Aziende e regioni

Ben venga la rotta verso il risparmio prescrittivo ma controbilanciata da manager efficaci e Regioni “maggiorenni”

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

Ricordo i memorabili confronti presso la Spisa, la Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione pubblica di Bologna con il bravo manager Francesco Ripa di Meana, tre volte presidente Fiaso, e l’eccellente Luciano Vandelli sul ruolo dei manager della salute. Su un ruolo rinnovamento, sia nei criteri delle nomine che nelle responsabilità per gli atti assunti pedissequamente a seguito di disposizioni regionali. Allo stesso modo non dimentico le conversazioni fatte, su temi differenti e principalmente sul riconoscimento di maggiori meriti ai bravi direttori generali, con la effervescente presidente di Federsanità-Anci, Tiziana Frittelli, ricche di analisi propedeutiche e proposte gestionali innovative.
I manager devono stare più attenti e distaccati dalle esigenze della politica che li nomina
Quelle che riguardavano e riguardano le aziende della salute, oggi mortificate dai bilanci spesso impropri, perché spesso non conformi al vero. Basta guardare alla vicenda dei bilanci delle Asl laziali che vede coinvolti per falso in bilancio otto manager delle corrispondenti Asl indagati dalla Procura della Repubblica della Capitale, con buona pace dei decisori politici e della dirigenza regionale, non solo della sanità, tanto considerati sino ad oggi inspiegabilmente ignari delle gravi violazioni seriali riscontrarti dalla Corte dei conti in sede di parificazione. Esse riguardavano e riguardano la annotazione di crediti, non riscossi e appostati in modo “inusuale” per diverse centinaia di milioni, tali da essere destinate all’oblio senza l’attenzione dedicata dal Magistrato contabile in sede di controllo del rendiconto consolidato della Regione dell’esercizio 2022. Un problema di entità, pare, miliardaria, attenzionato dalla Procura della Repubblica e dell’attuale presidente Rocca che dovrà fare i salti mortali per risolverlo.
In senso di revisione del ruolo dei manager e partecipazione degli stessi alle modalità contrattuali, soprattutto quelli da cui derivano incrementi di spese per erogazione assistenziale, apprezzo le dichiarazioni rese di recente da Giovanni Migliore (v. IlSole24Ore del 28 aprile scorso), presidente in carica della federazione che riunisce i Dg delle aziende sanitarie, intese a pretendere una prescrizione medica meno disinvolta, da parte dei medici di famiglia che ne sono i maggiori generatori.
Un tema, nei confronti del quale il ministro Schillaci sta elaborando un apposito (si presume) decreto-legge, scottante: perché difficile da inquadrare giuridicamente, finanche in rapporto alla Costituzione.
Il diritto alla salute al primo posto, senza se e senza ma
Occorre pertanto stare attenti dal passare dall’incuranza totale sulla spesa sociosanitaria, così come prodotta negli ultimi decenni, per arrivare a un budget ideologico da imporre a tutti figli di Ippocrate, affetti dalla “medicina difensiva”, che poi non risulta sufficiente a non prendere goal.
Non di meno, necessita andare con i piedi di piombo a contraddirsi in continuazione con l’idea di dare oneri e onori alle Regioni e poi di sottrarglieli attraverso controlli concentrati in una Agenas che esercita solo rendicontazioni intempestive, a tal punto da non essere utili al malato perché passato a nuova vita (default) ovvero, alternativamente, quando è già guarito autonomamente a cura di nuove guide politiche.
Alle Regioni, al netto di quanto accadrà con il regionalismo rafforzato, vanno fatte risalire la organizzazione e la gestione dell’attività sociosanitaria, al netto però di quella destinata a profilassi internazionale di esclusiva competenza statale.
Le Regioni e i loro doveri, spesso disattesi,nonché riforme più concrete
Ben vengano le ricette per stare tutti meglio, nel senso di spendere bene, di non spandere affatto, di assicurare dell’assistenza sociosanitarie. I maggiori ritardi che le stesse accusano sono tutti derivanti da tre fattori: la persistenza della spesa storica, in quanto tale non sufficiente a coprire i costi perché viziati dall’inflazione; l’organizzazione ospedaliera rimasta pressoché tale, nella parte pubblica, a causa del Dm77 nato e rimasto, senza i quattrini da investire, come il libro dei sogni; il territorio, bellissimo da ammirare ma angusto da servire, pertanto lasciato con le ’pezze al sedere’, intendendo per tali i medici di famiglia con i telefoni spenti nei week-end lunghi, una guardia medica difficile da usufruirne, le farmacie (le uniche ad essere prontamente attive) e le ambulanze che, obbligati spesso a frequenti mulattiere, fanno fatica a raggiungere utilmente il bisognoso.
A tutto questo aggiungasi il chiasso che ha preceduto e seguito il Dm 77, che ha registrato un esordio ideologico delle case e ospedali di comunità e prodotto sino ad oggi mere teorie assistenziali, con un sali-scendi dell’impegno in tal senso del Pnrr, anch’egli affetto da quella illusione, molto in uso nel diritto della salute, di promettere le soluzioni sotto casa.
Conclusioni
Ben vengano, i richiami della Fiaso al risparmio disciplinato ridimensionando la prescrizione ’difensiva’, le proposte che il Governo sta per mettere su carta ispirata al risparmio, alla speculazione del livello accertativo per immagini di secondo livello (in primis, pare l’ecografia), con lo stare però attenti a due fattori esistenti: quello di esaltare una sanità che non produce ma che si proiettata verso il rafforzamento da manager efficaci solo a esercitare il ruolo dei ’ragionieri del dolore’ e, nel contempo, non rafforzare il ruolo di responsabilità delle Regioni, e non già diminuendole assegnando loro advisor di ogni tipo frutto di insane immaginazioni. A queste ultime va distribuito il ruolo per vincere una altrimenti impossibile lotteria (Eduardo De Filippo, dixit): perequazione infrastrutturale, a cominciare dalle strutture e dal personale delle case di comunità e degli ospedali di comunità, per finire ad interventi seri sulle strutture ospedaliere, di frequente senza i requisiti per l’accreditamento.
Ben venga, quindi, concretizzando l’appello al Governo del 18 aprile scorso delle 75 società scientifiche, una grande riforma strutturale del Ssn, che ricerchi punti di riferimenti diversi da quelli di oggi, soprattutto sul piano della elaborazione delle proposte, utili ad entusiasmare i medici a rimanere a lavorare nel loro Paese e convincere le persone a trovare nelle loro regioni ciò che occorre loro per esigere efficacemente diritto della salute.


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