Dal governo

Violenza sulle donne, ecco la strategia italiana

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Anteprima. Sette linee d’azione, sei linee d’indirizzo che toccano temi strategici, per le dirette interessate così come per gli operatori sociosanitari: comunicazione e rappresentazione dell’immagine femminile nei media; educazione, formazione, valutazione del rischio, soccorso e assistenza alle vittime di violenza, reinserimento socio-lavorativo delle vittime e, infine, recupero e reinserimento degli uomini autori di violenza.

Il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, approdato all’esame della Conferenza Unificata e messo a punto dopo una consultazione pubblica dal Dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, che lo presenterà domani pomeriggio a Roma, è un documento corposo che mira a «mettere a sistema le azioni a favore delle donne vittime di violenza maschile, secondo un approccio olistico e multilivello, al fine di contrastare la logica emergenziale che ancora connota la gestione del fenomeno».

Oltre agli strumenti formali di governance - dalla Cabina di regia interistituzionale a natura politica che recepirà gli input dell’Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza che andrà diciplinato da un Dpcm - il Piano (a valenza biennale) vuol partire da una Banca dati nazionale: perché «la misura della violenza può essere approcciata solo attraverso indagini finalizzate a cogliere tutti i segmenti della popolazione, anche quelli che tendono a sfuggire alla rilevazione statistica». Perciò il Dipartimento Pari opportunità in collaborazione con le Regioni e con il privato sociale elaborerà linee di indirizzo nazionali su modalità tecniche uniformi di raccolta dati da parte dei diversi Osservatori regionali sulla violenza. L’obiettivo a lungo termine della Banca dati sarà dare il polso della situazione in ogni momento ed effettuare una mappatura del territorio, ma già nella fase iniziale di raccolta dati saranno presenti informazioni su reato, autori e vittime del reato, eventuale violenza assistita dei minori, procedimenti giudiziari e così via: dalle ingiurie alle percosse allo stato d’incapacità procurato mediante violenza e tutti gli attivi a rilevanza penale.

Il territorio. “E’ lo Stato a farsi carico dell’intero percorso di emancipazione dalla violenza delle donne che ne sono vittime e lo fa con politiche pubbliche che intervengono su più fronti rivoluzionando l’approccio politico e culturale del contrasto a questo fenomeno”, spiega Giovanna Martelli, consigliera del premier Renzi per le Pari opportunità. Ma se la regià resterà nazionale, inevitabilmente il Piano d’azione previsto dall’articolo 5 della legge contro il femminicidio (la n. 119/2013), chiama in causa la governance territoriale. Nasce così l’ennesimo “tavolo di coordinamento”, che dovrà agevolare programmazione, monitoraggio e valutazione di politiche di contrasto e trattamento delle donne vittime di violenza. Otto i convitati: prefettura, forze dell’ordine, Procura della Repubblica, Comuni, associazioni e privato sociale, Asl e aziende ospedaliere, parti sociali, associazioni di categoria. Il

Le risorse. Tra 2013 e 2015 la legge 119 assegna 30 milioni di euro, cui si somma nel 2016 la previsione di altri 10 milioni (legge 147/2013). Altri finanziamenti dovrebbero arrivare dal Pon-inclusione, «anche per lo sviluppo di specifiche misure volte al reinserimento sociale e lavorativo delle donne».
Sul totale, 13 milioni andranno a finanziare per il triennio 2013-2015 le linee d’azione “formazione”, inserimento lavorativo delle vittime, autonomia abitativa anche attrverso un accesso agevolati all’edilizia residenziale pubblica, implementazione dei sistemi informativi; 7 milioni sono dedicati a prevenzione, anche nelle scuole, e comunicazione istituzionale; 2 mln alla creazione e gestione della Banca dati nazionale; 7 milioni, ancora, per progetti di sviluppo della rete di sostegno alle donne e ai loro figli attraverso il rafforzamento dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi che entrano in contatto con le vittime.

Le linee d’azione. I livelli d’intervento previsti dalle azioni sono di tipo preventivo, protettivo e punitivo. La prevenzione poggia su comunicazione, educazione, formazione, mentre alla voce “protezione” compaiono valutazione del rischio, soccorso e reinserimento socio-lavorativo. Capitolo fondamentale, questo: in linea con la Convenzione di Instanbul il Piano italiano punta infatti a valorizzare l’autodeterminazione delle donne attraverso tuti gli strumenti che consentano loro di uscire, sia piscologicamente sia concretamente, dalla morsa del loro o dei loro persecutori. O “maltrattanti”: a loro il documento dedica azioni di prevenzione e recupero, anche con interventi socio-sanitari integrati, psicologici e criminologici.



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