Dal governo
Superticket, Cittadinanzattiva: «Abrogarlo subito in legge di bilancio». Ecco la mappa
di Rosanna Magnano
Stop al superticket sulle prestazioni specialistiche e ambulatoriali, ma senza fretta. Il meccanismo andrà gradualmente rivisto. Su questa possibilità si sono pronunciati all’unisono Governo e Parlamento, ieri alle prese con l'approvazione della nota di aggiornamento al Def. Ma la tassa più detestata dai pazienti andrebbe invece abolita da subito. Lo sostiene il Tribunale dei diritti del malato-Cittadinanzattiva che ha monitorato l’applicazione del superticket nelle regioni.
Da misura provvisoria a tassa strutturale
La misura è stata introdotta dalla finanziaria 2011, che prevede il pagamento di una quota fissa per ricetta di 10 euro. Consentendo però alle Regioni di adottare, in alternativa, misure differenti che assicurino lo stesso gettito, in aggiunta rispetto alle misure eventualmente già vigenti. Una “libertà” che si è tradotta in diseguaglianza di accesso alle cure e in uno svantaggio per le stesse casse del Sistema sanitario nazionale (Ssn). Ragioni che hanno spinto l'associazione dei pazienti Tribunale dei diritti del malato-Cittadinanzattiva a raccogliere in sei mesi 35mila firme per l'abrogazione di questa tassa: «Ci aspettiamo che nella prossima legge di bilancio – sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale dell'organizzazione - il superticket sia eliminato. Si tratta di uno strumento nato come provvisorio, con una legge finanziaria, e poi diventato strutturale. Ora dovrà essere eliminato con un'altra manovra finanziaria. Per facilitare l'accesso alle cure e rilanciare il servizio pubblico, sempre meno competitivo rispetto alla sanità privata in termini di costi per il cittadino, soprattutto per certe prestazioni. E che ha finito per danneggiare la salute degli italiani ma anche il budget del Ssn. Basti pensare che il gettito da ticket per la specialistica di laboratorio è calato negli anni».
Regione che vai, superticket che trovi
La mappa del superticket è decisamente variabile e ogni regione ha la sua formula. Secondo il monitoraggio di Cittadinanzattiva, attualmente 5 regioni non lo applicano (Valle d'Aosta, PA Bolzano, Basilicata, Sardegna, la PA Trento dal 1 giugno 2015 prevede una quota di 3 euro), 8 regioni lo prevedono (Abruzzo, Liguria, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia). Le restanti applicano misure alternative. Misure a loro volta articolate in diverse modalità: in 5 regioni (Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche,) la quota ricetta è rimodulata in base al reddito familiare, in 3 (Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia) la rimodulazione è basata sul valore della ricetta. E sono differenti sia le fasce di reddito applicate, sia le modalità di calcolo del reddito (reddito familiare o Isee), sia le fasce di valore delle ricette. E alcune regioni prevedono ticket differenziati per alcune prestazioni ad alto costo (Tac, risonanza magnetica, Pet, chirurgia ambulatoriale). Un ginepraio che si estende anche alle esenzioni. Si va da esenzioni per specifiche condizioni di salute (malattie rare, invalidità, gravidanza) o per alcune attività di prevenzione (screening per alcuni tumori, test HIV) o per alcune categorie di cittadini individuate in base all'associazione tra condizioni personali, sociali e reddituali.
I costi
dell’abrogazione: stime da 500 mln a un mld
Quanto costerebbe abrogare il superticket? Le stime degli stakeholder variano da 500 mln a 1 miliardo. Per Cittadinanzattiva, trovare le risorse è fattibile: «Servono solo 834 milioni di euro. Ben poca cosa rispetto - conclude Aceti - agli 8 miliardi e mezzo per il Fondo Sanitario ai quali Governo e Regioni hanno rinunciato per gli anni 2017-2018: insomma una cosa possibile, basta solo volerlo».
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