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Terra dei fuochi e mortalità infantile, Isde: «La prevenzione mancata la pagano i bimbi»

di Agostino Di Ciaula (Coordinatore Comitato Scientifico Isde Italia)

Il recente rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità sulla terra dei fuochi ha confermato la presenza, in quell'area, di un eccesso di ricoveri, di tumori maligni e di mortalità.
Ancora una volta (si era già visto nel caso di altri siti inquinati), l'aspetto più inquietante è che questi dati interessano in primo luogo l'età pediatrica.

La compromissione della salute dei bambini, ancor più che negli adulti, è una chiara e pesante conseguenza della mancata applicazione di criteri di prevenzione primaria, con una inevitabile esposizione a tossici già durante la vita embrio-fetale o, addirittura, prima ancora del concepimento (tossicità su ovuli e spermatozoi genitoriali). In altri termini, condanne già scritte senza processo e senza possibilità di grazia.

Quelle bonifiche che salverebbero vite
Le malattie e le morti registrate nella terra dei fuochi (come in tutti i SIN italiani) sarebbero state evitabili con la bonifica di suoli a contaminazione nota da decenni e con misure (sorveglianza, rispetto della legalità, adozione di corrette pratiche nella gestione dei rifiuti) finalizzate ad evitare ulteriore inquinamento.

La grave situazione sanitaria e ambientale della popolazione residente nelle province di Napoli e Caserta non è infatti una novità. È stata ripetutamente denunciata in rapporti ufficiali dell'Istituto Superiore di Sanità a partire almeno dal 2006, oltre ad essere stata oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche.

La prima firmataria di questo ultimo rapporto, Loredana Musmeci, ha dichiarato che i dati “devono essere approfonditi e sviluppati. È come se avessimo guardato il territorio con un elicottero”. Quello che certamente da quell'elicottero si è visto con chiarezza è l'esistenza di una condizione di deliberata discriminazione sanitaria e ambientale di lunga durata rispetto ad altre zone d'Italia.

Danni genetici su almeno due generazioni
Come per altri italiani attualmente residenti nei SIN (circa sei milioni di persone), qualunque giorno di ritardo nell'applicazione di misure di prevenzione primaria ha significato e significherà replicazione e amplificazione del danno. A causa di ben definiti meccanismi di trasmissione trans-generazionale del rischio (soprattutto di tipo epigenetico), le manifestazioni patologiche dell'inquinamento esistente qui ed ora potranno interessare inevitabilmente almeno due generazioni successive.

A questo si aggiunga che gli stessi inquinanti ambientali responsabili dell'incremento di mortalità e neoplasie generano, sia negli adulti che nei bambini, un aumento del rischio anche per malattie non neoplastiche ad elevato costo e generanti disabilità croniche: patologie cardiovascolari, sindrome metabolica, diabete, obesità, patologie neurodegenerative ed ormonali.

Nella terra dei fuochi (come in altre aree contaminante e non bonificate) vige un modello distorto di sanità pubblica in cui ci si limita a osservare gli effetti sanitari dell'inquinamento in una popolazione lasciata vivere per decenni in condizioni di rischio, limitandosi a misurare di tanto in tanto il danno e a fronteggiarlo quotidianamente con mezzi sempre insufficienti. Il tutto con elevatissimi costi (altrimenti evitabili) non solo economici ma anche sanitari, umani e sociali.

La normativa vigente prevede che il Sistema Sanitario Nazionale debba fondarsi su tre colonne: prevenzione, cura e riabilitazione. La demolizione della prima delle tre, certificata proprio dallo stato di salute nelle aree contaminate del nostro Paese, comporta inevitabilmente il crollo di un equilibrio che dovrebbe fondarsi sull'etica, prima ancora che su qualunque altro criterio.


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