Dal governo

Foia, scatta il diritto alla consultazione dei documenti pubblici

di Ernesto Belisario (avvocato, Studio Legale E-Lex)

Il 23 dicembre non ha annunciato solo le festività natalizie. Dal quel giorno, infatti, è diventata applicabile una delle norme più importanti e attese tra quelle introdotte nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione del Governo Renzi: quella sul c.d. “Foia”, acronimo inglese che sta per Freedom of information act, ovvero la norma che prevede il diritto di chiunque di avere accesso ai dati e ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione.

Il Foia è, da tempo, legge in numerosi Paesi del mondo. Il primo Foia, quello svedese, risale al 1766, mentre la legge americana fu approvata nel 1966.

In Italia, dopo anni di campagne della società civile e di richieste da parte degli esperti, nell’ambito della legge di riforma 124/2015 il Parlamento delegò il Governo ad adottare un decreto che superasse la vecchia disciplina italiana sull’accesso agli atti risalente alla legge 241/1990; tale norma, infatti, limitava la possibilità di consultare e avere copia dei documenti solo a coloro che potessero vantare in ordine a quei documenti un interesse personale, concreto, diretto e giuridicamente rilevante in relazione a quei documenti. Una norma sulla trasparenza assai poco evoluta che non solo ci valeva gli ultimi posti nei rating internazionali in materia, ma che - di fatto - impediva espressamente ogni forma di controllo civico generalizzato sull’operato delle pubbliche amministrazioni (con ogni evidente conseguenza sul ritardo nella lotta alla corruzione e nel recupero di efficienza degli uffici pubblici).

In attuazione di questa delega, il Governo ha adottato il decreto legislativo n. 97 del 25 maggio 2016 che - modificando il decreto 33/2013 in materia di trasparenza - ha introdotto un nuovo diritto di accesso generalizzato, esercitabile da chiunque (senza bisogno di detenere alcun interesse qualificato) su tutti i dati e i documenti presenti negli archivi delle pubbliche amministrazioni, fatto salvo un certo numero di eccezioni.

Per consentire alle amministrazioni di adeguare i propri archivi e le proprie procedure, il legislatore ha previsto un termine di sei mesi per rendere davvero esercitabile questo diritto. E il termine scade proprio il 23 di dicembre.

Alla vigilia delle feste, quindi, le amministrazioni sono chiamate alla delicata sfida dell’adeguamento (organizzativo e tecnologico per la nuova norma) in modo da farsi trovare pronte per le prime richieste di accesso che arriveranno da parte di cittadini, associazioni civiche, giornalisti e imprese.

E, c’è da scommetterci, le amministrazioni del comparto sanità saranno tra le più interessate dalle richieste di accesso sulla base della nuova normativa, in considerazione della grande rilevanza dei dati e dei documenti da esse detenuti a cui, finora, sulla base delle leggi fin qui vigenti ben pochi potevano accedere.

Cos’è il Foia e quando si potrà applicare
Il c.d. Foia rappresenta un nuovo diritto di accesso che si aggiunge a quelli preesistenti (non solo quello di accesso procedimentale previsto dalla legge 241/1990 o quello in materia ambientale previsto del decreto legislativo 195/2005, ma anche quello c.d. “civico” previsto dalla versione originaria del decreto 33/2013 in relazione ai dati, documenti e informazioni che le amministrazioni non avessero pubblicato sul proprio sito web, pur avendone l’obbligo).

La nuova tipologia di accesso - che, per distinguerla dalle precedenti, chiameremo “accesso generalizzato” - è contenuta all’interno del nuovo articolo 5, comma 2, del decreto trasparenza (33/2013), così come modificato dalla riforma della pubblica amministrazione.

La norma espressamente prevede che «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti».

Per la prima volta, nel nostro ordinamento giuridico viene introdotto un diritto di accesso che non è condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti e ha a oggetto tutti i dati e i documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è già stabilito un obbligo di pubblicazione (es. redditi degli amministratori, contratti pubblici, organigramma e dati sul personale, ecc., liste d’attesa).

La ratio della riforma risiede nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

Ciò in attuazione del principio di trasparenza che definisce come accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni non più solo finalizzata a «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche», ma soprattutto come strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa.

L’intento del legislatore è ancor più valorizzato in considerazione del fatto che la trasparenza è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, e integra il diritto a una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino.

La trasparenza diviene, quindi, principio cardine e fondamentale dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e dei loro rapporti con i cittadini.

Il nuovo diritto di accesso generalizzato potrà essere esercitato da “chiunque”, vale a dire: persone fisiche (indipendentemente dalla loro cittadinanza), persone giuridiche, associazioni anche non riconosciute.

Altrettanto ampia è la sfera dei soggetti nei confronti dei quali è possibile attivare l’accesso generalizzato: pubbliche amministrazioni in senso stretto (ministeri, Comuni, Provincie, Regioni, Scuole, Università, Camere di commercio e, naturalmente, le aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale), autorità portuali e autorità amministrative indipendenti, enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico e altri enti di diritto privato assimilati, società in partecipazione pubblica e altri enti di diritto privato assimilati.

Sotto il profilo dell’ambito oggettivo, l’accesso generalizzato è esercitabile relativamente «ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione», ossia per i quali non sussista uno specifico obbligo di pubblicazione. Di fatto, quindi, il nuovo diritto potrà essere esercitato nei confronti dell’intero contenuto degli archivi di ciascuna pubblica amministrazione (fatte salve, naturalmente, le eccezioni previste).

