Aziende e regioni
Cittadinanzattiva-Tdm promuove gli ospedali oncologici. I gap da colmare: liste d’attesa, accesso ai farmaci innovativi e continuità assistenziale. Aceti: «Nei Lea il tesserino d’esenzione 048 già dal sospetto diagnostico»
di Barbara Gobbi
L’oncologia italiana è in buone condizioni: le strutture perlopiù garantiscono ai pazienti una presa in carico adeguata, che include l’attivazione di équipe personalizzate, il comfort degli spazi nei reparti di degenza e nei day hospital, una accurata personalizzazione del percorso di cura. A fare il punto su uno dei settori più sensibili del Ssn è il Monitoraggio civico realizzato da Cittadinanzattiva-Tdm con il contributo non condizionato di MSD Italia.
Non mancano le ombre, e non sono ombre da poco: liste d’attesa ancora non sempre rispettate - una struttura su quattro non garantisce l’accesso alle prestazioni diagnostiche entro le 72 ore -; assenza del case manager nella metà dei centri e mancanza di coordinamento dei Mmg alla dimissione del paziente. Ancora, come fa notare il coordinatore nazionale del Tdm/Cittadinanzattiva Tonino Aceti, «solo in una struttura su due si consegna al paziente il tesserino 048, quello che garantisce il riconoscimento dell’esenzione per patologia, già in fase di sospetto diagnostico. Una disuguaglianza inaccettabile. Questo diritto va reso esigibile per tutti e per questo chiediamo che quell’esenzione sia inserita nei nuovi Livelli essenziali di assistenza, in fase di revisione della Commissione nazionale Lea».
Il nodo farmaci innovativi è un’altra nota dolente: non ovunque i pazienti riescono ad accedere alle molecole d’avanguardia in tempi utili ad affrontare la malattia. Per questo, aggiunge Aceti, «ci aspettiamo che il fondo per i farmaci innovativi previsto dalla legge di Bilancio (500 milioni i farmaci oncologici innovativi, altri 500 mln gli innovativi tout court, ndr) sia usato per ridurre sia i tempi di accesso che la disomogeneità per i farmaci innovativi negli ospedali.
Aspetti organizzativi. Ogni giorno in Italia circa mille persone ricevono la diagnosi di tumore e si calcola che nel 2020 i malati di cancro saranno 4 milioni e mezzo. L'incidenza è più elevata al Nord che al Sud del Paese, ma i valori di sopravvivenza per alcuni tumori restano più elevati nelle aree settentrionali. Attualmente le reti oncologiche, intese come “il coordinamento di tutte le azioni che riguardano l'assistenza al malato oncologico, sia dentro che fuori dall'ospedale”, sono attive in Veneto, Piemonte, Lombardia, Toscana, Trentino ed Umbria; sono in fase di attivazione in Emilia Romagna, FVG, Lazio, Liguria, Alto Adige e Sicilia; mentre non sono state attivate nelle altre regioni.
Dalla nostra indagine, risulta che il 52% delle strutture monitorate appartiene ad una rete oncologica formale, ma in realtà si tratta per lo più di strutture che lavorano in rete garantendo i servizi necessari pur non essendoci un formale atto costitutivo.
Tutte sono dotate di un Day hospital oncologico, il servizio di radioterapia è attivo nel 55% delle strutture, il Pronto soccorso o DEA nell'81%, il Centro di terapia del dolore nell'89%, il servizio di psiconcologia nel 73%. Meno diffusi i servizi di riabilitazione oncologica (presente nel 43% delle strutture), e l'hospice (nel 44%).
Nel 98% dei casi ci si può rivolgere ad un CUP che nel 75% delle strutture garantisce la centralizzazione delle prenotazioni per l'intero iter diagnostico e terapeutico, e nell'85% garantisce un orario di apertura superiore alle 36 ore settimanali. La possibilità di prenotare online le prestazioni è invece garantita solo nel 28% delle strutture.
Sebbene circa il 70% delle strutture sia dotato di software gestionale per organizzare e gestire i percorsi di cura, tali sistemi non sono ancora del tutto soddisfacenti: ad esempio, non dialogano con i centri di screening e non permettono la verifica dell'efficacia dei PDTA; inoltre il fascicolo sanitario elettronico è utilizzato nella pratica quotidiana solo nel 55% delle strutture e solo nel 41% di esse è in condivisione con il Medico di famiglia.
In oltre il 90% delle strutture esiste un servizio di accoglienza per informare il cittadino sui servizi e prenotazioni e garantisce la presa in carico, prenotando anche i follow up successivi alle visite.
Percorso del cittadino nel servizio. Una struttura su quattro non garantisce entro le 72 ore l'accesso alle prestazioni diagnostiche ai pazienti con sospetta diagnosi di tumore; migliori i tempi d'accesso all'eventuale intervento chirurgico garantito quasi nove su dieci (87%) entro 60 giorni dal sospetto diagnostico; e nella stessa percentuale (89%) l'avvio del trattamento chemio o radio - terapeutico. Tuttavia solo il 71% delle strutture prevede monitoraggi delle liste d'attesa e l'invio dei dati alle regioni. Un buon segnale riguarda il 50% delle strutture che assegna il codice di esenzione 048 già dal sospetto diagnostico.
