Aziende e regioni
Regionalismo differenziato, il warning della Fondazione Gimbe sul rischio disuguaglianze. Al via una consultazione pubblica
di B. Gob.
24 Esclusivo per Sanità24
La sanità come cartina al tornasole delle spinte autonomistiche regionali. Un banco di prova dove si testerà la capacità di rispondere alle richieste di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, rafforzando al contempo la capacità di governance e di indirizzo dello Stato. La posta in gioco è altissima: l’ampliarsi delle diseguaglianze e un’ulteriore spaccatura nell’erogazione del diritto costituzionalmente garantito per eccellenza, quello alla Salute. A lanciare il monito, sulla base di una inedita mappatura dei contenuti per la sanità delle tre proposte di autonomia regionale su cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte incontrerà il prossimo 15 febbraio i tre presidenti, è la Fondazione Gimbe. Che da oggi avvia anche una consultazione pubblica, disponibile fino a metà mese all’indirizzo
www.gimbe.org/regionalismo-differenziato .
A tracciare il quadro è il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta: «Il diritto costituzionale alla tutela della salute, affidato ad una leale collaborazione tra Stato e Regioni, è condizionato oggi da 21 sistemi sanitari che generano diseguaglianze sia nell’offerta di servizi e prestazioni sanitarie, sia soprattutto negli esiti di salute. In questo contesto, l’attuazione tout court dell’art. 116 non potrà che amplificare le diseguaglianze di un servizio sanitario nazionale, oggi universalistico ed equo solo sulla carta. In altre parole, senza un contestuale potenziamento delle capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, il regionalismo differenziato finirà per legittimare normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini».
Le istanze regionali e il rischio disuguaglianze. La formazione e le assunzioni di personale, la gestione di parte della farmaceutica e la governance delle aziende del Ssn sono i temi su sui la governance nazionale si è di fatto “impallata”, dopo gli anni di austerity giustificata da conti senza controllo. Ora che il Ssn è in sostanziale equilibrio, le Regioni con i bilanci in ordine e con una buona se non ottimale erogazione dei Lea, chiedono di essere svincolate - in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione - da lacci e lacciuoli che a loro parere non hanno più ragion d’essere. Ma a fronte di queste spinte manca - avvertono ancora da Gimbe - ogni dibattito sui rischi del regionalismo differenziato e sulla contestuale necessità di potenziare la governance statale, per evitare che l’articolo 116 si trasformi in elemento di disgregazione del Paese.
Questa la “collana” delle incongruenze segnalate dalla Fondazione:
• Il Premier Conte, in qualità di arbitro ufficiale, si limita a parlare per ossimori affermando che il Governo “lavora seriamente sull'autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna”, ma deve “salvaguardare la coesione nazionale e sociale”.
• Le ultradecennali spinte secessioniste della Lega, silenziosamente avallate da Forza Italia, non solo hanno trovato con l'art. 116 il cavallo di Troia per disgregare l'unità del Paese, ma provano ad andare oltre, visto che i referendum di Veneto e Lombardia hanno proposto quesiti incostituzionali, tra cui trattenere l’80% del gettito fiscale, rilanciando il secessionismo 1.0 di Umberto Bossi.
• La Ministra per il Sud, Barbara Lezzi (MS5) – garante politico di chi avrebbe la peggio dal regionalismo differenziato – ha rivendicato il ruolo attivo del M5S sulle autonomie, affermando la necessità di un confronto tra la Ministra Stefani (Lega), coordinatrice del negoziato, e i Ministri della Salute, dell'Ambiente e dei Trasporti (tutti in quota MS5). Nel frattempo però la Ministra Grillo aveva già aperto al regionalismo differenziato contraddicendo la dichiarazione d'intenti con cui si apre il capitolo Sanità del Contratto per il Governo del Cambiamento: «È prioritario […] tutelare il principio universalistico su cui si fonda la legge n. 833 del 1978 istitutiva del SSN. Tutelare il SSN significa […] garantire equità nell'accesso alle cure e uniformità dei livelli essenziali di assistenza».
• Il Partito Democratico, sebbene all'opposizione, di fatto è allineato con gli obiettivi di Governo perché l'Emilia Romagna è sulla stessa barca di Lombardia e Veneto, seppur con richieste più orientate alla qualità dei servizi ed efficienza amministrativa, piuttosto che all'identità regionale.
Risuonano così inascoltate - è la comclusione - le parole del Presidente Mattarella nel discorso di fine anno: «L'universalità e la effettiva realizzazione dei diritti di cittadinanza sono state grandi conquiste della Repubblica: il nostro Stato sociale, basato sui pilastri costituzionali della tutela della salute, della previdenza, dell'assistenza, della scuola rappresenta un modello positivo. Da tutelare».
I contenuti delle proposte di autonomia per la Sanità. Le maggiori autonomie richieste dalle tre Regioni sulla tutela della salute lasciano intravedere - sostengono ancora dalla Fondazione Gimbe, che ha confezionato una tavola sinottica - conseguenze non sempre prevedibili: dalla rimozione dei vincoli di spesa in materia di personale all'accesso alle scuole di specializzazione; dalla stipula di contratti a tempo determinato di “specializzazione lavoro” per i medici agli accordi con le Università; dallo svolgimento delle funzioni relative al sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione al sistema di governance delle aziende e degli enti del Ssr; dalla richiesta all'Aifa di valutazioni tecnico-scientifiche sull'equivalenza terapeutica tra diversi farmaci agli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico del Ssr, sino all'autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi. Ulteriori autonomie per Emilia Romagna (distribuzione diretta di farmaci) e Veneto che punta alla gestione del personale: regolamentazione dell’attività libero-professionale e definizione di incentivi e misure di sostegno per i dipendenti del Ssr in sede di contrattazione collettiva. «Considerato che sono in gioco i diritti civili delle persone – conclude Cartabellotta – è inaccettabile per un Paese democratico l'assenza di un dibattito politico e civile sul tema. Ecco perché abbiamo elaborato una sintesi delle autonomie richieste dalle Regioni in sanità e invita tutti gli stakeholder (cittadini inclusi) a partecipare alla consultazione pubblica per far luce sui potenziali rischi del regionalismo differenziato sulla tutela della salute».
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