Come potrà essere esercitato il diritto di accesso generalizzato?
L’istanza di accesso generalizzato potrà essere presentata anche telematicamente e andrà indirizzata direttamente all’ufficio che detiene i documenti, oppure all’Ufficio relazioni con il pubblico, oppure ancora ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale. All’interno della richiesta andranno identificati i dati, le informazioni o i documenti che si desidera richiedere.

Ciò vuol dire che eventuali richieste di accesso generalizzato saranno ritenute inammissibili laddove l’oggetto della richiesta sia troppo vago da non permettere di identificare la documentazione richiesta. Resta comunque ferma la possibilità per l’ente destinatario dell’istanza, in virtù di un principio di collaborazione, di chiedere di precisare la richiesta di accesso civico identificando i dati, le informazioni o i documenti che si desidera richiedere.

Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto (e documentato) dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali.

Naturalmente, nel caso in cui l’istanza di accesso civico possa incidere su interessi di soggetti controinteressati legati alla protezione dei dati personali (ed è probabile che accada in ambito sanitario), o alla libertà e segretezza della corrispondenza (con riferimento alle comunicazioni del personale) oppure agli interessi economici e commerciali (ad esempio, in relazione alle procedure di affidamento e ai rapporti con i fornitori) è necessario che l’ente destinatario dell’istanza di accesso civico ne dia comunicazione agli stessi. In tal modo, il soggetto controinteressato potrà presentare una eventuale e motivata opposizione all’istanza di accesso civico entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione della richiesta di accesso civico. Decorso tale termine, l’amministrazione provvederà sulla richiesta di accesso civico, accertata la ricezione della comunicazione da parte del controinteressato.

Il procedimento di accesso civico dovrà concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza con la comunicazione del relativo esito al richiedente e agli eventuali controinteressati. Tali termini sono sospesi nel caso di comunicazione dell’istanza al controinteressato durante il tempo stabilito dalla norma per consentire allo stesso di presentare eventuale opposizione (10 giorni dalla ricezione della comunicazione).

In caso di accoglimento, l’amministrazione provvederà direttamente a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, senza bisogno - quindi - di convocare il richiedente presso l’ufficio per fargli consultare “le carte”. Laddove vi sarà, invece, l’accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato, l’amministrazione sarà tenuta a darne comunicazione a quest’ultimo. I dati o i documenti richiesti potranno essere trasmessi al richiedente non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato, ciò anche al fine di consentire a quest’ultimo di presentare opposizione.

La disciplina in materia prevede che in caso di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine di trenta giorni, il richiedente - prima di rivolgersi al giudice amministrativo - possa:

a) presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni;

b) in alternativa, laddove si tratti delle amministrazioni delle Regioni o degli enti locali, il richiedente può presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale (qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore).

Quali sono le eccezioni?
Come già accennato, la regola della generale accessibilità è bilanciata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni.

In particolare, l’accesso generalizzato è escluso nei casi in cui una norma di legge sottrae alcune informazione e documenti alla conoscibilità del pubblico (come nel caso di segreto di Stato).

Al di fuori dei casi sopra indicati, possono ricorrere, invece, limiti (eccezioni relative o qualificate) posti a tutela di interessi pubblici e privati che vengono tassativamente elencati:

la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico;

la sicurezza nazionale;

la difesa e le questioni militari;

le relazioni internazionali;

la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

il regolare svolgimento di attività ispettive;

la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;

la libertà e la segretezza della corrispondenza;

gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Il contenuto di tali eccezioni sarà meglio dettagliato in un provvedimento dell’Autorità nazionale Anticorruzione (che, al momento, non è stato ancora pubblicato nella sua versione definitiva) che verrà adottato d’intesa con il Garante della privacy, in ordine ai dati personali.

Nella bozza di linea guida di Anac sottoposta a consultazione, si leggono alcuni chiarimenti importanti per le richieste di accesso generalizzato in materia sanitaria.

In particolare, è specificato che - salvo che non sia possibile un accesso parziale, con oscuramento dei dati - alcuni divieti di divulgazione sono previsti dalla normativa vigente in materia di tutela della riservatezza con riferimento a:

dati idonei a rivelare lo stato di salute, ossia a qualsiasi informazione da cui si possa desumere, anche indirettamente, lo stato di malattia o l’esistenza di patologie dei soggetti interessati, compreso qualsiasi riferimento alle condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici;

dati idonei a rivelare la vita sessuale;

dati identificativi di persone fisiche beneficiarie di aiuti economici da cui è possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati.

Cosa devono fare le amministrazioni prima del 23 dicembre?
In attesa dell’adozione delle Linee guida Anac sulle eccezioni, la gran parte delle amministrazioni italiane sembra ancora non aver compreso la portata della norma che sta per entrare in vigore.

In particolare, sono ancora pochi gli enti che hanno approvato un nuovo regolamento sull’accesso che attui il nuovo principio di trasparenza e provveda a individuare gli uffici competenti a decidere sulle richieste di accesso generalizzato e sull’organizzazione degli archivi (indispensabile per assicurare un veloce e sostenibile riscontro alle richieste che arriveranno dagli utenti).

Questo ritardo, oltre a esporre le amministrazioni a probabili contenziosi, rischia di continuare ad alimentare l’immagine di enti che vivono la trasparenza solo come un fastidioso adempimento, da porre in essere all’ultimo secondo utile.


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