Dal governo

Focus Hta per superare le disuguaglianze in sanità

di Rosanna Magnano

«Un programma nazionale di Hta per dispositivi medici con l’obiettivo di promuovere un sistema istituzionale in grado di definire procedure che supportino l'introduzione delle prestazioni nei Lea e le eventuali scelte di disinvestimento selettivo. Procedure che devono basarsi anche sulle logiche Hta». È uno dei punti chiave della policy per il welfare italiano illustrato dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin in apertura del 14° Meeting annuale dell’Health Technology Assessment international (HTAi) in corso a Roma, dal 17 al 21 giugno 2017.

In quest’ottica la ministra ha ricordato la creazione presso l’Iss «di un nuovo Centro nazionale per la Health Technology Assessment» e il rafforzamento promosso dall’Italia della cooperazione europea sia politica che tecnica su questo tema, oltre alle attività di collaborazione nel settore della negoziazione dei prezzi dei farmaci.

Uno snodo centrale, quello dell’Hta, per assicurare tempestivamente l'accesso dei pazienti alle innovazioni tecnologiche di alto valore e per garantire, allo stesso tempo, la sostenibilità dei sistemi economici e sociali.

«Lo strumento dell'Hta – sostiene Lorenzin - è estremamente importante per farci valutare i costi-benefici e i costi evitati. Faccio un esempio sull'epatite C: l'utilizzo dei registri e la tracciabilità del paziente e del farmaco ci fa comprendere ad esempio a quanto ammontino i costi evitati rispetto ai trapianti di fegato che noi abbiamo per i pazienti trattati per l'epatite. Oltre ad aver salvato la vita a migliaia di persone, noi abbiamo migliorato la qualità della vita e abbiamo risparmiato 10 volte di più rispetto a quel che abbiamo speso».

«L'Italia ha una lunga esperienza alle spalle nel campo della valutazione dei sistemi in sanità. Il problema del sistema sanitario italiano è legato alla regionalità e alla differenza fra varie comunità», afferma il presidente della HTAi, Guy Maddern.

Trovare il giusto mix tra innovazione, accesso alle cure e sostenibilità è un’esigenza comune a tutti i sistemi sanitari Ue. Ma se per i farmaci esiste un forte percorso regolatorio comune e un’Authority specifica come l’Ema, non potrà invece esserci un’autorità centrale europea sull’Hta. «Su questo la Commissione è stata molto chiara - spiega Americo Cicchetti, presidente di Sihta e direttore di Altems - e il percorso sarà quello di una cooperazione rafforzata tra gli Stati membri per accelerare il processo di valutazione ed evitare che sulla base degli stessi dati vengano prese decisioni diverse, che creano disparità di accesso alle terapie, che non possono essere accettate dai pazienti, troppo spesso costretti a migrare per ricevere le cure più appropriate».

Farmaci e innovazione sotto la lente Ue
«L'autorizzazione di un farmaco – osserva il direttore dell'Agenzia europea del farmaco Ema, Guido Rasi - da parte delle autorità regolatorie non coincide più con l'accesso ai medicinali da parte dei pazienti. Tutte le parti coinvolte nel processo decisionale hanno il dovere di collaborare per garantire l'accesso ai medicinali che possono fare la differenza per la vita dei pazienti. Operativamente questo significa che enti regolatori e autorità Hta debbano lavorare a stretto contatto, contribuendo a generare l'evidenza scientifica necessaria a valutare il rapporto dei benefici verso i rischi di un medicinale ed allo stesso tempo il rapporto dei costi verso i benefici».

Una collaborazione tra i partner comunitari già molto forte sul fronte dell’antibiotico-resistenza. «Ci sono una serie di iniziative importanti - spiega Rasi - coordinate dall’Oms su varie linee di intervento. La prima è quella di trovare metodologie regolatorie che facilitino e incentivino lo studio e gli investimenti, il secondo obiettivo è di incoraggiare politiche comuni a livello nazionale per un uso appropriato e terzo, trovare a livello politico attività e modelli incentivanti di promozione della ricerca di base con approcci nuovi rispetto al tradizionale antibiotico».

Il problema dell’antibiotico resistenza è che gli investimenti non sono significativi né da parte pubblica né da parte privata. «In teoria per ridurre la capacità di resistenza, l’antibiotico - continua Rasi - andrebbe riservato a popolazioni molto ristrette e questo ovviamente da un punto di vista commerciale crea delle limitazioni e non è incentivante a investire in questo settore. Non si può immaginare che l’antibiotico sia in qualche strano magazzino inaccessibile, esiste un problema scientifico oggettivo e serve un approccio nuovo».

Sui vaccini la strada di un percorso comune europeo è ancora prematura. «Sarebbe ottimo avere un calendario vaccinale unico europeo - continua il vertice Ema - ma siamo nell’ambito di disponibilità economiche differenziate ed epidemiologie un po’ diverse. È una prerogativa degli Stati nazionali ma sarebbe un vantaggio per la salute pubblica assumere un punto di vita più olistico».

Altra grande partita è quella dei farmaci innovativi, del loro impatto sui bilanci nazionali e della possibilità di un coordinamento europeo degli acquisti e delle trattative con le industrie produttrici. Una partita complessa, quella dei prezzi, sulla quale l’Ema non ha alcuna competenza. Ma sul capitolo innovativi, i cantieri dell’Agenzia europea dei medicinali sono invece aperti sulla possibilità di una migliore pianificazione. «Su questo fronte - chiarisce Rasi - l’Ema può certamente fare da collante. Per definire da subito, in parallelo invece che in sequenza, il valore aggiunto di un farmaco innovativo. Decidendo da subito quali dati usare e pianificando da prima quali dati verificare dopo il lancio del prodotto. Perché nessun trial clinico è in grado di dirci da prima quale sarà la performance del farmaco, però non si può neanche aspettare di scoprirlo per caso. Questa pianificazione l’Ema può in qualche modo favorirla, anche se non può farla. In questo modo le informazioni sul prezzo e su come allocare le risorse sarebbero più puntuali. Non che adesso le decisioni vengano prese scorrettamente, ma sono prese su dati parziali e non pianificati e la cui qualità potrebbe essere superiore».

Ema a Milano, decisione entro ottobre
E a margine dell’appuntamento internazionale sull’Hta Rasi ha anche annunciato che «Il Consiglio europeo sta decidendo questa settimana i criteri di attribuzione dell'Ema a una città piuttosto che all'altra. Se si accordano sui criteri è probabile avere una decisione a ottobre». «Ci auguriamo che questo avvenga perché per noi è fondamentale - ha aggiunto - una decisione oltre ottobre creerebbe gravi rischi che il trasferimento avvenga in maniera non efficiente, creando una situazione anche di pericolo che l'Ema possa non funzionare, con le conseguenze di salute pubblica, di farmacovigilanza, di ritardo di accesso ai farmaci, di monitoraggio, di coordinamento delle ispezioni». «Bisogna ricordarsi - ha sottolineato - che sull'Ema ormai 27 Paesi, 28 per ora, basano un coordinamento centrale e di cui non si può fare a meno dopo venti anni. Mi auguro che la decisione venga presa in tempo e in base a criteri razionali e non a una valutazione solo politica. Ma questo sta al Consiglio d'Europa e saranno i 27 primi ministri che si incontreranno e prenderanno questa decisione, auspicabilmente a ottobre».


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