Sentenze

Fecondazione eterologa: ecco il dispositivo della sentenza 162/2014 della Consulta che boccia il divieto della legge 40

Fecondazione eterologa: «Il diritto ad avere figli è incoercibile». Con queste parole la Corte costituzionale ha bocciato la legge 40/2004 nel dispositivo della sentenza emessa il 9 aprile scorso e pubblicata ieri sera sul sito della Consulta. Inoltre secondo la Corte il divieto di fecondazione eterologa creava una discriminazione tra le coppie infertili sulla base delle loro possibilità economiche. Secondo i magistrati con la caduta della norma, dichiarata incostituzionale, non si crea alcun vuoto normativo.

«La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima e intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali», sostiene la Consulta nella sentenza 162/2014 che con la pubblicazione delle motivazioni sul sito della Corte e poi in Gazzetta ufficiale diventa legge, cancellando il divieto introdotto nel 2004 dalla legge sulla procreazione assistita.

La scelta di «diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi» secondo i giudici. E questo vale «anche per la coppia assolutamente sterile o infertile», che decida di procedere alla fecondazione eterologa.

Sulle scelte terapeutiche, i giudici costituzionali ribadiscono quando già scritto nella sentenza 151 del 2009: «In materia di pratica terapeutica, la regola di fondo deve essere la autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali». «Un intervento sul merito delle scelte terapeutiche - si legge nel testo - in relazione alla loro appropriatezza, non può nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore».

La Corte giudca "irrazionale" la legge 40 perché ha discriminato tra coppie con diversi problemi di sterilità, negando proprio a quelle con problemi più gravi l'accesso all'unica tecnica che avrebbe consentito loro di mettere al mondo un figlio e violando così il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione. «La preclusione assoluta di accesso alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo introduce un evidente elemento di irrazionalità – si legge nella sentenza -, poiché la negazione assoluta del diritto a realizzare la genitorialità, alla formazione della famiglia con figli, con incidenza sul diritto alla salute, è stabilita in danno delle coppie affette dalle patologie più gravi, in contrasto con la ratio legis».

Ulteriore prova dell'irrazionalità, si legge nella sentenza, è in «un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette dalla più grave patologia, in base alla capacità economica delle stesse, che assurge intollerabilmente a requisito dell'esercizio di un diritto fondamentale, negato solo a quelle prive delle risorse finanziarie necessarie per potere fare ricorso a tale tecnica recandosi in altri Paesi». Secondo i giudici cioè il divieto ha prodotto anche una discriminazione di natura economica perché le coppie che hanno potuto permetterselo sono andate a fare la fecondazione eterologa all'estero. Possibilità in qualche modo regolamentata dalla stessa legge 40 che, pur vietando la fecondazione eterologa, ne disciplinava gli effetti, a tutela del nato.

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