Il 95% dichiara di garantire il coinvolgimento degli specialisti nel percorso di diagnosi e cura ma, nell'elencare le figure del gruppo multidisciplinare, si scopre che alcune restano in molti casi fuori: è il caso dell'assistente sociale (assente in quattro equipe su cinque), del farmacista (assente nel 69%), del terapista del dolore o palliativista (assente nella metà dei casi), dello psicologo (assente in un caso su tre) e dell'infermiere (assente in un caso su quattro). E, addirittura, solo il 20% delle strutture coinvolge nel gruppo il medico di medicina generale. Il case manager, ossia una sorta di tutor per il paziente, è presente in una su due.
Nel 42% delle strutture occorrono in media max 15 giorni per l'inserimento di nuovi farmaci nel prontuario terapeutico ospedaliero. Non sono da trascurare i dati che riguardano le strutture che impiegano dai 3 ai 4 mesi (7%) e dai 4 ai 6 mesi (9%) per inserire farmaci salvavita. Inoltre, solamente il 52% prevede procedure per il sostegno dei costi dei farmaci non passati dal SSN.
Altra area migliorabile è quella relativa alla gestione delle scorte e giacenze dei farmaci antineoplastici che prevede solo nel 51% delle strutture un software capace di mettere in rete con le altre strutture queste informazioni.
Per quanto riguarda le sperimentazioni cliniche, sebbene l'81% delle strutture effettui ricerca al proprio interno, solo il 53% fa parte di un network nel quale si condividono le informazioni sulle sperimentazioni in atto, solo nel 35% è prevista una procedura per l'invio del paziente verso strutture che hanno attive sperimentazioni e solo nel 30% le informazioni sulle sperimentazioni sono pubblicate sui siti web.
Ottimi i risultati sulla personalizzazione delle cure, assicurata dal 97% delle strutture, e sull'attenzione al dolore, garantita nel 94%.
Orientamento al cittadino e umanizzazione. Quasi la totalità delle strutture dedica un referente dell'equipe alla comunicazione della diagnosi di tumore, che avviene attraverso colloqui diretti e personali con il paziente. Il 95% offre supporto psicologico gratuito per i pazienti che lo richiedono e addirittura il 77% lo fornisce in maniera strutturata e continuativa. Permangono diverse aree critiche. Ad oggi ancora il 66% delle strutture non offre servizi di foresteria per i familiari dei pazienti ricoverati. Inoltre il trasporto dal domicilio alla struttura e viceversa, per chemio e radioterapia, è garantito solo nel 60% e gli organismi per il disbrigo di pratiche amministrative è garantito solo nel 23%. Nell'ambito della non discriminazione culturale, etnica e religiosa solo il 48% delle strutture offre un servizio di mediazione culturale, il 53% un servizio di interpretariato e solo il 19% offre moduli di consenso informato multilingue. Altro dato negativo è quello che riguarda l'assenza di un prontuario dietetico che rispetti i credo religiosi, presente solo nel 55% delle strutture.
Dal punto di vista del comfort, i reparti di degenza oncologica presentano per il 77% stanze con non più di due posti letto, servizi igienici all'interno delle stanze (92%) e nel 54% impianti di climatizzazione regolabili dai degenti. Solo il 33% mette a disposizione la rete Wi Fi. Sono stati inoltre monitorati i salottini riservati ai pazienti ricoverati per incontrare, fuori dal reparto, i parenti e gli amici. Tali locali sono risultati per lo più confortevoli, prevedendo un numero di posti a sedere congruo (per l'87% delle strutture), impianti di aria condizionata (79%), presenza di televisione (nel 74%), distributori di bevande (nel 64%), biblioteca (nel 54%). La colazione viene servito nel 92% dei reparti dopo le 7:00, il pranzo nel 95% dopo mezzogiorno, la cena dopo le 19:00 nel 62%. Il 90% offre la scelta ai pazienti, che non hanno diete restrittive, fra due o più menù.
Nei Day Hospital, troviamo nel 90% dei casi la TV, nel 47% librerie e impianti di filodiffusione, nel 21% poltrone con cuffie MP3. Il 79% offre bevanda e spuntino a metà mattina.
Per quanto riguarda i parcheggi il 92% delle strutture ne possiede uno riservato ai pazienti e visitatori. L'81% ha dei posti gratuiti mentre il 47% ha parcheggi a pagamento. Tuttavia permangono ancora oggi ambienti in cui sono presenti barriere architettoniche, ad esempio solamente il 90% delle strutture è totalmente accessibile nel Day Hospital.
Partecipazione e trasparenza. L'area presenta zone d'ombra. Il 61% delle strutture effettua costantemente indagini sulla soddisfazione degli utenti, solo il 65% realizza audit annuali di valutazione della qualità e delle performance e, tra gli indicatori ai fini della valutazione di performance, solamente il 71% prevede il monitoraggio dei tempi d'attesa e l'invio dei dati alle regioni.
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