e non anche l’impatto sulla qualità dell’assistenza erogata e sugli esiti di salute prodotti. È necessario produrre evidenze sull’impatto globale delle centralizzazioni e su questa partita professionisti e cittadini/pazienti possono e devono avere un ruolo da protagonisti. La prossima legge di bilancio - conclude Aceti - può rappresentare una prima occasione per provarci tutti insieme».
Anche Roberto Stella, presidente Snamid ritiene «utile ed ineludibile» il processo ormai avviato di centralizzazione degli acquisti purché vengano tenute in considerazione alcune questioni«a partire dalla riorganizzazione dei laboratori di analisi che costituisce un primo rilevante elemento di criticità». «La programmazione degli acquisti deve essere fatta per aree territoriali omogenee per organizzazione, gestione e tecnologie possedute - aggiunge Stella - mentre assume una importanza cruciale la rilevazione dei bisogni anche sulla base della domanda di salute dei cittadini. Inoltre è necessario fare “rete” coinvolgendo tutti gli stakeholders sia nella fase di programmazione degli acquisti che nella valutazione degli esiti e dei risultati e, infine, occorre pianificare percorsi formativi adeguati per ottenere un alto livello di competenza degli operatori senza perseguire la logica del risparmio quale unico elemento decisionale evitando di assimilare il public procurement ad un mero strumento di finanza pubblica». Insomma per Stella è «meglio comprare bene piuttosto che comprare “a meno”». Infine, per Snamid, tagli e contenimento della spesa «non possono privare medici e pazienti di strumenti indispensabili e a volte esiziali per il percorso di cura».
Le industrie della diagnostica in vitro, infine, che fatturano 10,2 milioni di euro. Secondo Massimiliano Boggetti, presidente Assodiagnostici di Assobiomedica la centralizzazione degli acquisti per la diagnostica di laboratorio «va attentamente governata innanzitutto attraverso una mappatura dei fabbisogni di aree territoriali omogenee, così che si eviti un accorpamento della domanda inappropriato e senza criterio». Un lavoro di analisi e di riorganizzazione dei processi dei laboratori e della loro distribuzione territoriale, per Boggetti «dovrebbe precedere l’identificazione dei reali bisogni e concludersi quindi con l’indizione di una gara per l’acquisizione dei servizi atti a soddisfare i bisogni identificati».
«In questo percorso - spiega il presidente di Assodiagnostici - le imprese sono disponibili a dare il loro contributo attivo, ciò consentirebbe anche di misurare i risultati dei processi di acquisto come ricaduta positiva sul paziente e non come mero risparmio economico».
È inoltre importante, secondo Boggetti «che nella definizione della domanda vengano coinvolti tutti i soggetti che hanno un ruolo attivo nell’utilizzo, nella gestione e nella fruizione delle forniture: pazienti, professionisti di medicina di laboratorio, medici di medicina generale, ingegneri clinici e imprese».
«L’Associazione Assodiagnostici di Assobiomedica non condividendo il principio di eccessiva massificazione degli acquisti che talvolta si sta definendo con una centralizzazione troppo spinta - conclude Boggetti - suggerisce di introdurre modelli di accordo quadro negli acquisti della diagnostica di laboratorio, soprattutto quando si vanno a fornire bacini di utenza troppi ampi. Questo consentirebbe di definire principi e strumenti che evitino di ostacolare il mercato e la concorrenza, in modo da soddisfare le specifiche esigenze dei pazienti e non andare contro l’innovazione tecnologica prodromica, fra l’altro, allo sviluppo della medicina personalizzata».
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