Aziende e regioni
Rapporto Oasi/ La spesa sanitaria privata: una risorsa da integrare senza pregiudizi
di Mario Del Vecchio, Lorenzo Fenech, Luigi M. Preti e Valeria Rappini (Cergas-Bocconi)
Anche quest’anno il rapporto Oasi, attraverso le analisi dell’Osservatorio sui consumi privati in Sanità (Ocps), ha dedicato un capitolo alla parte di spesa sanitaria alimentata da risorse private, che includono la spesa diretta delle famiglie, quella delle imprese (medicina del lavoro) e quella intermediata da fondi e assicurazioni. I consumi privati rappresentano circa un quarto (24,9 %) della spesa complessiva e difficilmente possono essere trascurati nelle analisi e nelle proposte sul funzionamento del sistema sanitario nel suo complesso.
I rapporti tra spesa pubblica e spesa privata in sanità sono spesso oggetto di attenzione e altrettanto spesso vengono proposte letture improprie che vedono nelle dinamiche della spesa pubblica le principali determinanti della spesa privata. I risultati dell’Osservatorio sui consumi privati in sanità, da una parte, mettono in discussione tale visione e, dall’altra, offrono una visione più articolata dell’intero fenomeno.
Molte sono le analisi e i risultati che meriterebbero di essere discussi, per i quali rimandiamo alla lettura del capitolo. Vengono qui di seguito proposte solo tre aree di considerazioni che riteniamo di particolare interesse.
La prima pone attenzione alle diversità e differenze che caratterizzano un insieme troppe volte considerato in maniera indistinta. Dal punto di vista dei consumi è utile sottolineare come i beni non possano essere assimilati ai servizi e come i primi assorbano il 45% e i secondi il 55% dei 40 miliardi di spesa sanitaria per consumi delle famiglie (vedi tabella 1). A loro volta, i 22 miliardi destinati ai servizi vedono come voci significative la spesa odontoiatrica (circa 9 miliardi), i ricoveri per acuti (circa 1,5 miliardi) e le prestazioni ambulatoriali (circa 8 miliardi), mentre tra i beni la parte più rilevante è data dai farmaci in senso stretto (8,4 miliardi). Ulteriori elementi di differenziazione emergono dall’analisi dei consumatori. La tabella 2 conferma l’importanza di alcune variabili socio-demografiche, oltre a quella ben conosciuta del reddito, nello spiegare i diversi livelli di consumo e i differenti impatti di questi sui budget familiari. Non sorprendentemente l’età appare una variabile di primaria importanza, come dimostra la progressione della spesa e della sua rilevanza sul budget complessivo nel caso delle persone sole e delle coppie senza figli. Nel caso di famiglie con un componente over 65 si rileva una propensione al consumo maggiormente legata ai beni (in particolare i farmaci) piuttosto che ai servizi. Accanto alla variabile età, la stessa tabella ci mostra l’impatto di altre variabili quali la dimensione famigliare, i titoli di studio e, non ultima, la posizione professionale occupata.
La seconda considerazione attiene al ruolo strutturale, e non marginale, dei consumi privati nel nostro Ssn e alla loro dinamica. La figura 1 ci mostra come la compressione della spesa pubblica, che ha caratterizzato la risposta alla crisi, non si sia riflessa in una corrispondente crescita della spesa privata. A partire dal 2009, la spesa sanitaria pubblica rimane, infatti, intorno al 7% del Pil e la spesa sanitaria privata intorno al 2%. Il marcato aumento della spesa sanitaria delle famiglie tra il 2014 e il 2016 può essere quasi interamente attribuito a una ripresa, seppure debole, della dinamica del reddito (v. figura 1). Per quanto riguarda il rapporto tra le due componenti bisogna notare come, nell’arco del decennio, sembra esservi una lieve, ma a questo punto osservabile, crescita della componente privata della spesa in relazione alle principali grandezze di riferimento. Infatti, nel periodo considerato (2006-2016) la quota della spesa sanitaria delle famiglie su quella totale passa dal 22,6 al 23,3%, il suo peso nel paniere di spesa delle famiglie dal 3,1 al 3,4%, il suo contributo all’economia complessiva dall’1,9 al 2,1%. Tutte queste complesse dinamiche possono trovare elementi di chiarimento nella figura 1, la quale evidenzia lo stretto rapporto che lega la spesa sanitaria privata alla dinamica del Pil. Così, mentre la spesa sanitaria pubblica sembra destinata a rimanere tendenzialmente costante, diminuendo il suo peso sul Pil quando questo cresce, la spesa privata cresce al crescere del Pil, aumentando la propria quota sulla spesa complessiva.
Una terza area di analisi e considerazioni riguarda la distribuzione della spesa privata tra out of pocket e parte intermediata. Dai confronti internazionali in area europea (si veda la tabella 3) l’Italia risulta ai primi posti per spesa out of pocket in valore assoluto, posizione che deriva soprattutto dal fatto che le forme assicurative volontarie intermediano sono una parte ancora estremamente minoritaria della spesa. Le stime ufficiali riportano una spesa intermediata pari al 2% della spesa sanitaria totale (contro una media Ocse del 7%), anche se tale cifra è sicuramente in crescita (soprattutto in termini di popolazione coperta) per la progressiva diffusione della sanità integrativa di natura contrattuale. Negli ultimi anni infatti, i contratti collettivi nazionali e le altre forme di contrattazione aziendale hanno visto una crescente attenzione verso varie forme di welfare aziendale, compresa la sanità integrativa, come strumento di adeguamento delle retribuzioni, grazie agli indubbi vantaggi (per esempio di natura fiscale) che questi strumenti hanno sia per i lavoratori che per le aziende. Una crescita dell’intermediazione, oltre ad abbassare il livello di rischio per i soggetti, potrebbe comportare un maggiore potere contrattuale nei confronti degli erogatori e una migliore capacità di selezione degli stessi.
Una notazione finale riguarda lo stato complessivo del dibattito sul futuro del Ssn e del ruolo che il sistema intende attribuire alla componente privata del finanziamento, in una prospettiva di bisogni/domanda crescenti e di risorse pubbliche, nel migliore dei casi, invariate. Su questo fronte non si può che registrare il permanere di un ritardo, segnalato da un dibattito scarso e spesso ideologico, lontano dalla realtà di una modalità di risposta a bisogni importanti che acquista sempre maggiore peso nella esperienza concreta dei cittadini. Il tema, quindi, non può più essere come talvolta ancora accade se il privato abbia o meno diritto di cittadinanza in sanità, ma come assicurare la positiva coesistenza di meccanismi diversi.
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